Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
7.0/10
A otto anni da "Il Grinta", Joel ed Ethan Coen tornano ad affrontare il western con "The Ballad of Buster Scruggs", risultato della collaborazione dei registi con la piattaforma Netflix. Inizialmente i due fratelli avrebbero dovuto dirigere una miniserie che, in seguito e un po' a sorpresa, si è trasformata in un film a episodi presentato in concorso alla 75esima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.

La forma del film, composta da cortometraggi diretti da diversi registi e afferenti al medesimo tema, è oggi fuori moda, ma era una pratica abbastanza diffusa tra gli anni Sessanta e Settanta e proprio a film italiani come "Boccaccio '70" i Coen hanno detto di essersi ispirati. Le sei short stories sono: "The Ballad of Buster Scruggs", "Near Algodones", "Meal Ticket", "All Gold Canyon" (il cui protagonista è il vecchio Tom Waits), "The Gal Who Got Rattled" e "The Mortal Remains"; ciascuno di essi contiene personaggi e luoghi che forniscono una precisa tassonomia del western: il pistolero e i saloon, il ladro e le banche, i fenomeni da baraccone e i villaggi desolati, i cercatori d'oro e la natura selvaggia, la carovana e i grandi spazi della frontiera, la diligenza. "The Ballad of Buster Scruggs", oltre a dare il titolo all'antologia, è il più esilarante, quello in cui fuoriesce la vena più comica e cartoonesca dei Coen, quella vicina all'amico Sam Raimi, che era rimasta spesso latente negli ultimi anni. Buster Scruggs è un infallibile pistolero-cantante (facendo quello che Johnny Guitar si rifiutava di fare, cioè cantare e sparare al contempo) dall'eloquio forbito e dalla voce melodiosa. La parabola di questo personaggio certifica alcuni degli intenti dei registi: ogni episodio decostruisce i topoi del genere di riferimento, rileggendoli attraverso la lente caustica e dissacrante dei terribili fratelli di Minneapolis.

Se il lavoro, vista la sua elaborazione, risulta essere eterogeneo e frammentario, è semplice ritrovare i cardini della poetica degli autori che corrodono la mitologia fondativa della nazione americana. Quattro sono i fil rouge che attraversano gli episodi, quintessenza della visione del mondo coeniana: l'avidità, il caos, l'idiozia umana, la morte. I sei racconti che si aprono e si chiudono dalle pagine di un libro, con tanto di illustrazione introduttiva, sono pertanto innervati dal virus inoculato dai Coen nel cinema contemporaneo, che svuota di senso le traiettorie umane e le strutture che sostengono i generi: alla fine di ciascuna storia, ogni sforzo, ogni cimento che abbiamo visto appare frutto della vanità e della superbia dell'uomo. Se il pessimismo cosmico degli autori nei primi due episodi è stemperato dal loro humor, dal terzo in poi, pur non mancando i dialoghi brillanti e l'ironia, si nota un graduale cambiamento nel tono, via via meno faceto, fino al senso di inquietudine che chiude "The Mortal Remains".

Il sopracitato terzo capitolo, "Meal Ticket", offre un'angolazione peculiare per analizzare quest'opera, anche in relazione alla filmografia dei due registi: si tratta del punto di massima tensione tra l'incredibile sostanza filosofica e concettuale della scrittura dei Coen e la compressione formale a cui questa si è dovuta sottoporre per rientrare all'interno del lungometraggio. Il protagonista, interpretato da un untuoso Liam Neeson, possiede un carrozzone dove fa esibire il suo fenomeno da baraccone: un ragazzo senza braccia né gambe che, miracolosamente, conosce a memoria opere di Shakespeare e sonetti di Shelley, il quale, ogni sera, fornisce un saggio del proprio talento interpretativo. Col trascorrere del tempo, le piazze degli sperduti villaggi visitati dai due iniziano a svuotarsi, attratti da altri show; l'impresario, vedendo una gallina che riesce a fare complessi calcoli aritmetici, decide immediatamente di acquistarla da un collega. La riflessione dei Coen, inserita nell'episodio che più di ogni altro rivela la natura antologica dell'opera, non riguarda solo la mercificazione dell'arte (e dello stesso artista) ma, soprattutto, della morte della bellezza. In tal senso, si tirano le fila di un discorso presente anche nel "Grinta" e in "Inside Llewyn Davis", ossia la ricerca di quella bellezza che illusoriamente si spera possa salvare il mondo. Sotto questa prospettiva si può rileggere anche l'episodio successivo, in cui l'anziano "prospector" di Tom Waits, immerso nella natura più maestosa, si impegna a ricercare un filone aurifero, una bellezza che viene fuori dalle viscere del terreno, legata però alla vacua avidità suscitata dall'oro.

Quasi speculari per composizione dell'immagine, invece, gli ultimi due capitoli: "The Gal Who Got Rattled" trasuda la passione e la conoscenza dei Coen per il western, l'abilità nel filmare i grandi spazi pur non dimenticando la dimensione umana dei personaggi che, in circa mezz'ora, riescono a essere definiti efficacemente; "The Mortal Remains" è claustrofobico, notturno, chiuso, come i protagonisti, dentro la diligenza che li sta portando in un forte militare. Il quinto episodio è il più solido narrativamente, quello dal respiro più ampio, mentre nel sesto aleggia una metafisica sensazione di morte. Nonostante le battute e i dialoghi cesellati con la nota abilità da parte degli autori, i Coen sembrano voler riscrivere "Ombre rosse", in cui una eterogenea compagnia in là con gli anni (in cui sono presenti due cordiali ed educati bounty killers) viene accompagnata fino a un albergo sinistro da una sorta di carretto fantasma. Chi li accolga o quale destino spetti loro ci è ignoto, ma è evidente il totale antinaturalismo della scenografia, così come lo erano i bianchissimi vestiti di Buster Scruggs: fondali e abiti che sono reperti archeologici di un immaginario hollywoodiano ormai trapassato.

"The Ballad of Buster Scruggs" è l'ennesima conferma dell'inossidabile talento dei fratelli Coen, capaci come pochi a riplasmare le coordinate dei generi e che, in questa antologia, sintetizzano sei pillole in cui si addensano i fantasmi di un mondo (cinematografico) passato e le eterne ossessioni di questi due grandi autori postmoderni.

14/11/2018

Cast e credits

cast:
Liam Neeson, David Krumholtz, Tyne Daly, Clancy Brown, Zoe Kazan, Tom Waits, Brendan Gleeson, Tim Blake Nelson, James Franco, Bill Heck


regia:
Joel & Ethan Coen


titolo originale:
The Ballad of Buster Scruggs


distribuzione:
Netflix


durata:
132'


produzione:
Netflix, Annapurna Pictures


sceneggiatura:
Joel Coen, Ethan Coen


fotografia:
Bruno Delbonnel


scenografie:
Jess Gonchor


montaggio:
Roderick Jaynes


costumi:
Mary Zophres


musiche:
Carter Burwell


Trama
The Ballad of Buster Scruggs è un film antologico in sei parti di ambientazione western. Il film si compone di una serie di storie sulla frontiera americana raccontate dalla voce unica e inimitabile di Joel ed Ethan Coen. Ogni capitolo racconta una storia diversa sul West americano.