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recensione di Michele Corrado
7.5/10

I processi di transizione da un periodo storico all'altro, da un assetto politico ad un altro, non sono mai percorsi semplici e lineari, al contrario serbano intoppi e ampie zone d'ombra. Non fa eccezione una transizione dalla portata gigantesca quale quella dalla dittatura franchista alla democrazia nella Spagna del '77. Per una cittadinanza che si riversava festosa nelle strade di Madrid, Barcellona e degli altri epicentri culturali della nazione, finalmente libera di dare sfogo alle proprie inclinazioni sessuali, politiche e artistiche, c'erano numerose altre "Spagne" per le quali un cambiamento concreto sarebbe tardato ad arrivare.

È il caso ovviamente dei detenuti, vittime di un sistema carcerario incostituzionale, violento e repressivo come quello di ogni fascismo che si rispetti. Se per quelli che durante il regime di Franco furono incarcerati per motivazioni prettamente politiche l'amnistia non tardò arrivare, per tutti quelli che soffrivano di pene sproporzionate al reato commesso o ai quali era stata comminata una punizione per un'azione mai perpetrata, a causa ad esempio del proprio credo politico o dell'orientamento sessuale, questa e l'indulto furono un miraggio che non si concretizzò mai. A nulla valse la lotta del COPEL (Coordinadora de Presos En Lucha) e di altre associazioni esterne al mondo carcerario, per alcuni detenuti l'unica scelta possibile fu la fuga – nella Spagna a cavallo tra anni '70 e anni '80 se ne registrarono a decine, in alcuni casi probabilmente favoreggiate dalle istituzioni.

E' in questo ginepraio di burocrazia kafkiana, violenti metodi repressivi, facinorosi che alimentano le rivolte per tornaconto personale e false speranze che l'ottava pellicola di Roberto Rodriguez ci scaraventa come con uno spintone, lo stesso ricevuto dal giovane contabile Manuel (Miguel Herran) quando viene rinchiuso nel carcere barcellonese di Modelo per scontare una pena di 20 anni, reo di aver intascato una somma di peseta equivalente più o meno a 1200 euro.

Compiendo un'operazione simile a quella architettata con il cupo noir "La isla minima", il cineasta sivigliano usa ancora una volta il cinema di genere per raccontare il lato più oscuro della storia del suo paese, le sue macchie indelebili. In "Modelo 77" il regista fa dunque cinema altamente politico attingendo a piene mani da decenni di dramma carcerario, facendo suoi il sofferto racconto della lotta al sistema di  "Nel nome del padre" e quello di "Hunger" di Steve McQueen, le brutalità subite dai carcerati in "Papillon", nonché l'adrenalina ("Fuga da Alcatraz") e l'estasi ("Le ali della libertà") della fuga.

La struttura a croce a sei punte dell'ex carcere Modelo di Barcellona fornisce al comparto tecnico (pluripremiato ai Goya di quest'anno) del film un'ambientazione perfetta e claustrofobica, da ritrarre con una fotografia oppressiva e geometrica e dove far rimbombare i clangori provenienti dalle celle fuori campo grazie ad un sonoro avvolgente e sinistro.

È in queste celle, sulle lunghe balconate a strapiombo che le costeggiano e nei freddi patii di cemento che si corrobora il rapporto di amicizia tra i due protagonisti della storia, Manuel e Pino. Due personaggi diversi e distanti che diverranno però cruciali l'uno per l'altro e si daranno man forte alla guida del COPEL. Il primo, da subito propenso alla lotta e stoico a fronte delle brutali punizione inflittegli dai carcerieri, ha il volto della star de "La casa di carta" Miguel Herran, finalmente alle prese con un ruolo meno cartoonesco cui conferire profondità e sofferenza. Più in là con gli anni, Pino, interpretato dal sempre soddisfacente Javier Gutierrez (in patria una stella nota quasi come i vari Banderas, Tosar, Bardem e Camara), inizialmente non vuole rogne, si isola nella sua cella addobbata di sgargianti camicie open collar e colma di libri di fantascienza.

Nonostante sia ambientato nel carcere quasi per la sua interezza, grazie agli accurati costumi  d'epoca e alle visite ai carcerati di conoscenti e avvocati, "Modelo 77" riesce a fare percepire il fermento e la vitalità della Spagna della transizione. Immerge dunque in un contesto politico e sociale minuziosamente realista due personaggi di finzione, che compiono però un calvario plausibile e probabilmente non dissimile da quelli vissuti dai veri militanti del COPEL.

Una sforbiciata al minutaggio, nemmeno troppo ingente, avrebbe giovato alla secchezza e all'efficacia di un film duro quanto, ciò nonostante, riuscito, che non vede la sua forza non tanto nella trama quanto nell'accurata messinscena delle cupe pagine storiche che racconta.


29/03/2023

Cast e credits

cast:
Miguel Herran, Catalina Sopelana, Jesùs Carroza, Javier G


regia:
Alberto Rodríguez


titolo originale:
Modelo 77


distribuzione:
Movies Inspired, Movistar


durata:
126'


produzione:
Movistar + / Atipica


sceneggiatura:
Alberto Rodriguez, Rafael Cobos


fotografia:
Álex Catalán


scenografie:
Pepe Domínguez del Olmo


montaggio:
José M. G. Moyano


costumi:
Fernando García


musiche:
Julio de la Rosa


Trama
Durante la transizione dalla dittatura franchista alla democrazia un gruppo di detenuti del carcere barcellonese Modelo lotta duramente per ottenere l'amnistia, tra loro troviamo il giovane ed agguerrito Manuel e il più anziano e riservato Pino.
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