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recensione di Carlo Cerofolini

Jasira, almeno nella storia raccontata da Alan Ball non è una 13 enne come tutte le altre; lo spettatore la conosce in una fase importante della sua giovane vita, quando i primi turbamenti sessuali si accompagnano al desiderio degli uomini che ne incrociano lo sguardo come si fa con una donna navigata.

Approcci che Jasira (una fotogenica Summer Bishil) non rifiuta, e forse incoraggia, con il suo fisico ormai formato e lo sguardo da Lolita, contraddicendo lo stereotipo che almeno al cinema vede le adolescenti continuamente predate da pericolosi sporcaccioni. Ed anche quando la scelta ricade sul coetaneo afroamericano, ci si mette pure il padre (il bravo PeterMacdissi alle prese con un ruolo ai limiti della macchietta), che le proibisce di incontrarlo per salvaguardare il prestigio di famiglia da pericolose commistioni. Costretta a trasferirsi nella casa del genitore, un uomo libanese separato dalla madre ed in procinto di sposarsi, Jasira compierà il suo percorso iniziatico senza rinunciare alle sue diversità e smascherando, con la sua sola presenza, le ipocrisie di un umanità che perde di vista l’obbiettivo e si trincera dietro un razzismo mascherato dal patriottismo tout court di una nazione che sta per entrare in guerra.

Prendendo a prestito lo scenario di un america pruriginosa e  puritana, da lui proposto in veste di sceneggiatore nel pluripremiato “American Beauty”, Alan Ball ripropone il campionario di ordinarie perversioni, operando uno scarto temporale che inserisce la vicenda nella dimensione isolazionista e menzognera in cui gli stati Uniti si preparavano ad affrontare la prima guerra del golfo. In un clima da caccia alle streghe, con i nervi a fior di pelle, i personaggi del film sono persone sole, ed isolate all’interno di appartamenti senza vita. Una solitudine che Jasira cerca di superare comunicando attraverso la verità delle sue pulsioni, vere e proprio elemento destabilizzatore di una società immobile ed omofobica. Il regista sembra quasi rinunciare alle parole che, pur presenti, non escono copiose e preferisce lavorare sull’apparato visuale per trasmettere le sensazioni che descrive: immagini sghembe, figure emarginate ai limiti dell’inquadratura, ma soprattutto una fotografia (Edward Hopper è stato sicuramente una fonte d’spirazione) che offre, con i suoi colori brillanti ma privi di calore, il giusto straniamento. Evitando di mostrare l’immostrabile Ball lavora di suggestione e, ove si eccettui il finale, chiuso dallo sguardo felice della protagonista per il bambino appena nato, evita le soluzioni rassicuranti ed un giudizio che, soprattutto in tema di pedofilia, presente nel rapporto tra la giovinetta ed il personaggio interpretato da Aron Eckart, rimane in bilico tra le colpe dell’adulto e le malizie dell’affascinante giovinetta.

A rischio di maniera per la levigatezza dello stile ed in controtendenza rispetto agli ideali dell’america pre Obama, “Niente velo per Jasira” (Towelhead, titolo originale si riferisce al copricapo usato nel mondo musulmano ma anche ad uno sguardo che si ferma alle apparenze) si colloca nel limbo che divide il capolavoro dal film ben confezionato. Uno dei migliori film di questo scampolo di stagione.
01/08/2009

Cast e credits

cast:
Maria Bello, Aaron Eckhart, Peter Macdissi, Summer Bishil


regia:
Alan Ball


titolo originale:
Towelhead


distribuzione:
Videa CDE


durata:
111'


produzione:
This Is That Productions


sceneggiatura:
Alan Ball


fotografia:
Newton Thomas Sigel


scenografie:
Fainche MacCarthy


montaggio:
Andy Keir


costumi:
Danny Glicker


musiche:
Thomas Newman


Trama
Costretta a traslocare dal severo genitore, Jasira, tredicenne di origini libanesi, è costretta ad affrontare la diffidenza dei compagni di scuola e le attenzioni del vicino di casa...
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