gangster movie, biografico | Usa (2025)
Il gangster movie sta vivendo, per certi versi, quello che da qualche decennio ha vissuto il western: un crepuscolo apparentemente inesorabile, che va di pari passo con l’invecchiamento di coloro che hanno reso grande il genere in epoca moderna e contemporanea. E analogamente al western si registra, parallelamente e come reazione a tale fase crepuscolare, il tentativo di resuscitare il genere seguendo paradigmi che si discostano dai canoni classici: il western dall’epopea dei pionieri, dalla colonizzazione dell’ovest, da indiani e cowboy, da sceriffi e pistoleri; il gangster movie dal proibizionismo, dal gioco d’azzardo, dagli italo-americani del nord-est o del midwest.
Non è quello che accade, però, in "The Alto Knights", che è un gangster movie vecchia maniera, di quelli che potevano uscire negli anni che vanno dai Settanta ai Novanta del secolo scorso. Il film è ispirato alle biografie di Frank Costello e Vito Genovese, boss della malavita newyorkese che negli anni Cinquanta del Novecento si passarono il comando di una delle cinque famiglie che dominavano i traffici illegali della città, la famiglia Genovese, il cui esponente più celebre era stato, tra gli anni Trenta e Quaranta, Lucky Luciano. In particolare, il film è principalmente ambientato nel 1957, anno in cui Genovese tentò di far uccidere Costello, il quale, sopravvissuto all’attentato, si congedò dal suo ruolo di capofamiglia, cedendo il potere al mandante del suo tentato omicidio.
La sceneggiatura è di Nicholas Pileggi, già autore degli script di "Quei bravi ragazzi" e "Casinò" (e dei romanzi da cui sono tratti). I ruoli dei due protagonisti sono affidati (entrambi) a Robert De Niro, con scelta discutibile soltanto da un punto di vista anagrafico (nel 1957 i due boss avevano 66 e 60 anni, De Niro ne ha più di ottanta e purtroppo li dimostra tutti).
Che poi De Niro riesca ancora a tener botta davanti alla macchina da presa è altro discorso, anche se il De Niro diretto da Scorsese in "Killers of the Flower Moon" e ancor prima in "The Irishman" era altra cosa, esattamente come la resa degli script di Pileggi con Scorsese era decisamente altra cosa. Del resto Barry Levinson non è Martin Scorsese, sia in generale, sia nel più ristretto ambito del gangster movie, in cui il primo si era finora cimentato soltanto una volta (nel comunque non indimenticabile "Bugsy", che raccontava una storia - ispirata a fatti reali anche in quel caso - che rappresenta un antecedente delle vicende narrate in "The Alto Knights" e in cui peraltro comparivano, sebbene in ruoli marginali, gli stessi personaggi di Frank Costello e Vito Genovese).
E infatti "The Alto Knights", nonostante un soggetto decisamente interessante e promettente - perché tratto da una vera storia americana, ma ciò nonostante intricato come un romanzo - non riesce mai a decollare rimanendo schiacciato su un singolo tema, quello (per una volta) ben fotografato dal sottotitolo italiano: "I due volti del crimine". Il film infatti propone due figure di boss estremamente diverse tra loro, il pacato e accorto Frank Costello, eminenza grigia della malavita newyorkese, manipolatore e immanicato con la politica, e l’impulsivo e sospettoso Vito Genovese, che da uomo formatosi sulla strada è più propenso a vivere la sua condizione di gangster in maniera violenta e paranoica. Eppure, i due sono cresciuti insieme ed entrambi si sono formati alla corte di Lucky Luciano (e qui ritorna un po’ lo Scorsese di "Mean Streets", quello che faceva sociologia del crimine). La scelta di affidare entrambi i ruoli a De Niro si rivela dunque interessante e potenzialmente vincente, penalizzata però dalla resa complessiva del film che mostra come Levinson (anch’egli ormai ultraottantenne) non riesca ad andare oltre il compitino ben confezionato.
Non è un caso che una delle poche sequenze davvero riuscite sia quella della riunione dei capi clan nella fattoria al confine con il Canada, quando il film vira verso la commedia, comfort zone di Levinson, come aveva dimostrato sin dai tempi di "Good Morning, Vietnam" dove a infarcirsi di humour era stato invece il war movie.
La storia delle cinque famiglie della mafia di New York ha ispirato "Il padrino" di Mario Puzo e di conseguenza il film di Francis Ford Coppola, rispetto al quale peraltro le analogie con "The Alto Knights" sono molteplici (il fallito attentato al capofamiglia; l’avversione di quest’ultimo per i nuovi traffici legati alla droga). Di certo, però, il film di Levinson non può essere nemmeno accostato a quello di Coppola e il suo destino appare fin d’ora segnato: quello di finire, in breve tempo, in un onesto dimenticatoio.
cast:
Robert De Niro, Debra Messing, Kathrine Narducci, Cosmo Jarvis
regia:
Barry Levinson
titolo originale:
The Alto Knights
distribuzione:
Warner Bros.
durata:
123'
produzione:
Warner Bros.
sceneggiatura:
Nicholas Pileggi
fotografia:
Dante Spinotti
scenografie:
Neil Spisak
montaggio:
Douglas Crise
costumi:
Jeffrey Kurland
musiche:
David Fleming