horror | Usa (2024)
"The Strangers: Capitolo 1" si pone quasi come un calco, che segue in modo pedissequo il percorso e i paletti - i limiti, autoimposti - del primo film della serie, "The Strangers" di Bryan Bertino (2008): gli elementi distintivi sono l'uso delle maschere, l'home invasion notturna, il gioco di contrapposizione tra interni ed esterni. Si tratta volutamente di un copione che si ripete. Un’intenzionale sottolineatura della natura ciclica e autoreferenziale del mainstream horror contemporaneo. Anzi: il suo avvitamento su se stesso. "The Strangers: Capitolo 1" è una sorta di "summa" che assume su di sé vari topos narrativi o interi sottogeneri: il wrong turn; la casa nei boschi; l'home invasion; il filone slasher, l’archetipo della final girl... Un approccio ambizioso quanto rischioso, che rinnega in partenza qualsiasi velleità di originalità.
Eppure, se cominciamo a vedere il film in questa prospettiva, cominciamo anche a intravvedere la sottesa, implicita teoricità di un'opera che vuoi o non vuoi riflette sull'evoluzione (o sull'involuzione?) del genere. L'idea di riproporre un meccanismo sempre uguale a se stesso finisce per essere provocatoria: il film sembra interrogarsi sulla sua stessa esistenza, stressando allo stremo la capacità del genere di ripetersi anziché innovarsi. Si tratta anche di una presa d’atto. La standardizzazione del cinema horror, da diversi lustri, preferisce la sicurezza della formula alla sfida dell'innovazione. La serie "The Strangers", con i suoi capitoli dilazionati nel tempo, sembra proprio dimostrare un teorema. Proprio nella ripetitività il film finisce per trovare la sua paradossale identità, consapevole della sua funzione di specchio per il pubblico che conosce precisamente le regole del gioco.
“The Strangers: Capitolo 1” propone, come i due precursori, icone malvagie senza volto: agiscono sempre mascherate. Queste figure sono totalmente spersonalizzate. Un po’ come il film stesso. A domanda sul perché facciano quel che fanno, rispondono in modo semplice, agghiacciante: “perché sì”, “perché non dovremmo?”. Il film si pone così come ennesima riproposizione del Male puro, non incarnato da un singolo, non radicato in motivazioni personali o psicologiche, ma esistente in sé e per sé. Ci sarebbe pure un livello di lettura del male come metafora dell'assurdità della vita. L'arrivo improvviso e imprevedibile del Male, senza una spiegazione razionale, richiama il modo in cui una disgrazia (una malattia, un incidente mortale, un evento traumatico) può colpire e sconvolgere. I personaggi, di fronte alla fine imminente, percepiscono un improvviso rimpianto per la vita che stanno per perdere.
Il punto però, è che questo Male puro lo abbiamo già visto tale e quale nel primo film della serie del 2008, quindi ribadito nel sequel “The Strangers: Prey at Night” (Johannes Roberts, 2018). E non ci vuol molto per accorgersi che stava già in nuce in "Arancia Meccanica" di Kubrick, in "Halloween" di Carpenter, e in "Funny Games" di Haneke (e nel suo auto-remake). E - non dimentichiamolo - il film del 2024 di cui qui si parla si pone come il primo di una nuova trilogia! Una tale quasi ottusa ripetitività va a insistere in modo ossessivo su un punto estremo di nichilismo della contemporaneità. Il Male è ormai assimilato, accettato, rimasticato; non c’è più alcuna sorpesa. Rimane solo la coazione a ripetere, il riflesso condizionato, pavloviano. Se c’è una cosa per cui è interessante prendere in considerazione "The Strangers: Capitolo 1", al di là di ogni intenzione, è questo suo imporsi, in senso fenomenologico. Come il Male che mette (rimette) in scena.
cast:
Froy Gutierrez, Madelaine Petsch
regia:
Renny Harlin
titolo originale:
The Strangers: Chapter 1
distribuzione:
Vertice 360
durata:
91'
produzione:
Lionsgate Films, Fifth Element Productions, Frame Film
sceneggiatura:
Alan R. Cohen, Alan Freedland
fotografia:
José David Montero
scenografie:
Adrian Curelea
montaggio:
Michelle Harrison
costumi:
Oana Draghici
musiche:
Justin Burnett