Ondacinema

recensione di Matteo Zucchi
6.5/10

You’ll Never Find Me


Notte. Una grossa roulotte inquadrata frontalmente, con il buio e la vegetazione che la circondano insieme al frinire degli insetti. "You’ll Never Find Me", lungometraggio d’esordio del duo australiano Indianna Bell e Josiah Allen, è letteralmente circonvoluto da questa immagine, che è difatti la prima inquadratura del film così come l’ultima, con solo l’aspetto sonoro a distanziare le due sequenze, indicando la traiettoria narrativa lineare lungo cui si muoverà la pellicola a discapito della circolarità che viene invece enfatizza dalla succitata scelta visiva. La decisione di introdurre e concludere il film con la medesima inquadratura non rimarca infatti una qualche circolarità narrativa o l’inevitabilità di quel che si è appena visto ma serve piuttosto a enfatizzare la dimensione conchiusa degli eventi, costretti per la quasi totalità della pellicola non solo all’interno dell’ampia roulotte in cui vive il misterioso Patrick ma anche dentro la testa dei personaggi principali, a riprova del carattere strettamente psicologico di questo thriller australiano.

Uno degli elementi che determina l’individualità di "You’ll Never Find Me", pellicola che invece compromette costantemente la specificità dei suoi protagonisti, fra nomi falsi e identità cangianti, è proprio la sua refrattarietà ad adottare alcuni dei tratti costitutivi del thriller tradizionale, disseminando ad esempio la narrazione di indizi (o presunti tali) da detection che invece non conducono a una risoluzione effettiva dei misteri riguardanti Patrick e la sua innominata, riluttante, ospite, pur coerentemente con la direzione psicologica, per non dire introspettiva, del racconto. La rivelazione che, prevedibile come le tasse, arriva a circa due terzi della pellicola non è pertanto frutto di una qualche indagine ma diventa tutt’al più il pretesto per drammatizzare lo svelamento della verità, in una serie di sequenze via via più teatrali e apertamente surreali, in maniera coerente con il carattere psicologico del racconto di cui si scriveva sopra. Il fatto che i personaggi principali siano costretti da una tempesta all’interno della roulotte di Patrick si presenta quindi come un’ulteriore modalità in cui la costrizione narrativa e mentale dei protagonisti viene rimarcata, facendo del film di Bell e Allen un vero e proprio dramma (orrorifico) da camera, che al contempo si distingue in modo molto netto dal "mistero della stanza chiusa" a cui inizialmente poteva parere assimilabile.

La natura conchiusa del film, dal punto spaziale così come da quello narrativo, finisce per distanziarlo abbastanza nettamente dal sottogenere cui sembrerebbe avvicinarsi in primo luogo, ovvero il cosiddetto Outback horror, il filone in cui la natura impassibile, o a volte apertamente ostile, dell’entroterra australiano fa da sfondo alle vicissitudini di ignari turisti che cercano di sopravvivere agli assalti di serial killer, cannibali o qualsiasi genere di mostruosità nascosta tra i deserti e le boscaglie dell’Outback. A differenza di pellicole come "Wolf Creek" o "Primal", la natura selvaggia non è l’elemento centrale dell’ambientazione di "You’ll Never Find Me", presente solo nella forma del temporale che costringe l’anonima protagonista femminile a chiedere ospitalità nella roulotte di Patrick. Lontano da luoghi riconoscibili come Uluru e Hanging Rock il film di Bell e Allen sembra perciò proiettato verso una dimensione universale, evidenziata anche dall’indefinitezza del racconto (anodino, per non dire rapsodico, nel suo sviluppo), dei luoghi (a eccezione di un flashback e un paio di controcampi dell’esterno il mondo fuori dalla roulotte non esiste) e dei personaggi (tutti innominati, tranne Patrick, che potrebbe tranquillamente aver mentito sul proprio nome), in cui l’elemento tensivo, e cioè thriller, sta perciò in primis nel carattere sospeso della narrazione, esasperata dalle continue piccole, montanti, incongruenze della trama.

Ambientato in un non luogo per eccellenza, un accampamento di roulotte nell’entroterra australiano, "You’ll Never Find Me" rivela in questa sua ricerca dell’universalità un ambizione che forse lo distanzia dalla ozploitation cruda e semplice dei film succitati (non dal capolavoro di Peter Weir, ovviamente) ma che può forse avvicinarlo all’elevated horror che nell’ultimo decennio si è affermato come una delle realtà più chiacchierate (e indefinite) del cinema contemporaneo. Anche la costante ricerca della simmetria delle inquadrature, insieme ad alcune scelte di regia ricercate (come la ripetuta inversione di ordine fra plongée e contro-plongée) e alla curata fotografia satura di Maxx Corkindale, contribuiscono ad assimilare il film di Bell e Allen alla koiné dell’horror autoriale contemporaneo, ribadendo la sua distanza dall’Outback horror in senso stretto. Un altro fattore che va considerato in questa equazione, e che risulta rinforzato dal rispetto quasi pedissequo delle unità aristoteliche della pellicola, è la centralità che difatti i due personaggi principali, gli unici a cui è concessa più di una battuta, hanno nello sviluppo del racconto, ben diversa dalla scarsa considerazione riservata ai protagonisti dei ben poco introspettivi slasher rurali.

La dialettica tra i personaggi interpretati da Jordan Cowan e Brendan Rock, l’anonima turista smarrita tanto determinata quanto contraddittoria e il suo quasi altrettanto enigmatico oste Patrick, diviene progressivamente uno degli elementi più distintivi della pellicola, fondamentale nel determinare il ritmo della molto dialogata prima parte dell’opera, soprattutto nel blocco centrale in cui i due tentano di conoscersi, notando varie, sempre più sorprendenti, incongruenze nei rispettivi racconti. Ed è a questo punto che "You’ll Never Find Me" finisce per inciampare, per quanto si tratti di una défaillance non così grave, quando i dialoghi che passano senza soluzione di continuità da aneddoti bozzettistici a considerazioni esistenziali tradiscono che la succitata ambizione forse non è del tutto sostenuta dalla qualità della scrittura. Da questo punto di vista non risulta un difetto la svolta surreale (o almeno così pare) intrapresa nella sezione pre-finale del film, poiché tale stacco netto rispetto alla prima parte del film rappresenta, probabilmente in maniera involontaria, l’evolversi nervoso dell’interessante opera prima di Bell e Allen, il cui incedere squilibrato si fa riflesso dei suoi contraddittori protagonisti e delle loro non sempre convincenti conversazioni.

La doppia svolta narrativa che prima avvicina nuovamente "You’ll Never Find Me" all’Outback horror almeno dal punto di vista tematico e che poi fa deflagrare le sue tendenze introspettive in un epilogo onirico, ed esplicitamente horror, in cui tutti i pezzi del puzzle narrativo vanno (più o meno) al punto giusto, si rivela perciò molto significativa nell’economia del film. Può infatti essere interpretata come una sorta di doppio punto di passaggio per l’esordio del duo australiano, che prima evidenzia i suoi legami con l’immaginario di genere soggiacente e poi ribadisce la rilevanza dell’elemento psicologico nel caratterizzare la pellicola. Pare quasi deludente, arrivati fin qui, che il film di Indianna Bell e Josiah Allen sia riuscito a caratterizzarsi meglio di quanto sia avvenuto coi suoi, in teoria così importanti, protagonisti.


04/07/2025

Cast e credits

cast:
Brendan Rock, Jordan Cowan


regia:
Josiah Allen, Indianna Bell


titolo originale:
You'll Never Find Me


distribuzione:
Filmclub Distribuzione


durata:
99'


produzione:
Indianna Bell, Josiah Allen, Jordan Cowan, Christine Williams


sceneggiatura:
Indianna Bell


fotografia:
Maxx Corkindale


scenografie:
Hannah Sitters


montaggio:
Josiah Allen


costumi:
Victoria Arvanitakis


musiche:
Darren Lim


Trama
La solitudine di Patrick, uomo di mezza età che vive in un accampamento per roulotte nell'Australia rurale, viene interrotta dall'arrivo di una misteriosa giovane donna, che gli chiede rifugio mentre una tempesta imperversa. Presto la convivenza forzata, insieme a varie incongruenze che emergono nei racconti dei due, porterà la ragazza e il suo oste a scontrarsi in un crescendo di rivelazioni.