Uno studio approfondito, in italiano, sul cinema di Martin McDonagh non era ancora stato pubblicato e nel proporlo (per le Edizioni Bietti) Francesco Cianciarelli ha scelto un titolo sicuramente di richiamo, ma non di certo per mere ragioni di marketing editoriale
"Cinema dell’assurdo" è infatti un’etichetta che ben si può adattare alla filmografia di Martin McDonagh, regista londinese di origini irlandesi che ha al suo attivo un cortometraggio premiato con l’Oscar e quattro lungometraggi di cui si è parlato a volontà, nel male e – soprattutto – nel bene.
La cifra di McDonagh è infatti quella di affrontare situazioni assurde e paradossali con uno stile spesso rocambolesco, perfettamente calato nel post-moderno. Si pensi ai dialoghi e alle situazioni del corto d’esordio, "Six Shooter", che inaugura la filmografia dell’autore anglo-irlandese con personaggi e vicende surreali difficili da dimenticare. O si pensi alla scelta del regista, per certi versi geniale, di mescolare il gangster movie con scenari da cartolina nel suo primo lungometraggio, "In Bruges". O si pensi ancora alle suggestioni metatestuali di "7 psicopatici" in cui i personaggi del film prendono possesso dei propri alter ego letterari (e in particolare di quelli della sceneggiatura scritta dal protagonista).
La piena maturità di McDonagh è senza dubbio riconducibile al suo lavoro del 2017, "Tre manifesti a Ebbing, Missouri" che ha consacrato l’autore con una storia di dolore e redenzione in cui nessun colpo basso viene risparmiato allo spettatore. Una maturità stilistica poi confermata dall’ultimo lungometraggio del 2022, "Gli spiriti dell’isola", che ha riportato il regista a scenari più conformi al suo primo amore, il teatro, e a quelle suggestioni paradossali invero in parte accantonate in "Tre manifesti…".
Cianciarelli analizza ciascuno di questi cinque film con fine capacità critica e con il giusto compromesso tra sintesi e approfondimento. Se ciò non rappresenta una novità per coloro che frequentano queste pagine, è invece destinata a lasciare il segno anche nei lettori abituali del critico la ricca parte introduttiva che esamina la "poetica" dell’autore anglo-irlandese analizzandone i quattro elementi-cardine: la violenza, l’umorismo, i generi cinematografici e la narrazione. Tutti questi elementi sono appunto capaci di sfociare in una rappresentazione dell’assurdo: l’umorismo, quando assume caratteri di stravaganza; la violenza, quando è esagerata e sproporzionata; e poi i due caratteri per così dire strutturali - i generi e la narrazione - quando accolgono i primi due (e gli altri elementi secondari) in un contesto grottesco o parodico.
"Cinema dell’assurdo. I film di Martin McDonagh" è un libro piccolo nel formato (e anche nel prezzo, che non guasta), ma sagace nei contenuti e preciso nella forma.
Un po’ come il cinema di quel regista anglo-irlandese che finora tanto ci ha appassionato.