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Una "speculazione cinefila" in cui un inedito Tarantino saggista racconta il cinema americano degli anni Sessanta e Settanta, con un forte taglio autobiografico

La storia di Quentin Tarantino e di come abbia coltivato la sua cinefilia, lavorando come commesso in una videoteca di Manhattan Beach, Los Angeles, è ben nota anche a chi ha soltanto una breve infarinatura della biografia del regista di Knoxville. Una passione, quella per il cinema, sbocciata ben prima dell’impiego ai Video Archives: non è che Tarantino sia diventato cinefilo lavorando in videoteca; è stato assunto in videoteca perché era (già) un cinefilo.
Ciò emerge fin dai primi capitoli di "Cinema Speculation", primo saggio - ma non il primo libro - scritto da Tarantino, che inizia proprio ripercorrendo l’infanzia del futuro regista, quando con la madre frequentava i cinema della California.

Nato nel 1963, Tarantino era bambino quando fioriva la New Hollywood e adolescente quando quel movimento giungeva alla sua piena maturità, per poi intraprendere la strada verso un inevitabile declino (secondo il regista, Hollywood negli anni Ottanta sfornava principalmente "orribili film omologati").
Il primo capitolo del libro, "I grandi film del piccolo Q", è un’introduzione autobiografica che parla proprio della sua formazione cinefila, della frequentazione dei cinema di Hollywood e dei film che divorava, in un’epoca in cui c’era ancora l’usanza del double feature, il doppio spettacolo in cui venivano proposti due film consecutivi al prezzo di uno.
Una formazione caratterizzata dalla precocità: a 6 anni il giovane Quentin guardava film come "Butch Cassidy"; a 7, opere come "M.A.S.H." e "La guerra del cittadino Joe".

Dal secondo capitolo in avanti il libro analizza singoli film con taglio monografico, senza tuttavia abbandonare la connotazione autobiografica, che continua a fare capolino, qua e là.
Da "Bullitt" a "Dirty Harry", da "Deliverance" a "The Getaway", vengono passati in rassegna alcuni dei più importanti film della fine degli anni Sessanta e del decennio successivo, soffermandosi in maniera piuttosto insistita su aspetti ben precisi: dalle accuse di fascismo mosse a "Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!" alla scena dello stupro di "Un tranquillo weekend di paura", dall’origine letteraria di "Organizzazione crimini" alla questione del presunto razzismo di "Taxi Driver".

Tarantino non fa critica nel senso più rigoroso del termine, o comunque nella sua accezione moderna o contemporanea. Le sue analisi sono spesso incentrate su questioni attinenti alla produzione e su dettagli di sceneggiatura, o ancora immaginano scenari ipotetici in cui, ad esempio, per un determinato ruolo fosse stato scelto un altro attore al posto di quello che invece ha recitato nel film: è un classico del discorso cinefilo tarantiniano, a cui è ben avvezzo chiunque abbia visto almeno una manciata di sue interviste o presentazioni di film.
Queste divagazioni richiamano d’altronde l’obiettivo principale del saggio, che è quello di fare "speculazione cinefila", come ci informa già il titolo. E a una "speculazione cinematografica" è addirittura intitolato e dedicato un intero capitolo in cui Tarantino immagina come avrebbe potuto essere "Taxi Driver" se a dirigerlo fosse stato Brian De Palma anziché Scorsese.

Tra gli altri capitoli che si discostano dalla regola dell’analisi del singolo film c’è, tra i più interessanti, quello in cui Tarantino fa un excursus della critica statunitense degli anni Settanta, focalizzandosi sulla figura di Kevin Thomas, a lungo seconda firma del "Los Angeles Times" e in quanto tale grande esperto di b-movie e di cinema indipendente e d’essai - visto che le grandi produzioni erano generalmente appannaggio del critico titolare.
Altrettanto interessante è il capitolo dedicato alla New Hollywood, in cui Tarantino - che in questo caso veste i panni dello storico del cinema - evidenzia una distinzione che non sempre viene rimarcata nei saggi dedicati all’argomento: quella tra i registi "antisistema" e i "movie brats", ossia tra gli autori che contestavano i propri predecessori e cercavano di stravolgere i meccanismi della Hollywood classica, a partire dal sistema dei generi, e quelli che invece si inserivano in quella tradizione portando sì una ventata di freschezza, ma mantenendo un grande rispetto verso gli schemi e gli autori del passato.