35 titoli per ripercorrere la figura del vampiro nella storia del cinema
Il nuovo anno cinematografico si è aperto in Italia con l'attesissimo "Nosferatu" di Robert Eggers, uscito nelle sale proprio il primo gennaio 2025. Eggers è uno dei pochi registi che è riuscito, nonostante la giovane età, a creare un hype attorno al proprio nome davvero smisurato, grazie soprattutto ai suoi primi due film "The Witch" e "The Lighthouse".
Se l'attesa era quindi tanta, figuriamoci quanto questa sia cresciuta esponenzialmente quando si è saputo che Eggers aveva deciso di confrontarsi con uno dei film più iconici del horror d'autore, il "Nosferatu" di Herzog, e di conseguenza col "Nosferatu" di Murnau. Da un po' i social network traboccano di opinioni e recensioni sul quarto film di Eggers, con pareri contrastanti.
Senza voler scrivere una nuova recensione, si può affermare che Eggers abbia dato una nuova vita alla figura del vampiro nel cinema, cercando di rinnovare un genere che affascina i registri fin dagli albori del cinema muto.
Tantissimi sono i film dedicati ai vampiri e a Dracula/Nosferatu. Alcuni di questi sono capolavori riconosciuti del cinema, altri ottimi film e infine tanti altri hanno cercato di sfruttare il prevedibile successo di botteghino risultando b-movie mediocri o prodotti privi di una visione autoriale, destinati al pubblico giovane. La figura del vampiro è cambiata negli anni, in base alla personale visione dei registi, svincolandosi sempre più dalle leggende popolari, dai romanzi gotici di Sheridan Le Fanu e da "Dracula", pilastro della letteratura gotica firmato da Bram Stoker. A volte visti come tristi figure solitarie, a volte come giovani di bell'aspetto, altre come mostri crudeli, a volte come creature perseguitate capaci amare profondamente.
A ogni modo, quello che si può dire con certezza è che numerosi film a tema sono estremamente interessanti, offrendo disparati e approcci all'universo vampiresco o applicando quest'ultimo ad altri contesti. Al punto che talvolta si può scomodare l'ingombrante parola capolavoro.
Questo speciale cerca di segnalare i film sui vampiri che riteniamo più significativi, partendo dal 1922 a oggi e cercando di sondare anche territori non anglofoni. Nella rassegna non troverete il succitato "Nosferatu" di Eggers, ma neanche saghe come "Twilight" e "Underworld" che - pur importanti come fenomeno di costume e botteghino - non hanno un'importanza storico-cinematografica, né godono di un'impronta autoriale.
Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, 1922) di Friedrich Wilhelm Murnau
Capolavoro del cinema tedesco, "Nosferatu" di Murnau oltre a essere il primo lungometraggio sui vampiri è anche quello che più ha ispirato la figura del vampiro nei decenni a venire. Una poetica affine all'espressionismo porta Murnau a ricreare, con mezzi minimi, immagini dei Carpazi indimenticabili e una figura del conte Orlok leggendaria, grazie all'interpretazione di Max Schreck, tanto immedesimato nel suo ruolo da far nascere la leggenda che Murnau l'avesse scelto in quanto fosse un vero vampiro (da cui il film "L'ombra del vampiro", 2000, diretto da E. Elias Merhige). Se espressionismo vuol dire sovraccaricare la realtà di un'emotività che va oltre la semplice immagine, allora "Nosferatu" è uno dei capisaldi del filone, al fianco de "Il gabinetto del dottor Caligari" di Robert Wiene che, due anni prima, aveva aperto a un modo totalmente nuovo di intendere la settima arte. (VD)
Dracula (1931) di Tod Browning
Se c'è stato un artista che ha incarnato la figura del conte Dracula, quello è stato certamente Bela Lugosi, l'attore ungherese divenuto un'icona del cinema horror e infine della musica gothic grazie all'omaggio dei Bauhaus. Il "Dracula" della Universal resta nella storia per essere stato la prima versione sonora del romanzo di Bram Stoker (seppur con variazioni di trama) e per aver contribuito a diffondere la figura del vampiro nell'immaginario collettivo. Il film contiene tutte le caratteristiche che hanno reso tipici i film della Universal, dagli scenari gotici alla regia attenta a ogni dettaglio. Segnanti lo sguardo magnetico di Lugosi, gli scenari dei castelli, le scale dell'Abbazia di Carfax e il sorriso folle di Dwight Frye, l'attore che interpreta magnificamente Renfield. Sfruttando gli stessi costumi e scenografie, ne venne girata anche una versione per il mercato ispanofono, diretta da George Melford e con Dracula interpretato da Carlos Villarías. (VD)
Vampyr - Il vampiro (Vampyr - Der Traum des Allan Grey, 1932) di Carl Theodor Dreyer
Film iconico del regista danese Carl Theodor Dreyer, "Vampyr" – all'interno della ipotetica trilogia dei primi film sui vampiri (con "Nosferatu" e "Dracula") – è il più distante dal romanzo di Bram Stoker, essendo ispirato ai racconti di Joseph Sheridan Le Fanu. L'opera si sviluppa quasi come un giallo in cui il protagonista si muove alla ricerca della verità tra paesaggi gotici (fantastica la scena dell'uomo con la falce sul fiume), vecchi hotel deserti e manieri abbandonati. Dreyer accentua il più possibile l'aspetto onirico delle immagini, rendendo il film più surrealista che espressionista. Il finale, legato al racconto "Carmilla", di Le Fanu, era sorprendentemente avanti per i tempi e creò problemi con la censura tedesca. Per nulla compreso all'epoca della sua pubblicazione, tanto criticato che Dreyer ebbe una grave depressione che lo costrinse a un ricovero in psichiatria, oggi "Vampyr" è giustamente considerato uno dei capisaldi della filmografia sui vampiri. (VD)
Dracula In Istanbul (Drakula İstanbul'da, 1953) di Mehmet Muhtar
Pellicola di punta di una all'epoca ancora acerba industria cinematografica turca, basato su un romanzo di Ali Riza Seyfi del 1928, "Kazıklı Voyvoda", plagio del "Dracula" di Stoker, ma con l'ambientazione spostata da Londra a Istanbul. È il primo film in cui la figura di Dracula viene esplicitamente collegata a quella di Vlad III di Valacchia, probabilmente in ottica nazionalista turca (il voivoda era stato nemico giurato dell'Impero ottomano), nonché il primo che mostra Dracula con dei canini pronunciati e mentre cammina lungo le pareti del proprio castello. L'equivalente turco del personaggio di Mina, Güzin, viene spesso mostrata in abiti succinti e in pose per l'epoca sorprendentemente osé. Curiosità: non avendo a disposizione macchine per il fumo, le nebbie vennero realizzate facendo fumare sigarette ad appositi addetti, che poi sbuffavano il fumo da fuori l'inquadratura. (FR)
La stirpe dei vampiri (El vampiro, 1957) di Fernando Méndez
Generalmente considerato uno dei migliori esempi della ricca scena di b-movie dell'orrore prodotti in Messico negli anni Cinquanta e Sessanta, il film vanta una trama molto più raffinata e intricata di quanto non appaia d'impatto, con recitazioni dal gusto teatrale e scenografie creative che mescolano il gusto gotico europeo a quello della tradizione locale, senza ovviamente lesinare in nebbie artificiali e ragnatele. L'ambiente principale è un'antica tenuta spersa in una zona rurale, con tanto di cortile tipico, tunnel segreti e cripte. Curiosità: in questo film i vampiri possono comunicare tra loro telepaticamente, trasformarsi in pipistrelli, scomparire e succhiare il sangue, ma quanto a pura forza fisica – al contrario della maggior parte dei titoli in lista – non sono superiori alla media dei normali esseri umani. (FR)
Dracula il vampiro (Dracula, 1958) di Terence Fisher
Dopo il Dracula di Bela Lugosi, c'è stato il Dracula di Christopher Lee. O si potrebbe dire, dopo i mostri della Universal sono arrivati i mostri della Hammer Film, la celebre casa di produzione britannica, pilastro dei B-movie di genere negli anni Cinquanta e Sessanta. "Dracula il vampiro" crea una nuova immagine del vampiro: rapido, forte e dinamico, con un storia molto differente rispetto all'originale di Bram Stoker. Non si contano le scene iconiche, dall'iniziale sguardo spiritato di Christopher Lee alla morte di Lucy, sino alla lotta finale tra Dracula e Van Helsing, cioè tra Lee e Peter Cushing, i due attori di riferimento della Hammer. La serie di film, tra sequel e spin-off, arriva a otto titoli: oltre al primo, si salvano quelli degli anni Sessanta ("Le spose di Dracula", 1960; "Dracula, principe delle tenebre" 1966; "Le amanti di Dracula"; 1968), prima che l'ingresso nei Settanta e le nuove richieste del pubblico faranno sembrare anacronistiche le proposte della Hammer. (VD)
I tre volti della paura (1963) di Mario Bava
Tecnicamente, anche "La maschera del demonio" è un film sul tema, dato che il personaggio interpretato da Barbara Steele è una strega vampira. Tuttavia, la fama di quel film ha spesso rischiato di oscurare il resto della carriera di Mario Bava, motivo per cui si preferisce segnalare "I wurdalak", parte centrale del film a episodi "I tre volti della paura". Adattamento del racconto "La famiglia del Vurdalak", di A. K. Tolstoj, è ambientato nella Russia rurale di inizio Ottocento e vede all'opera un uomo che, dopo essere stato contagiato da un vampiro turco, cerca di mordere e convertire la sua intera famiglia. A interpretarlo è un attempato ma sempre brillante Boris Karloff, nella sua prima e unica collaborazione con Bava. Il film uscì sul mercato anglofono col titolo di "Black Sabbath": vi suona familiare? (FR)
Fantasie di una tredicenne (Valerie a týden divů, 1970) di Jaromil Jireš
Il terzo lungometraggio di Jaromil Jireš, fra i capolavori della new wave cecoslovacca, mette in scena l'ingresso di una ragazza nell'età puberale, attraverso un saliscendi di simboli a tinte forti. Tratto da un romanzo di Vítězslav Nezval, è un film dall'andamento libero e surreale, benché ogni scena mantenga una propria coerenza narrativa. È evidente l'attacco alla repressione sessuale della cultura cristiana, con vescovi simil-Nosferatu e viscidi missionari che sfilano fra bigottismo e lussuria, incesto e malefici, inquisizione e rimandi a Lewis Carroll, in una cornice scenografica opulenta, una sorta di "Decameron" gotico, esaltato dalla fotografia visionaria di Jan Čuřík e dalla colonna sonora a cura di Luboš Fišer (nenie romantiche, folk da camera, cori chiesastici). Notevoli anche le prove attoriali, a partire dalla giovane protagonista, Jaroslava Schallerová. (FR)
Hanno cambiato faccia (1971) di Corrado Farina
Il primo dei due lungometraggi di finzione diretti da Corrado Farina, regista pubblicitario e documentarista torinese. Interpretato da Adolfo Celi, con la voce di Renato Turi, il vampiro di turno si chiama Giovanni Nosferatu ed è un ricco industriale che vive in una villa di montagna, ovvio simulacro del castello di Dracula. A differenza del conte però, non schiavizza gli esseri umani succhiando loro il sangue, ma li rende succubi ricorrendo all'utilizzo di avanzate tecnologie, alla propaganda, al controllo dei mezzi d'informazione e agli accordi con politici e prelati. I vampiri hanno per l'appunto cambiato faccia e ora risiedono ai vertici del sistema capitalistico. Memorabili gli sgherri di Nosferatu, con il loro inquietante squadrone di Fiat 500 bianche. (FR)
The She-Butterfly (Leptirica, 1973) di Djordje Kadijevic
Djordje Kadijevic fu uno degli esponenti dell'onda nera jugoslava, movimento cinematografico che nella seconda metà degli anni Sessanta provocò lo scontento delle autorità locali per l'eccessivo pessimismo e gli ideali disallineati dal socialismo. Al regista fu così impedito di realizzare ulteriori film per il cinema, ma a differenza di altri suoi colleghi, riuscì a riciclarsi lavorando per la televisione. "Leptirica" fu il suo terzo lavoro in questo ambito e a oggi è considerato il primo horror jugoslavo. Caratterizzato da un'ambientazione rurale e zeppo di elementi folcloristici, è attraversato da un'atmosfera onirica e inquietante, nonostante i saltuari spunti comici. Si tratta della trasposizione di "Novanta anni dopo", racconto di Milovan Glišić risalente al 1880, da cui nacque la leggenda di Sava Savanović, il più noto vampiro serbo. Il film ha acquisito un culto internazionale nel corso degli anni: lo stesso Eggers ne ha ammesso l'influenza sul suo "Nosferatu". (FR)
Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!! (Andy Warhol's Dracula, 1974) di Paul Morrissey
Il titolo italiano danneggia ingiustamente la fama di questa brillante pellicola, girata in Italia da Paul Morrissey e sponsorizzata da Andy Warhol. Udo Kier impersonifica un Dracula impotente, paralitico, ingannato dalle sue stesse vittime, simbolo del tramonto dei titoli nobiliari e del concetto di proprietà, contro cui Morrissey, palesemente affascinato dall'utopia marxista, si scaglia con ferocia. L'arma del popolo viene rappresentata dal corpo di Joe Dallesandro, che nei panni del contadino Mario sottomette sessualmente le figlie del marchese Di Fiore (Vittorio De Sica, alla sua ultima apparizione), mostrando impietosamente i segni di decadenza della casta. Una delle numerose scene erotiche avviene sullo sfondo di una gigantesca falce con martello, tanto per dissipare ogni dubbio. Il colpo di grazia, ossia la vittoria della rivoluzione proletaria, giunge però nell'epico finale, con un pirotecnico, grottesco smembramento. (FR)
Wampyr (Martin, 1977) di George A. Romero
Non ci sono solo gli zombi nella carriera di George Romero. Se il capolavoro "La notte dei morti viventi" (1968) ha segnato per sempre l'immaginario del cinema horror, il grande regista americano ha trovato posto anche per un piccolo film – decisamente low cost – sulla figura del vampiro. Pubblicato in due edizioni, quella originale americana di Romero e una alternativa italiana col montaggio di Dario Argento e la musica dei Goblin, "Wampyr" ("Martin") rivede la figura del vampiro come quella di un adolescente solitario ed emarginato, proponendo un bizzarro paragone tra lo stato del vampiro e quello del tossicodipendente. La versione originale mantiene un sensazione di decadenza, anche grazie alla musica di Donald Rubinstein, che è preferibile rispetto all'italiana, dove la musica dei Goblin (indiscutibilmente magnifica) e il montaggio più frenetico fanno perdere le atmosfere cupe e intimiste che sono la cifra della versione originale. (VD)
Count Dracula (1977) di Philip Saville
Diretto da Philip Saville, uno dei più importanti registi televisivi britannici, e mandato in onda dalla Bbc nel 1977, questo film di oltre due ore e mezza rappresenta la più fedele trasposizione del "Dracula" di Stoker mai realizzata. Qualche lieve variazione rispetto alla fonte originaria sussiste, ma a parte l'ennesima rimozione dei baffi del vampiro, l'unica davvero sostanziale è aver fuso Quincey Morris e Arthur Holmwood in un solo personaggio: per il resto la trama è seguita quasi passo per passo, caso pressoché unico. Qualche schizzinoso si lamenta per gli effetti speciali scadenti, che in realtà non sono peggiori di quelli di tanti film dell'epoca (bisogna peraltro contare che si tratta di un prodotto televisivo e pertanto dal budget limitato), ma sulle splendide scenografie e sulla recitazione dall'impianto teatrale nessuno ha mai avuto l'ardire di muovere critiche. (FR)
Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu: Phantom der Nacht, 1979) di Werner Herzog
Nel suo remake del "Nosferatu" di Murnau, Werner Herzog non cerca di terrorizzare lo spettatore con effetti prevedibili, ma punta tutto su atmosfera, fotografia e dialoghi. Dai pensieri di Lucy, interpretata magnificamente da Isabelle Adjani, ai dialoghi del Conte Orlok (Klaus Kinski), si ha costante la sensazione della sofferenza di tutti i protagonisti, vittime di un destino al quale non potranno mai sfuggire. Il peso dell'immortalità del vampiro, portata alle estreme conseguenze, fa nascere dialoghi indimenticabili ("La morte non è il peggio: ci sono cose molto più orribili della morte. Riesce a immaginarlo? Durare attraverso i secoli, sperimentando ogni giorno le stesse futili cose"). Se a ciò si aggiunge l'interpretazione di Bruno Ganz (Jonathan Harker) e l'utilizzo della musica, un mix tra la meraviglia assoluta dei Popol Vuh e brevi composizioni di Wagner, si comprende chiaramente come l'opera di Herzog resti ancora oggi un punto di riferimento per il cinema horror d'autore. (VD)
Miriam si sveglia a mezzanotte (The Hunger, 1983) di Tony Scott
L'idea di vampiro cambia negli anni Ottanta, di pari passo ai cambiamenti del cinema. I vampiri di "Miriam si sveglia a mezzanotte" sono eleganti, bellissimi e inseriti nella società opulenta degli Stati Uniti. Con un cast d'eccezione (Catherine Deneuve, David Bowie, Susan Sarandon e Peter Murphy dei Bauhaus), l'esordio cinematografico di Tony Scott è di un'eleganza sorprendente, grazie al mix di musica dark, classica ed elettronica, e alla coppia Deneuve/Bowie in forma straordinaria. Per molti versi il film può ricordare – per fotografia, montaggio, costumi, dialoghi, utilizzo delle luci e a volte della musica – una versione horror/gotica di "Blade Runner" (uscito appena un anno prima). Il tema della morte come condanna ineluttabile crea un ponte tra la figura del vampiro e quella dell'androide, la musica del duo Michel Rubini/Denny Jaeger è debitrice del capolavoro di Vangelis, l'oscurità della metropoli e la vita notturna dei vampiri richiamano in parte il film di Ridley Scott. (VD)
Mr. Vampire (Goeng si sin saang, 1985) di Ricky Lau
Lo 殭屍 (jangshi in mandarino, goeng si in cantonese) è una sorta di zombi vampiro tipico del folclore cinese, la cui principale caratteristica è quella di muoversi saltando (almeno fino a quando non acquista maggiore forza: a quel punto è capace anche di movimenti liberi). Si tratta di una figura che è comparsa in innumerevoli film nella storia del cinema sinofono e che meriterebbe una selezione a parte. In sua rappresentanza, per l'occasione, è stata scelta questa travolgente commedia horror diretta a Hong Kong da Ricky Lau, densa tanto di acrobazie spettacolari ed effetti speciali per l'epoca eccellenti, quanto giochi di parole (non tutti facilmente comprensibili da chi non conosce la lingua). Fu anche il film che introdusse il popolare personaggio di Gau, sacerdote taoista esperto in arti soprannaturali e dedito a combattere vampiri e fantasmi, da lì in avanti sempre interpretato da Lam Ching-Ying, almeno fino alla sua morte prematura, avvenuta nel 1997 a causa di un tumore. (FR)
Vampiri all'Havana (¡Vampiros en La Habana!, 1985) di Juan Padrón
L'animatore e fumettista cubano Juan Padrón è rimasto celebre in particolare per la creazione di Elpidio Valdés, le cui avventure sono ambientate durante l'ultima guerra per l'indipendenza di Cuba dalla Spagna. "¡Vampiros en La Habana!" rappresenta il suo lavoro più noto all'infuori di quel personaggio e vanta una colonna sonora graziata dal grande trombettista Arturo Sandoval. Il film è ambientato a Cuba nei primi anni Trenta, durante il governo repressivo di Gerardo Machado (che viene ripetutamente sbertucciato), e vede opposti fra loro i due cartelli di vampiri criminali più potenti al mondo, ossia quelli di Düsseldorf e Chicago, intenti a impadronirsi di una formula chimica studiata dal figlio di Dracula, che permetterebbe loro di esporsi alla luce del sole senza subire danno. È un gioiello dell'animazione a basso costo, con un evidente sottotesto satirico e anticapitalista. (FR)
Ragazzi perduti (The Lost Boys, 1987) di Joel Schumacher
Pellicola che aggiorna il mito delle creature della notte all'estetica degli anni Ottanta. Un po' horror e un po' teen drama, il film è ambientato nella città americana immaginaria di Santa Carla e segue le gesta dei "ragazzi perduti", un gruppo di vampiri ribelli e devoti all'estetica gotica con un tocco pop. Interpretato da Kiefer Southerland, il leader dei vampiri David è un personaggio che buca lo schermo e capeggia un gruppo entrato nella leggenda del cinema d'intrattenimento. La fotografia notturna e le ambientazioni che mescolano gotico e urbano, fanno di "The Lost Boys" un cult del decennio. A completare il quadro non poteva mancare però una colonna sonora di grido, composta di brani che è impossibile non associare alla pellicola: va menzionata sicuramente "Cry Little Sister" di Gerard McMann, ma anche "Walk This Way" degli Aerosmith e la rivisitazione di "People Are Strange" dei Doors ad opera degli Echo & The Bunnymen sono legate a stretto filo con il film. (MC)
Il buio si avvicina (Near Dark, 1987) di Kathryn Bigelow
Prima del successo internazionale di "Point Break" (1991), "Strange Days" (1995) e dei sei premi Oscar con "The Hurt Locker" (2008), Kathryn Bigelow si era fatta notare con "Il buio si avvicina", film a basso costo che la segnalava come una delle registe più promettenti della sua generazione. Il film ribalta radicalmente la figura del vampiro proposta da Tony Scott, riprendendo il nichilismo estremo di Herzog e mostrandolo in una versione da animale braccato, bestia isolata dal mondo con una fortissima pulsione di morte. Bigelow accentua l'orrore della vita del vampiro e approfondisce l'angoscia dell'immortalità, vista come una maledizione da cui liberarsi. Questo senso di disperazione e di desiderio di morte trapela costantemente nel film. Molto crudo in certi momenti (la scena del bar è la tra le più violente della filmografia usi vampiri), "Il buio si avvicina" raggiunge un vertice poetico nell'indimenticabile finale tragico, in cui la morte rappresenta la sola e unica liberazione. (VD)
L'ultimo furto (Poslední lup, 1987) di Jiří Barta
L'animazione ceca ha rappresentato una delle scene artistiche più ricche del mondo, in particolare durante l'era comunista, e Jiří Barta ne è stato uno dei registi di punta. Nel 1987, nel suo continuo tentativo di non ripetersi, realizzò questo cortometraggio con attori in carne e ossa, benché il montaggio in stop-motion di alcune scene e gli effetti di luce e colore lo ibridino comunque col mondo dell'animazione. La trama consiste in un ladro che si introduce in un maniero abbandonato, dove trova oggetti preziosi in quantità: mentre ne sta facendo razzia si imbatte nella famiglia che abita la casa. Nella sua ingenuità, l'uomo non nota niente di strano e si fa blandire dall'ospitalità di quegli individui dall'aspetto emaciato, che si rivelano in seguito essere dei vampiri dotati di tecnologie avanzate. A coronare il tutto sinistre musiche sinfoniche e un'atmosfera costantemente onirica, che ben rappresenta il senso di stordimento provato dal protagonista. (FR)
Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker's Dracula, 1992) di Francis Ford Coppola
Nonostante il suo titolo, in realtà il film di Coppola dedicato a Dracula è molto distante dal testo di partenza, sia per quanto riguarda la struttura narrativa, sia per la caratterizzazione di alcuni personaggi, su tutti il Van Helsing di Anthony Hopkins. Pur non lunghissima, la pellicola paga alcuni passaggi molto lenti e un eccessivo accento melodrammatico, che stemperano la potenza delle parti horror e degli intrighi che si consumano tra i personaggi. Quello che è a oggi il film più famoso dedicato al conte Dracula, è comunque un'opera dall'impressionante impatto visivo, che grazie ai costumi premio Oscar di Eiko Ishioka (si ricordi, per esempio, l'armatura di Dracula) e alle scenografie gotiche di Thomas E. Sanders si è imposta nell'immaginario collettivo. (MC)
Intervista col vampiro (Interview with the Vampire: The Vampire Chronicles, 1994) di Neil Jordan
Tratto dal primo capitolo de "The Vampire Chronicles" di Anne Rice, la scrittrice statunitense che negli anni Settanta conferì al mito del vampiro una nuova complessità, aggiornandolo ai tempi moderni, il film di Neil Jordan è una delle più celebri grandi produzioni a tema. Louis e Lestat (rispettivamente Brad Pitt e Tom Cruise), sono il veicolo scelto dal regista per incarnare il fascino oscuro dei vampiri, qui profondamente umanizzati e dunque dannati e pensosi. Insieme alla piccola Claudia (Kirsten Dunst), i due attraversano secoli di storia riflettendo sulla propria condizione, con la quale convivono e combattono in maniere opposte. Insieme alla regia impeccabile di Neil Jordan, i costumi insieme lussuosi e decadenti di Alexandra Byrne, e la grandeur delle scenografie di Dante Ferretti conferiscono al film un impatto visivo che, per quanto riguarda le sfaccettature più oscure di diciottesimo e diciannovesimo secolo, risulta difficile da eguagliare. (MC)
The Addiction - Vampiri a New York (The Addiction, 1995) di Abel Ferrara
Vampiri e filosofia si fondono nel film di Abel Ferrara, piccolo oggetto di culto del cinema horror anni Novanta. Con un bianco e nero che sembra un omaggio al Romero di "La notte dei morti viventi" e una New York decadente e disperata, Ferrara crea un horror d'autore dove il vampiro è costretto a uccidere perché la sua natura glielo impone, così come l'uomo uccide, fa la guerra e compie genocidi e persecuzioni perché è nella sua natura malvagia farlo. I riferimenti visivi all'olocausto degli ebrei, alle donne e bambini vietnamiti uccisi dagli americani, ai bosniaci uccisi dai serbi e i dialoghi incessanti tra gli studenti di filosofia protagonisti del film, suggeriscono questa interpretazione. La domanda è: sono più malvagi gli esseri umani che uccidono in massa per il proprio potere o i vampiri che uccidono per sopravvivere. "The Addiction" è un caso unico della filmografia sui vampiri, che colpisce anche per il sorprendente finale, altro evidente omaggio a Romero. (VD)
Dal tramonto all'alba (From Dusk Till Dawn, 1996) di Robert Rodriguez
Un film di vampiri così atipico che all'inizio non sembra nemmeno appartenente alla categoria. Forte di una verbosa sceneggiatura di Quentin Tarantino, qui anche tra gli interpreti, il film di Rodriguez inizia come un road movie, con criminali in fuga come personaggi principali. L'arrivo dei protagonisti in un locale chiamato "The Titty Twister" cambia però tutto: non si tratta infatti di uno strip bar per rider arrapati in sosta, bensì di un vero e proprio covo di vampiri. Dopo il plot twist, la pellicola non può che diventare un horror splatter dalle forti connotazioni sarcastiche. Diverse le scene cult, a partire da quella della mattanza, mentre la Santanico Pandemonium di Salma Hayek rimane una delle vampire sexy più famose della storia del cinema. (MC)
Vampires (John Carpenter's Vampires, 1998) di John Carpenter
"Vampires" è stato l'unico film realizzato da John Carpenter negli anni Novanta a non essere andato in perdita. Nonostante non sia amato dalla critica, è uno dei film a tematica vampiresca più originali della sua epoca e contiene tante delle caratteristiche che hanno reso celebre il regista americano, dalla musica, curata in proprio come al solito, all'antieroe di turno, il cacciatore di vampiri interpretato da James Wood. L'ambientazione è a metà fra l'horror e il western, con tocchi splatter e sterzate verso la commedia nera, mentre la trama risulta molto critica verso le alte sfere ecclesiastiche, benché non verso i prelati in generale (il personaggio di padre Guiteau è per esempio positivo). Genererà due sequel, non diretti da Carpenter ed entrambi sorvolabili. (MC, VD, FR)
L'ombra del vampiro (Shadow of the Vampire, 2000) di E. Elias Merhige
Dicevamo di quanto l'intera cinematografia vampiresca sia legata alla pellicola del 1922 che apre questa rassegna, "Nosferatu il vampiro" di Murnau, e della leggenda secondo la quale il regista tedesco avrebbe scelto Max Schreck per il ruolo del conte in quanto autentico succhiasangue. In questa singolare pellicola Willem Dafoe e John Malkovich sono proprio Schreck e Murnau, intenti alla realizzazione della mitica opera. L'ombroso gioco metacinematografico allestito da Merhige punta tutto sulle mimesi perfette dei due attori e dà adito a summenzionata leggenda. La lentezza ne fa un film non digeribile da tutti, così come la scelta di imbastire una messinscena di "Nosferatu il vampiro" decisamente lontana dall'originale ha fatto storcere il naso ai feticisti della settima arte. Rimane però un film che, partendo da un'interessante riflessione sul rapporto tra realtà e finzione, immerge l'amore del regista per l'immaginario di Murnau in toni horror, drammatici e umoristici. (MC)
Vampire Hunter D: Bloodlust (2000) di Yoshiaki Kawajiri
"Vampire Hunter D" è una serie di romanzi illustrati con testi di Hideyuki Kikuchi e disegni di Yoshitaka Amano, iniziata nel 1983 e ancora in corso. Ne sono stati tratti, fra le altre cose, due film animati: "Vampire Hunter D" (1985) e "Vampire Hunter D: Bloodlust" (2000). Indipendenti l'uno dall'altro, hanno entrambi segnato la storia degli anime, ma il secondo spicca, lasciando più spazio allo sviluppo dei personaggi, grazie a una durata maggiore, e soprattutto poggiandosi su animazioni tra le più innovative della sua epoca, di sorprendente fluidità, dinamismo e profondità. Il protagonista, D, è un dampiro (ossia, il figlio di un vampiro e un'umana) e dà la caccia ai vampiri in un mondo post-apocalittico che mescola fantascienza, western e horror gotico. Nel film specifico ci sono di mezzo anche una storia d'amore impossibile e una memorabile versione di Carmilla. (FR)
Blood: The Last Vampire (2000) di Hiroyuki Kitakubo
Basato su un soggetto di Mamoru Oshii (da cui il celebre regista trarrà anche un romanzo illustrato, uscito appena prima), questo mediometraggio rimane nella storia degli anime per essere uno dei primi prodotti del campo realizzati interamente in digitale. Il risultato appare ancora oggi più fluido e avveniristico dei tanti che ne hanno seguito la strada, senza però avere a disposizione la tecnica registica di Hiroyuki Kitakubo e il talento del character designer Katsuya Terada. Ambientato nel 1966 presso la Yokota Air Base, la più importante base militare statunitense in Giappone, vede come protagonista la vampira Saya, che col supporto di due agenti governativi dà la caccia ai chirotteri, creature vampiresche e assassine, dalle sembianze mostruose, ma capaci di tramutarsi temporaneamente in esseri umani. Negli anni successivi il film farà da base per due videogiochi, due anime seriali, un film dal vivo e altri due romanzi. (FR)
Blade II (2002) di Guillermo Del Toro
Anni prima dell'esplosione del cosiddetto Marvel Cinematic Universe, Wesley Snipes (poi tornato nel ruolo in "Deadpool & Wolverine" e quindi proprio nel MCU) fu il celebre ammazzavampiri Blade, il diurno. Sebbene anche il primo film della serie sia un cinefumetto godibile e truculento, le cose si fanno decisamente più interessanti con questo secondo capitolo diretto da Guillermo Del Toro. Il quale, pur ancora lontano dalla considerazione che nutre oggi, apportò alla saga un tocco decisamente autoriale: ambientazioni gotiche, fotografia scurissima, scene action serrate e feroci, ma anche un make up design dei vampiri mostruoso e riconoscibile. Da manuale e notevolmente violento, specie per gli standard Marvel odierni, il corpo a corpo finale tra Blade e l'orripilante villain Nomak. (MC)
Lasciami entrare (Låt den rätte komma in, 2008) di Tomas Alfredson
Riletto in chiave americana da Matt Reeves nel 2010, nell'inutile "Blood Story (Let Me In)", "Lasciami entrare" dello svedese Tomas Alfredson è una pellicola cardine del neo horror. I protagonisti del film sono Oskar (Kare Edembrandt) ed Eli (Lina Leandersson), rispettivamente un introverso dodicenne di Stoccolma vittima di bullismo e una vampira immortale, cristallizzata in un corpo di dodicenne. I due diventeranno amici in una storia dai pronunciati risvolti psicologici, che esplora i drammi di due essere apparentemente distanti, ma uniti da un profondo e inestinguibile senso di solitudine. L'atmosfera tetra dell'inverno svedese e le musiche drammatiche di Johan Söderqvist accentuano il mistero alla base del rapporto tra i due dolcissimi protagonisti. Il film acquista ulteriore forza grazie a scene violente, specie quelle riguardanti la nutrizione di Eli, che non risparmiano nulla allo spettatore e che fanno dunque da contraltare alla tenerezza della relazione tra i due. (MC)
Solo gli amanti sopravvivono (Only Lovers Left Alive, 2013) di Jim Jarmusch
Adam e Eve, rispettivamente Tom Hiddleston e Tilda Swinton, non sono i soliti vampiri. E come potrebbe essere altrimenti in un film di Jarmush? Li potremmo definire due vampiri hipster. Il primo vive a Chicago e la seconda a Tangeri, non si cibano di sangue in maniera convenzionale, lo ottengono invece per vie non violente, sono innamorati da secoli e insieme riflettono sul senso dell'immortalità – che se è difficile incontrare quello della vita figurarsi quello di un'esistenza eterna. Le ambientazioni suggestive, le riflessioni filosofiche e la colonna sonora ipnotica del liutaio Jozef van Wissem rendono ancora più affascinante uno dei film a tema vampiresco più interessanti e alternativi di sempre. Un pregevole distillato di sangue, esistenzialismo e amore. (MC)
A Girl Walks Home Alone At Night (2014) di Ana Lily Amirpour
Gemma più o meno nascosta del cinema indipendente americano, segue le gesta de "la ragazza", una vampira che girovaga di notte per le strade deserte di una città non esplicitamente localizzata in Iran, ma che mostra numerose caratteristiche locali (la regista Ana Lily Amirpour è statunitense, ma ha origini iraniane: i suoi genitori fanno parte della diaspora che seguì la rivoluzione del 1979). In quello che è una sorta di western urbano a tinte horror, la vampira interpretata da Sheila Vand utilizza le caratteristiche della sua condizione per punire malcapitati che violano le sue leggi morali (ladri, ma anche maschilisti violenti). Efficace nella sua narrazione e forte di una trama intrigante, nonché stilisticamente riuscito grazie a un'estetica noir in bianco e nero, il film ha un forte sottotesto politico, dove la condizione alienante della vampira e il suo rigore morale appaiono come una metafora della situazione dei dissidenti del regime iraniano. (MC)
Vita da vampiro (What We Do in the Shadows, 2014) di Taika Waititi & Jemaine Clement
Falso documentario di stampo satirico, diretto a basso costo dai neozelandesi Taika Waititi, che pochi anni dopo finirà a girare sciatti blockbuster per la Disney, e Jemaine Clement, attore e membro della rock band parodistica Flight Of The Conchords. Quattro vampiri di stanza a Wellington permettono a una troupe di documentaristi di entrare nella loro casa per poterli filmare, anche nei momenti in cui uccidono altri esseri umani. La trama è piena di contraddizioni (la più evidente: i vampiri stanno tutto il tempo a preoccuparsi di mantenere segreta la propria identità, ma il fatto di essere costantemente ripresi sembra non rappresentare un problema) e di situazioni paradossali, ovviamente tutte volute. Nel 2019 il film ha ispirato una serie televisiva, prodotto patinato che purtroppo non bissa la brillantezza del progetto originario. (FR)
Invasion (Hojoom, 2017) di Shahram Mokri
Come altri registi del cinema d'autore iraniano, Shahram Mokri è un maestro nel realizzare film immersivi partendo da budget striminziti. "Hojoom" è ambientato in un mondo in cui è esplosa una misteriosa pandemia, che in parte riduce gli esseri umani allo stato vegetativo e in parte li tramuta in vampiri. Sorgono ovunque confini e barriere, allo scopo di contenerla. La storia si svolge in uno stadio, dove una squadra di poliziotti si reca per ricostruire le dinamiche di un omicidio, in compagnia del sospettato e dei suoi compagni di squadra, che sembrano non solo allenarsi nell'edificio, ma anche viverci. Presto la narrazione si fa criptica, sfaldandosi in un ripetersi ciclico di eventi e variazioni, dove diventa arduo capire chi stia facendo cosa. Nell'opera si insinuano inoltre numerosi sottintesi, fra i quali una vistosa critica al regime iraniano e il possibile amore omosessuale fra il sospettato e la vittima. (FR)
El conde (2023) di Pablo Larraín
Non accolto in maniera particolarmente positiva come altre pellicole biografiche di Larrain, il film del regista cileno è invece, almeno in partenza, una delle sue opere più fantasiose e irriverenti. Avvolto in un bianco e nero retrò e moderno insieme, Augusto Pinochet (Jaime Vadell) ci viene presentato come un vampiro, capace di volare e ovviamente assetato di sangue. In quella che è una sorta di commedia nera, la natura violenta e immortale dei vampiri viene utilizzata come metafora della violenza di numerose installazioni politiche, in particolare quella della dittatura cilena. Sebbene non sempre la satira de "El conde" punga quanto vorrebbe, la fusione operata da Larrain tra la biografia del violento dittatore e la simbologia vampiresca offre spunti interessanti e non manca di divertire. (MC)