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recensione di Diego Capuano
7.5/10

"Una storia vera", si legge nei titoli di testa. E noi lì che stentiamo a crederci. Una storia incredibile e fuori dall'ordinario, eppur tutto è accaduto e la verità è lì a testimoniarlo. La verità è quella che Christine Collins sa di possedere in pugno come in cuore, quella che soltanto una madre in una tale circostanza fuori dall'ordinario può avere. Nella scorribanda di denunce che il film contiene e sostiene, il rapporto filiale resta il cuore pulsante di un'opera dove i groppi alla gola prendono forma attraverso l'umanità di persone coraggiose e ancora in grado non soltanto di marciare verso la giustizia, ma di poter contare su convinzioni da portare avanti ad ogni costo.

In "Changeling", con ribaltamenti e colpi di scena ben temperati, si esplorano torti e ragioni che prima catturano a tutto tondo soprusi e menefreghismo delle istituzioni, poi si conduce un graduale processo di sgretolamento ai danni di queste ultime. Il corpo della polizia di Los Angeles ne esce a pezzi e con esso le istituzioni decise (o costrette?) ad obbedire. Siamo negli anni Venti, ma i sottotesti al mondo d'oggi sono ovvi e le gesta della madre eroina possono essere lette come simbolo di una ribellione verso una società (una politica) che punta il dito in maniera unidirezionale, facendo il bello e il cattivo tempo secondo scopi ed esigenze proprie.
Ad uscirne meglio è, a sorpresa, la stampa, impicciona e affabulatoria quanto si vuole, ma in grado di porre più di un dubbio in merito ai mezzi adoperati dalla polizia per superare e stracciare la concorrenza che insidia il trono.
Mentre il ruolo più contraddittorio è quello della Chiesa: da una parte abbiamo un Dio silenzioso che si limita a guardare l'orrore terreno, dall'altro una comunità di credenti, capeggiati dal pastore presbiteriano Gustav Briegleb che, proprio uniti da una fede, operano per un bene comune che possa situarsi dalla parte dei giusti. La divina provvidenza è limitata e terrena.

Il reparto tecnico contribuisce a rendere inappuntabile la ricostruzione storica: la fotografia di Tom Stern (già assistente di Eastwood in "Million Dollar Baby") dipinge l'era del proibizionismo con toni grigi, le musiche dello stesso Clint sfumano in una malinconia sospesa, le scenografie di James J. Murakami colloca i personaggi in ambienti mai accoglienti ed anche i grandi e freddi spazi pubblici sono in contrapposizione con il caloroso spirito battagliero di Christine, i costumi di Deborah Hopper, infine, sanno rendere miracolosamente un personaggio femminile degno di indimenticate icone del vecchio cinema hollywoodiano. Se il copione avrebbe tutti i crismi di un drammone strappalacrime, Eastwood, però, non dimentica quasi mai l'etica che ha accompagnato soprattutto i suoi film più recenti, guidati da un'estetica impeccabile e che si pone ben lontano dall'idea di autoproclamarsi d'autore, di porsi al di là delle esigenze di ciò che racconta. Carica il film di una costante tensione, che come un virus infetta ogni fotogramma, rende insostenibile l'idea del male che si diffonde tra i terreni di una vecchia casa di periferia, tra scheletri fanciulleschi che ineluttabilmente feriscono lo sguardo dello spettatore. Non c'è mai fastidio, ma un'impotente indignazione che lascia una fioca fiammella di speranza in quel finale aperto, ma non troppo.

Eastwood trova un ulteriore momento di cinema che sa scuotere e porre interrogativi di deriva religiosa nella sequenza dell'impiccagione, da paragonare a quella che chiude il "Breve film sull'uccidere" (o "Decalogo 5") di Krzysztof Kieslowski: laddove nel film del Decalogo era stata più rapida, qui è accompagnata da un montaggio al contempo controllato e nervoso, pronto a catturare più angolazioni. Un'impronta di cinema statunitense, forse, che non equivale certo ad uno sprofondamento nel cattivo gusto.

C'è qualcosa che non torna in "Changeling", nella sceneggiatura così come nel lavoro di Eastwood. A dispetto dell'articolato armamentario sociale da disintegrare, il film è come indirizzato verso un unico senso: rispetto a recenti capolavori del regista (da "Mystic River" a "Million Dollar Baby" a "Lettere da Iwo Jima") il cammino intrapreso è del tutto incorporato nelle gesta del personaggio interpretato (bene) da Angelina Jolie. Probabilmente non un vero e proprio limite, ma una personale corsa contro a fatti e tempi che non sempre riesce a farsi universale. E dispiace che molto del materiale finisce con il risolversi secondo alcuni canoni abusati di (efficaci) flashback e da un (robustissimo) impianto da film processuale.
Un film che possiede un'ampia gamma di stilemi dell'alto cinema eastwoodiano, senza per questo elevarsi a simbolo della sua poetica. Ciò non intacca un melò bello e solidissimo, teso ed emozionante.


16/11/2008

Cast e credits

cast:
Angelina Jolie, John Malkovich, Michael Kelly, Jeffrey Donovan, Amy Ryan, Colm Feore, Jason Butler Harner


regia:
Clint Eastwood


titolo originale:
Changeling


distribuzione:
Universal Pictures


durata:
140'


produzione:
Clint Eastwood, Brian Grazer, Ron Howard, Robert Lorenz per Imagine Entertainment, Malpaso Productio


sceneggiatura:
J. Michael Straczynski


fotografia:
Tom Stern


scenografie:
James J. Murakami, Gary Fettis


montaggio:
Joel Cox, Gary Roach


costumi:
Deborah Hopper


musiche:
Clint Eastwood


Trama
Los Angeles, anni 20. Christine Collins è una donna della società borghese. Un giorno, di ritorno da lavoro, non ritrova suo figlio, lasciato a casa da solo. Dopo alcune indagini, la polizia consegna alla donna un bambino che la donna non riconosce, però, come il figlio scomparso. Christina inizia allora una battaglia contro la polizia, che continua ad affermare di averle restituito il suo vero bambino. La donna finirà ingiustamente in manicomio, ma nel frattempo emerge un'orribile verità
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