Recensione
Patagonia
Il primo lungometraggio di Simone Bozzelli, ci invita a immergerci nell'ambiguità dei rapporti umani, esemplificati nella dinamica tra Yuri e Agostino, sullo sfondo di una periferia abruzzese che oscilla tra anarchia e modernità. Con un approccio crudo e ansiogeno, lontano dalle convenzioni del cinema italiano tradizionale, il film indaga la claustrofobia delle relazioni, riflesso di una disperazione intrinsecamente umana. Attraverso immagini potenti e corporee, viene enfatizzata una concezione del corpo come strumento di espressione emotiva, trasformando il racconto in un'esperienza viscerale che colpisce profondamente lo spettatore
di Marina Manna