Ondacinema

recensione di R. Capra, A. Pettierre
7.0/10

furiosa recensione



Innovazione/ripetizione

In tutta la saga di Mad Max, George Miller non si è mai ripetuto. Ha sempre cercato di aggiungere o cambiare qualcosa, anche rischiando. Il primo episodio, reminiscente di alcuni thriller low-budget che raccontano il progressivo imbarbarimento delle metropoli americane (“Shaft”, “Taxi Driver”, “Il giustiziere della notte”). Il secondo dai toni più western e fantascientifici. Il terzo che vira deciso verso il fantastico in salsa freak. Quindi, dopo trent'anni di iato, il successo planetario di “Fury Road” che innesta un action puro in una straordinaria operazione di world building. Per cui non deve sorprendere che l'ultimo capitolo mostri un'altra decisiva sterzata dal penultimo. Furiosa (Anya Taylor-Joy) era già la protagonista non dichiarata di “Fury Road”, ma “Furiosa” muove un passo ulteriore verso la ridefinizione femminista del genere epico. Protagonista indiscussa in un episodio che per la prima volta non ruota intorno a Max, Taylor-Joy incarna un solido modello di sheroism – anche troppo: quasi non sussulta quando le viene strappato un braccio... muta, risoluta, letale, sembra volersi spogliare di ogni connotato di genere per poter sopravvivere nella Wasteland, ambiente che priva gli esseri umani della loro umanità.
Ma “Furiosa” presenta novità anche negli aspetti tecnici, in primo luogo nell'economia narrativa. Laddove “Fury Road” era costruito tutto in climax furibondi intervallati da plateau che preparavano il climax successivo, “Furiosa” presenta un'apparente suddivisione in capitoli – cinque, di cui il penultimo è nettamente più lungo degli altri – che maschera la canonica partizione in tre atti: infanzia e rapimento, lotte nella Wasteland, guerra e vendetta. Si ripresentano gli amati zoom in/out, le dissolvenze e il fast-motion, ma Miller sembra giocare più su carrellate plastiche in abbondante CGI che sul ritmo forsennato e i continui stacchi di montaggio che caratterizzavano “Fury Road”. L'uso della computer-grafica, sofisticato ma abbastanza sfacciato, avvicina “Furiosa” a un'estetica da videogame, complici alcune sequenze da “sparatutto” come la resa dei conti a Gas Town e le soggettive con il mirino incorporato.


Intensità/vastità

Gli elementi stilistici sopra esposti ci possono indurre a definire la pellicola come un esempio di shoot game movie, dove sussiste il doppio significato inglese di to shoot – da un lato, sparare, lanciare, tirare, cacciare, dall’altro, filmare, riprendere, girare – nell’accezione di uno spettacolo in cui l’azione “sparatutto” s’innesta esteticamente anche nel meccanismo cinematografico (di messa in scena, in quadro e in serie). E questo sottogenere trova ulteriori esempi recenti come in “John Wick” e seguiti (in particolare, nel quarto episodio della serie) e vede come suo precursore “Matrix” e il “bullet time”, dove si “gioca” sulla velocità del proiettile e dei duelli con le armi da sparo. In “Furiosa” viene utilizzato maggiormente il montaggio intensivo e l’accelerazione dei frame che porta a movimenti slapstick di molti personaggi nei vari inseguimenti e negli scontri sulle strade, le piste e le dune del deserto australiano.
Proprio l’utilizzo del deserto come spazio filmico e luogo geografico liminale è una caratteristica che rimane interessante e prioritaria in “Furiosa” nella definizione del world building. In particolare, la costruzione di Gas Town che si erge verso l’alto con la sua architettura industriale sul lago di petrolio e chiusa in un fortino, che rimanda al secondo episodio della saga, ma con un taglio molto più di luogo di sfruttamento delle risorse energetiche al solo fine della mera sopravvivenza. Al contrario di Bullet Farm che si sviluppa verso l’interno con la sua pista circolare verso il basso e l’antro della miniera che riporta alla mente l’immaginario di un girone infernale e in cui c’è lo scontro più violento tra Furiosa e Dementus. Miller ritorna al deserto australiano – le riprese sono state fatte nei dintorni della ex città mineraria di Broken Hill e nella cittadina di Silverston nel Nuovo Galles del Sud – girando di nuovo in alcuni luoghi che hanno fatto da scenografia del secondo episodio. Anche questo rimettere piede nel deserto australiano, dopo quello della Namibia protagonista di “Fury Road”, appare come una metafora dell’inconscio milleriano a un andare all’origine (origin story di Furiosa e di Miller) della nascita della saga di Mad Max. Del resto, il deserto è un luogo sia di trasformazione sia di finis terrae, così come lo era anche in “Dune-Parte due”, spazio ancestrale dove l’umanità non è altro che di passaggio. Ma se il deserto africano è “povero”, quello giordano e degli emirati di Dune è ricco della risorsa della spezia/petrolio, il deserto australiano è totalmente “post-”: industriale, atomico, umano.


Perdite/conquiste

Se già in “Fury Road” Miller aggiornava i temi post-apocalittici inserendo in modo più esplicito la dimensione di comunità resistenti di tipo patriarcale in una società del tutto dissolta per la crisi socio-economica, in “Furiosa” espande anche visivamente il mondo delle Terre Desolate. Così se tutto il sottotesto socio-politico, nel precedente, era incentrato sulla Cittadella di Immortan Joe e Furiosa che anelava al ritorno al Luogo Verde delle Molte Madri (ormai scomparso), in “Furiosa” sono mostrate sia Gas Town sia Bullet Farm che compongono la triade di località della geografia liminale delle Terre Desolate. Rispetto alla pellicola precedente, “Furiosa” perde in compattezza stilistica trasformandosi a tutti gli effetti in un coming of age di come Furiosa da bambina nell’eden delle Molte Madri si trasformi in Imperatrice dei Figli di Guerra nella Cittadella di Immortan Joe, attraversando tutte le tappe composte di ostacoli, prove, lotte, affermazioni, perdita di sé (morale e fisica) fino alla vendetta finale nei confronti di Dementus, causa del suo rapimento infantile. Ma tutto ciò è spiegato e raccontato attraverso dinamiche storiche tra i vari Signori della Guerra, in una narrazione molto più didascalica.
In questa narrazione, l’elemento più interessante è la rappresentazione dello scontro tra Dementus e i Signori delle Terre Desolate: la sua orda informe di corpi, scorrazza nel deserto e porta il caos all’equilibrio patriarcale, arrivando a sfociare in un vero e proprio conflitto bellico. Miller fa dire a uno dei suoi personaggi come l’umanità sia sempre stata inevitabilmente soggetta a scontri armati enumerando le guerre mondiali del Novecento, per poi elencare “la Terza guerra mondiale, le guerre nucleari, la guerra del petrolio, quella per l’acqua e infine quella dei Quaranta giorni delle Terre Desolate”, come una sintesi delle concause che hanno portato al mondo di Mad Max e di Furiosa. Ma Miller, se dettaglia i violenti scontri a fuoco nei vari capitoli, decide di risolvere la guerra in poche scene con un montaggio ellittico e intensivo. Metafora di un innato senso di violenza insito nell’umanità e che raccoglie gli ultimi umori della società contemporanea, eludendone la messa in scena totale quasi a esorcizzare una paura diffusa e liquida (Bauman docet). Così la guerra finale diventa la pedana di lancio all’epilogo vendicativo di Furiosa nei confronti di Dementus.


Sacrifici/miracoli

Il cambiamento più radicale è senz'altro il ricorso ai dialoghi, mai così importanti nell'economia del racconto. Funziona? Dipende. Il cosmo milleriano diventa più leggibile nei suoi vari sottotesti ma anche meno coinvolgente. “Fury Road” lo ricordiamo soprattutto per alcune scene visionarie (Max trasformato in una flebo umana, Angharad incinta che finisce sotto le ruote di Immortan Joe, il tamburino-metal Coma-Doof) mentre in “Furiosa” i momenti topici coincidono spesso con i dialoghi: Immortan e Dementus, Praetorian Jack e Furiosa, Furiosa e Dementus.
Forse così si spiega la scelta di Chris Hemsworth, attore particolarmente magnetico nella declamazione (aspetto che, ovviamente, si perde con il doppiaggio), più teatrale che carismatico, tanto che nella ricca galleria dei villain della saga il suo Dementus risulta forse il meno convincente di tutti, sicuramente il meno iconico. L'identificazione finale tra Dementus e Furiosa, entrambi “already dead” come tutti i personaggi che abitano la Wasteland, assomiglia al rapporto che lega Joker e Batman. Anche se Dementus si avvicina di più, ascoltando il monologo finale, a un altro grandissimo villain del cinema recente, il Fitzgerald di “Revenant” interpretato da Tom Hardy (che in “Fury Road” interpretava proprio Mad Max). La vendetta emergeva in “Revenant” come passione improduttiva, fuoco sterile che brucia senza scaldare. In “Furiosa” le cose non stanno esattamente così: mentre il sacrificio del femminile (la madre di Furiosa) non porta che dolore e disperazione, ecco che invece la vendetta di Furiosa sui suoi aguzzini, del femminile e del materno sul patriarcato, fruttifica in maniera miracolosa. Persino nella Wasteland.


29/05/2024

Cast e credits

cast:
Anya Taylor-Joy, Chris Hemsworth, Alyla Browne, Lachy Hulme, Tom Burke, Nathan Jones, Josh Helman, John Howard


regia:
George Miller


titolo originale:
Furiosa โ€“ A Mad Max Saga


distribuzione:
Warner Bros. Pictures


durata:
148'


produzione:
Village Roadshow Pictures, Kennedy Miller Mitchell


sceneggiatura:
George Miller, Nico Lathouris


fotografia:
Simon Duggan


scenografie:
Colin Gibson


montaggio:
Eliot Knapman, Margaret Sixel


costumi:
Jenny Beavan


musiche:
Tom Holkenborg


Trama
La storia di Furiosa, da bambina felice nell'Eden delle Molte Madri fino a diventare l'Imperatrice dei Figli di Guerra di Immortan Joe signore della Cittadella nelle Terre Desolate del mondo post-atomico di Mad Max.
Link

Sito ufficiale