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La serie tenta la titanica impresa di adattare un'opera complessa in otto episodi, visivamente eccellente ma la narrazione è troppo frenetica e perde di valore


Il vero problema non sono i 3 corpi ma il tempo

C’è una bellissima puntata di "Match", programma RAI del 1977, in cui si scontrano Mario Monicelli e Nanni Moretti. La nuova scuola che incalza la vecchia. Oltre a offrire un drammatico quanto nostalgico affresco su cosa sia diventato oggi l’intrattenimento paragonato a quello di soli cinquanta anni fa, i due si confrontano su cosa fosse il cinema in quel momento. Monicelli rispondeva molto bene alle accuse a volte naive di Moretti, ma al contrario aveva una visione del cinema, soprattutto quello americano, molto meno lungimirante rispetto al nuovo pupillo Nanni. Era un ottimista, pensava che il cinema di Hollywood, fatto di blockbuster e intrattenimento non avrebbe avuto molto futuro. Mentre tutti lodavano "Lo Squalo" di Steven Spielberg lui vedeva in quelle pellicole già il declino del cinema occidentale, definendolo "un cadavere che sta in piedi e non sa d'essere morto e ancora un prodotto che va avanti ad iniezioni di formalina".


Stagione 1

La prima stagione de "Il problema dei 3 corpi" è stata creata da David Benioff, D.B. Weiss e Alexander Woo. I primi due sono noti per il loro successo con "Il Trono di Spade", mentre Alexander Woo ha lavorato tra le altre cose a "True Blood". Tratta dall’omonimo romanzo di Liu Cixin, è il primo capitolo della trilogia "Memoria del passato della Terra". Il romanzo era già stato adattato per la TV cinese nel 2023 con "Sān tǐ".

La trama si svolge in due periodi distinti, collegati da un filo conduttore scientifico e filosofico. S'inizia con la Rivoluzione Culturale in Cina nel 1967 dove alcuni eventi traumatici cambiano profondamente la giovane Ye Wenjie (interpretata da Zine Tseng da giovane e Rosalind Chao da adulta). Inizia così a lavorare a un progetto governativo segreto presso la base Red Coast, agenzia che si occupa di cercare un contatto con civiltà extraterrestri. Nel presente, un gruppo di scienziati, tra cui Auggie (Eiza González) e Jin (Jess Hong), iniziano a notare anomalie quotidiane che sfidano le leggi della fisica. Questi eventi oltre a includere fenomeni straordinari come il cielo notturno che lampeggia e conti alla rovescia mortali, sfociano in un avanzato gioco di realtà virtuale che sembra avere legami con le bizzarre occorrenze. Il gioco diventa un punto focale della serie, collegando i giocatori con gli enigmi dell'universo alieno.

I personaggi principali, tra cui scienziati come Auggie e Jin, sono profondamente coinvolti nel tentativo di decifrare i segreti dietro queste anomalie ma nel farlo subiscono pressioni psicologiche incredibili che influenzano le loro vite. Intanto il gioco in realtà virtuale li introduce in scenari di civiltà aliene e crisi cosmiche. I personaggi sperimentano la difficoltà di prevedere le dinamiche di un sistema solare con tre soli, noto come il problema dei tre corpi appunto. Parallelamente, nel corso della serie emergono le ramificazioni delle azioni passate di Ye Wenjie, risulta chiaro che i suoi messaggi inviati nello spazio hanno ricevuto una risposta, ma non nel modo sperato. Una civiltà aliena inizialmente pacifica decide di venire sulla Terra iniziando un viaggio di 400 anni, nel mentre però cambia idea su i terrestri, prima reputandoci amici e poi come incapaci di onestà e fiducia, creando così timore in tutta la popolazione. Si chiude più o meno qui l’ultimo episodio lasciando aperti tantissimi interrogativi che aprono la strada alle prossime stagioni.

La serie evidenzia la sfida titanica di adattare un'opera letteraria molto complessa in soli otto episodi da cinquanta minuti ciascuno. Nonostante gli effetti visivi ben realizzati, il risultato finale risulta insoddisfacente. La trama, intrisa di sfumature culturali, filosofiche e scientifiche ha il potenziale per essere davvero affascinante, la narrazione però non offre allo spettatore il tempo necessario per immergersi veramente nella storia. Si procede in modo frenetico, come se l'autore fosse ansioso di svelare una serie di prodigi ma senza il tempo adeguato per farlo.

Dal punto di vista meramente visivo, il risultato è molto buono. La qualità delle immagini è di ottima fattura, così come la recitazione degli attori fatta esclusione per Eiza Gonzàlez (Auggie Salazara) che rimane al di sotto dei colleghi con una recitazione forzata per tutta la stagione. Gli effetti speciali sono allo stato dell’arte e la loro quantità è sorprendente, impensabile fino a pochi anni fa una produzione così imponente per una sola singola serie. La regia adotta una tecnica e un virtuosismo simili a quella delle serie americane recenti ("The Umbrella Academy", "La regina di scacchi", "One Piece"), con stacchi veloci e dialoghi semplici volti a spiegare subito allo spettatore ciò che sta succedendo. Tuttavia, sebbene il prodotto sia molto ben confezionato nulla brilla per originalità infatti tutta questa tecnica pare essere meramente volta a intrattenere e confondere e non resta funzionale ad aiutare la trama. Da sottolineare però una lunga scena centrale in cui un’enorme rete di nanofibre scompone completamente una nave merci, equipaggio incluso, da vedere.

Vi state chiedendo ora perchè abbiamo scelto di riflettere sulle parole di Monicelli per introdurre questa serie di Netflix: sicuramente uno dei motivi è che è stata preceduta da una delle campagne mediatiche più vaste e riuscite degli ultimi anni, inclusa una strategia di guerriglia marketing che ha simulato attacchi hacker a stazioni ferroviarie italiane. Tuttavia, il motivo principale è che in questa serie come in pochissime altre le cosiddette iniezioni di formalina, ovvero le numerose trovate usate per incrementare l’hype di ogni scena (musiche in levare, non detti, effetti speciali) hanno paradossalmente danneggiato la serie. Questi artifici non solo hanno occupato spazio che sarebbe dovuto essere dedicato allo sviluppo della trama e alla tridimensionalità dei personaggi, ma hanno anche eroso ogni senso di suspense, compromettendo l'essenza stessa della narrazione.

È davvero un peccato, perché si perde così il vero senso di questo progetto. La forza della serie non dovrebbe risiedere negli effetti speciali o nei cronometri visivi che ticchettano negli occhi degli scienziati ma nell'approccio filosofico e nelle riflessioni che dovrebbero emergere da essa. Il problema è che non c'è tempo per riflettere; mancano i momenti di pausa, tutto si svolge in un unico respiro affannoso. Non è stata recepita la lezione di J.J. Abrams. Se pensiamo a "Lost", serie trasmessa dal 2004 al 2010, con cui questa serie condivide molto, soprattutto una forte tematica legata al tempo, alla fisica e fa della sua forza gli eventi inspiegabili, ecco "Lost" impiega gli stessi escamotage visivi e sonori ma riesce a creare molta suspense e curiosità a volte fin troppa rispetto al suo svelamento. L’approccio stilistico de "Il problema dei tre corpi" ha accelerato e appiattito la narrazione, dissipando lo spazio vitale necessario per far respirare la storia e i suoi misteri. Nonostante le carenze della serie televisiva, il materiale di partenza possiede una qualità intrinseca e una profondità tali da invogliare a una esplorazione più dettagliata e riflessiva della storia.
Le prossime stagioni potrebbero riservare delle sorprese.

Il problema dei 3 corpi
Informazioni

titolo:
Il problema dei 3 corpi

titolo originale:
3 Body Problem

canale originale:
Netflix

canale italiano:
Netflix

creatore:
David Benioff, D. B. Weiss e Alexander Woo

produttori esecutivi:
Duncan Muggoch, Hameed Shaukat, Steve Kullback

cast:

Jess Hong, Liam Cunningham, Eiza González, Jovan Adepo, Jonathan Pryce, Benedict Wong, Alex Sharp, Rosalind Chao, John Bradley, Saamer Usmani, Marlo Kelly, Sea Shimooka, Zine Tseng

anni:
2024