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Soldini, Mastandrea, Zingaretti, Rohrwacher, Gerini - Speciale Il comandante e la cicogna

Un cast "all star" per la nuova commedia di Silvio Soldini: raccogliamo i pareri dei protagonisti

ROMA. Silenzio. Parla Garibaldi. E non è solo, parlano anche le statue intorno alla sua e sono corpi della lezione morale su cui batte fortissimamente il cuore del neofilm di Silvio Soldini. Partendo da qui: "Questo popolo non è fatto per governarsi da sé... un dubbio mi cova dentro: non sarebbe stato meglio tenersi gli austriaci?". E se a chiederselo è Garibaldi e non un passante, significa tutto. Tutto il senso di un film che vuole commedia e arrabbiatura. Per tutto ciò che non cambia in questo paese che non sa nulla di morale e ride in faccia all'etica.

Il titolo recita "Il comandante e la cicogna": il comandante si presenta subito, statuario per l'appunto, in prima sequenza; la cicogna sta a guardare dall'alto, "a volare sulle nostre porcherie". E su una Torino che non è quella spiaccicata in molti film per far contenti la Film Commission, ma una Torino che solo chi conosce non scambia per un'altra città, una Torino senza Mole, "una città un po' immaginaria - chiosa Soldini - mix di Milano e Torino, con piazzette inventate, statue sparse qua e là, del tutto rifatte e posizionate ad arte, con anfratti torinesi assolutamente poco noti".
Insomma, una Torino-Italia e basta. Una Torino sintesi di tutte le città possibili, ma solo nel nostro incivile paese che, pure, è ben più sporco e cattivo e cialtrone di quanto non appaia nel film. E una ragione c'è: "Il film non è nato dalla voglia di raccontare le sporcizie d'Italia, perché sarebbe venuto fuori qualcosa di grottesco, ma dalla voglia di andare oltre, di andare a raccontare dei personaggi più puri che continuano ad avere dei valori che in questo mondo si stanno perdendo sempre più. Attraverso la loro purezza che si sta perdendo, racconto la mancanza di purezza dell'Italia di oggi. In commedia perché avevo voglia di distacco e ironia, ma anche attraverso la commedia volevo dire cose importanti e anche gravi sul nostro paese. Dopo due film girati il più possibile dentro la realtà, alla ricerca di uno stile quasi documentaristico, avevo voglia di tornare alla leggerezza, all'ironia, a una storia ariosa e corale. Ho persino pensato per un po' di fare un musical, ma poi è stata più forte la voglia e l'esigenza di parlare di questo nostro melmoso paese dove è sempre più difficile abitare e vivere per la volgarità imperante, la corruzione, il cattivo gusto, la furbizia della politica. L'idea della statua viene da lontano ed era perfetta per questo".

Tra le statue (che parlano con la voce di Pierfrancesco Favino, Gigio Alberti e Neri Marcorè) Valerio Mastandrea, idraulico con figli adolescenti da gestire da solo e moglie defunta, una burrosa Claudia Gerini che compare solo a lui sempre nel bikini del giorno della morte, Alba Rohrwacher, ragazzotta che insegue l'arte ma non ha una lira, Giuseppe Battiston, il moralista aspirante moralizzatore della situazione, e persino un Luca Zingaretti con lungocapello da piacione, avvocato di politici corrotti e fauna varia. Tutti a parlare dialetti diversi. È stato divertente? "Il problema era non solo usare il dialetto ma farlo senza caricatura, che è il problema di ogni commedia - dice Zingaretti - Per me è stato molto divertente e mi son trovato a sorridere di me stesso. Vorrei che questo film piacesse tanto quanto è piaciuto a me girarlo e poi trovo bellissimo vedere in un film stratificate tante chiavi di lettura: tenerezza, amarezza, degrado raccontato dalla statue...". E se Mastandrea confessa: "Era uno dei mie sogni nel cassetto fare il napoletano perché lo ritengo un dialetto bellissimo. Ma è stata una scelta casuale, io dovevo essere un settentrionale ma abbiamo provato dei modi di parlare e non trovavamo quello giusto, così io ho proposto il napoletano e, dopo di me, sono stati scelti di conseguenza gli altri dialetti che dovevano rappresentare l'Italia tutta, nel suo racconto morale e non moralizzante... detto ciò, io non mi piaccio mai troppo". La Rohrwacher ammette che "rispetto a 'Giorni e Nuvole', qui ho cercato un parlar veneto ma con più di fantasia , non vi stupirete molto", mentre voleva fare la napoletana anche Claudia Gerini, cui invece è toccato il genovese e che ammette "è un film che mi ha emozionato e penso che un personaggio così non mi capiterà mai più".

Ma forse non bastano i dialetti variegati a raccontare l'Italia intera, paese disomogeneo, dissimile in tutto, disaggregato nonostante tutto.





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