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recensione di Antonio Pettierre

Un grande artigiano del cinema

Richard Fleischer (1916 - 2006) è uno dei tanti registi che hanno dato corpo e lustro alle fantasie collettive, mettendo al servizio della macchina produttiva cinematografica degli Studios hollywoodiani capacità ed estro. Uno di quei registi di profonda cultura umanistica direttori di film spettacolari di genere thriller, storici, western, drammatici, fantascienza, tra alti e bassi, ma sempre diretti con grande professionalità e attenzione alla migliore riuscita tecnica e valorizzazione delle interpretazioni. Uno di quei registi poco valutato, se non proprio dimenticato, spesso ricordato per un singolo film: “Le jene di Chicago” (1952), “20.000 leghe sotto i mari” (1954), “I diavoli del Pacifico” (1956), “I vichinghi” (1957), “Frenesia del delitto” (1958), “Barabba” (1961), “Viaggio allucinante” (1965), “Lo strangolatore di Boston” (1968), “Tora! Tora! Tora!” (1970), “L’assassino di Rillington Place n. 10” (1970), “I nuovi centurioni” (1972), “La banda di Harry Spikes” (1974), sono diretti da Fleischer e hanno avuto grande successo di pubblico e un riscontro positivo da una parte della critica, specialmente quella francese dei “Cahiers du Cinéma” e di “Positif”.
Fleischer è figlio d’arte, suo padre è Max Fleischer, uno dei pionieri dell’animazione, creatore dei personaggi di Braccio di Ferro e Betty Boop, e fin da piccolo respira e si nutre della bellezza e delle potenzialità delle immagini in movimento, vivendo l’atmosfera del lavoro del genitore con i suoi collaboratori durante riunioni a casa sua nei fine settimana.
Studia medicina e psichiatria alla Brown University negli anni 30, ma la sua passione è anche il teatro. Su suggerimento del padre s’iscrive al corso di drammaturgia alla Yale School e decide che quella è la sua strada. Viene notato da un talent scout della RKO durante la messa in scena di una commedia all’università. Dopo la laurea, durante la Seconda Guerra Mondiale, lavora a New York alla Pathé films dove apprende le tecniche cinematografiche prima di trasferirsi a Hollywood sotto contratto con la RKO, che lo fa debuttare nel ’46. Anche se non è considerato un “autore”, nella realtà nel suo cinema si possono riscontrare uno stile di messa in scena e una ricerca di soluzioni visive costanti, così come l’attenzione alle introspezioni psicologiche dei personaggi e agli aspetti sociali degli eventi influenzati dagli studi universitari.


Cannibalismo etico

“2022 – I sopravvissuti” (“Soylent Green”) è tratto da “Largo! Largo!” (Make Room! Make Room!, 1966) di Harry Harrison, scrittore di fantascienza muscolare e avventurosa, famoso per il ciclo del “Ratto di acciaio inossidabile” – ladro intergalattico protagonista di avventure in differenti pianeti e società aliene -, autore dei testi dei fumetti di Flash Gordon negli anni 50. Se il romanzo era incentrato sul protagonista Thorn, detective della polizia alle prese con la risoluzione di un delitto, la sceneggiatura di Stanley R. Greenberg, su input di Fleischer, amplia maggiormente, facendone il cuore del film, la denuncia sociale sullo sfruttamento delle risorse naturali. Nel romanzo questo tema rimane un ambiente in cui agisce il protagonista, al contrario della pellicola in cui la messa in scena di una società futura ormai al suo degrado sociale e antropologico ne diviene il contenuto principale, mentre la detection dell’omicidio dell’amministratore della Soylent, su cui indaga Thorn, diventa la causa scatenante per esplorare altro.
I bellissimi titoli di testa sono una sintesi storico-sociale, una sineddoche di tutta la società del futuro: con un semplice slideshow di immagini viene mostrata l’evoluzione tecnologica che va dalla Seconda rivoluzione industriale, con l’invenzione del motore a scoppio, al fordismo e alla catena di montaggio, dalla produzione di montagne di rifiuti alle città industrializzate, immerse nello smog e affette da sovrappopolazione, con foto di persone che indossano mascherine chirurgiche, la mancanza di risorse alimentari. In modo molto semplice, ma altrettanto efficace, Fleischer implode due secoli di Storia fino ad arrivare ai giorni in cui si svolgono gli eventi che racconta.
Aiutato dalla consulenza tecnica del professor Frank R. Bowerman, direttore dell’Environment Engineering Programs dell’Università della South California, Fleischer crea una distopia nel 1973 anticipando in modo profetico la crisi economica e climatica dei giorni nostri. La pellicola appare quasi un manifesto futuro e l’anno 2022 in cui si svolge la vicenda – nella sua estremizzazione – non è così molto lontano da quello che le cronache odierne e il disastro globale a cui stiamo andando incontro ci mostrano quotidianamente.
Se la New York di “2022 – I sopravvissuti” conta quaranta milioni di abitanti, con la gente che vive per strada, sulle scalinate dei palazzi, nelle auto trasformate in ripari e le chiese in dormitori, dove i corpi disseminano i marciapiedi, la folla impazzita fa la fila per prendere le gallette di soia della Soylent, multinazionale mondiale sfruttatrice le risorse del pianeta, la vita in molte megalopoli contemporanea dell’Asia, dell’Africa e del Sud America non sono poi così distanti. Le guerre contemporanee per il controllo delle risorse mondiali, l’industrializzazione alimentare sintetica, le pandemie, la politica nazionale sottomessa alle aziende che controllano il mercato globalizzato appaiono una realistica conferma della rappresentazione del film di Fleischer.
Thorn vive in un piccolo appartamento con il suo compagno, Solomon Roth, un vecchio uomo-libro, aiutante nelle sue indagini, lui ex professore universitario che sa leggere e scrivere a differenza di un ignorante detective, un lupo in caccia nell’immenso gregge di uomini, donne e bambini ridotti a vittime predestinate.
Il titolo originale mette in evidenza il vero elemento della detection di Thorn: il Soylent verde ultra-proteico, distribuito alla popolazione affamata, è il prodotto dei cadaveri riciclati, in un mondo in cui il plancton, ultima risorsa disponibile, è esaurito da tempo. L’omicidio di William R. Simonson (Joseph Cotten), membro del consiglio di amministrazione della Soylent, è compiuto per mantenere il segreto di un uomo con rimorsi di coscienza e incapace di continuare a mentire. Thorn riesce a scoprire il tragico mistero intorno alla Soylent grazie al sacrificio di Sol che va al Tempio, dove le persone, ormai disperate, malate o vecchie, volontariamente accettano l’eutanasia per pochi minuti di bellezza con filmati colorati immersi nelle musiche di un mondo pieno di vita ormai scomparso.
In una società in cui la cultura e l’arte sono ridotte ai minimi termini, appannaggio dell’élite, rifugiata in complessi condominiali controllati e dietro alte mura di cemento, leggere libri è riservato a pochi come Sol. La società di “2022 – I sopravvissuti” è iniqua e pochi hanno la possibilità di avere l’acqua calda, comodità personali, appartamenti illuminati e spaziosi, la vera carne ormai è una rarità, mentre la massa della popolazione sopravvive e non può emigrare in luoghi diversi dai centri urbani. Le regole democratiche sono un lontano ricordo, le fattorie sono presidiate da autorità armate e la polizia utilizza degli escavatori per disperdere la folla durante le sommosse per la mancanza del cibo. Se uno si ferisce o si ammala è già morto, visto che la sanità pubblica è inesistente. La religione è ridotta ad assistenzialismo: da un lato, abbiamo la chiesa, dove il prete ha ricevuto la confessione di Simonson sul terribile segreto della Soylent, ridotta a luogo affollato di senzatetto, alla ricerca di un giaciglio, e “Dio è morto” in un inferno di carne; dall’altro, c’è il Tempio, lucido, enorme, pulito, organizzato, rappresentante la nuova religione della Morte, diventata l’unica via di fuga da un mondo senza speranza, che dona qualche momento di felicità in cambio della vita e della consegna volontaria del corpo per essere introdotto nella catena alimentare. L’oggettificazione delle persone arriva fino alle ragazze legate agli appartamenti dei ricchi: Shirl (Leigh Taylor-Young) è trasformata in una “fornitura” dell’appartamento di Simonson e alla sua morte sarà accettata dal nuovo inquilino.
Fleischer, per rendere ancora di più la claustrofobia di uno spazio esterno, oltre alla massa di comparse, gira tutto in studio e gli esterni sono trasformati in interni concentrazionari in cui l’essere umano è costantemente in gabbia, in una metropoli trasformata in un enorme campo di concentramento (o di allevamento). Un cannibalismo non solo alimentare ma sociale, in cui l’umanità è ricaduta in uno stato naturale dove l’unica regola è quella della sopravvivenza del più forte.


Iconologia emozionale

Protagonisti di “2022 – I sopravvissuti” sono Charlton Heston nel ruolo del detective Thorn e Edward G. Robinson in quello di Sol Roth. Entrambe icone del cinema e corpi attoriali identificabili e storicizzati al di là del ruolo che ricoprono all’interno della diegesi del momento.
Heston, negli ultimi anni della sua vita, è stato un campione del conservatorismo politico americano, su posizioni di destra e volto pubblico della “National Rifle Association of America”, la fondazione dei produttori delle armi, potente lobby che determina la politica del Congresso e impedisce qualsiasi regolamentazione della diffusione delle armi da fuoco negli USA. Ma negli anni 60 e 70 l’attore era su posizioni progressiste e libertarie, protagonista di molte pellicole della New Hollywood interpretando personaggi ambigui e complessi. Negli anni 70, in particolare, il suo volto è abbinato a pellicole fantascientifiche nel campo della denuncia sociale: oltre al film di Fleischer, “Il pianeta delle scimmie” di Franklin J. Schaffner o “1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra” di Boris Sagal.
Edward G. Robinson è uno dei grandi attori dell’epoca classica hollywoodiana, divo negli anni 30 dei gangster movie, protagonista nel capolavoro “Piccolo Cesare” di Mervyn LeRoy, e negli anni 40 della stagione del noir americano, come “La fiamma del peccato” di Billy Wilder, “Lo straniero” di Orson Welles o i noir di Fritz Lang.
Il confronto tra Heston e Robinson è anche tra il cinema moderno e quello classico. Se Heston era all’apice della sua maturità, l’attore di origini rumene è al suo canto del cigno e muore pochi giorni dopo la fine delle riprese, non riuscendo a vedere il lavoro terminato. I due corpi attoriali riassumono emblematicamente la forza espressiva dei contenuti di “2022 – I sopravvissuti” in un confronto emotivo che squarcia lo schermo in duetti in cui la forma visiva avvolge i due attori. In questo senso abbiamo due sequenze significative in cui la recitazione si transustanzia dal set cinematografico alla realtà. Il primo lo abbiamo quando Heston, dopo il sopralluogo nell’appartamento di Simonson, torna da Sol con una bistecca di manzo, qualche verdura, una mela e del liquore. Sol prepara la cena e tutto è giocato sulle espressioni facciali dei due interpreti, senza dialoghi, ma con campi e controcampi che li inquadrano seduti al piccolo desco, pregustando l’ultimo pasto per Sol e il primo e vero cibo mangiato da Thorn.
La bravura di Fleischer è inserire la sequenza nel momento della consegna dei libri della Soylent (ricerche oceanografiche riservate) a Sol e da cui lui è il primo a scoprire la verità. La scena è un turning point molteplice: narrativo, inizia la rivelazione del segreto del soylent verde; semiologico, è un’“ultima cena” laica in cui Robinson riveste una sintesi cristologica prima del sacrificio al Tempio; e, infine, attoriale, dove i due attori sono uno di fronte all’altro e danno sfoggio delle loro gamme espressive in un confronto diretto visuale.
L’altra sequenza è all’interno della sala dell’eutanasia del Tempio. Robinson mette in scena la sua morte fisica, che avviene di lì a poco, il suo addio al cinema e all’esistenza mimetizzata con il mondo perduto dell’umanità e della bellezza del mondo lasciato alle spalle. Oltretutto, il primo piano di Heston esprime tutto il rammarico della perdita con lacrime vere che scendono sul volto dell’attore, tra l’altro l’unico a sapere della gravità dello stato dell’amico, in un passaggio metacinematografico tra vita reale e finzione di grande carica emotiva nel primo climax della pellicola.
La necessità di due corpi attoriali così ben definiti e identificabili è voluta da Fleischer anche per sollevare i protagonisti dalla folla di corpi che riempie le sequenze di massa. La bravura di Fleischer nella gestione del set e nella messa in scena è testimoniata nella sequenza della rivolta per la fine della distribuzione del Soylent verde. Girata in quattro giorni negli studi di Culver City della Metro Goldwyn Mayer, Fleischer, con l’aiuto del direttore della fotografia Richard H. Kline, con cui ha un’intesa immediata (e collaborerà in seguito in altri lavori), posiziona diverse cineprese sul set, riuscendo con un numero ridotto di comparse a creare una rivolta di massa. Gestisce lo spazio esterno in cui la folla si muove come un corpo collettivo e dove Heston si sposta all’interno di esso inseguito dal killer prezzolato a cui hanno ordinato di ucciderlo visto che non rinuncia alla sua indagine.
Uno degli elementi caratterizzanti la scena sono l’utilizzo di spalatrici che raccolgono i corpi per gettarli nel cassone dei camion: oltre alla potenza visiva dell’oggetto meccanico in azione, egli diventa una forte metafora dell’umanità ridotta a rifiuti da raccogliere per le strade, letteralmente della spazzatura.
Del resto, gli oggetti e gli elementi profilmici sono tutti iconici nella definizione del mondo di “2022 – I sopravvissuti”. Dal dettaglio della fettina di manzo appesa all’interno dell’emporio del centro condominiale per ricchi che appare un tesoro; dal cucchiaino sporco di marmellata di fragole che Thorn ruba dall’appartamento della guardia del corpo di Simonson; dalla saponetta, dalla carta e dalle matite che dona a Sol, simboli di ricchezza. Ogni oggetto ha un valore non solo intrinseco, ma di icone generiche dell’assenza di essi nella società futura, beni comuni trasformati in voluttuari alla stessa stregua del cibo sostituito da gallette insapori e inodori.
La fotografia desaturata, in cui i colori caldi sono predominanti, in una palette di sfumature dall’arancio al giallo, dal bluette al grigio, crea una forma visiva raffigurante un’estate eterna in cui il caldo impera, con il sudore che cola dal collo dei protagonisti, e una nebbia di calore, ottenuta con effetti ottici, realizza un’atmosfera opprimente e comunica matericamente il soffocamento non solo fisico, ma psichico ed emotivo della città.


La fantascienza sociale degli anni 70

Secondo Bandirali e Terrone (2006) il genere fantascientifico si basa sul rapporto di Estensione Ontologica e Intensità Tecnologica. Nel primo aspetto, l’ontologia è composta da quella primaria – la realtà – e da quella secondaria – la rappresentazione filmica della realtà – e la fantascienza è caratterizzata da quanto l’estensione della secondaria sia più lontana da quella primaria. In questo senso, “2022 – I sopravvissuti” rientra, storicamente, in quella “mutazione sociale” caratterizzante molte pellicole della fantascienza degli anni 70, in cui il futuro distopico parte da elementi sociali reali e pensa a “come potrebbe essere la società del futuro se…”. L’Intensificazione Tecnologica avviene non in ambito prettamente tecnologico, ma in quello economico, sociale e politico. La forma costituente l’ontologia secondaria è progressiva/regressiva in cui il progresso tecnico delle multinazionali fa da contraltare alla riduzione, se non alla mancanza, delle risorse naturali e del decadimento dell’intera società umana. Dobbiamo però evidenziare che, dal momento della sua uscita a oggi, si è ridotta l’Estensione Ontologica in “2022 – I sopravvissuti” e quella secondaria della realtà filmica appare sempre più vicina a quella primaria della realtà.
La caratterizzazione della fantascienza di questi anni determina anche la scelta stilistica che più si avvicina a una rappresentazione “umile” del prodotto cinematografico. Nella messa in scena della mutazione sociale c’è una rinuncia a effetti speciali e a macchine produttive grandiose con un utilizzo prioritario di effetti ottici e una narrazione composta da temi di distopia sociale. Come abbiamo già scritto, la fotografia utilizzata è quella a colori, rispetto al bianco e nero del passato, con un utilizzo della palette che permette di “rivestire” emozionalmente la scena. Il montaggio è a stacchi improvvisi senza raccordi, per ellissi interne, e permette il procedere della narrazione per successioni di sequenze. Il film di Fleischer ha tutte queste caratteristiche e la messa in quadro si basa su primi piani e totali, sia degli interni sia dei pochi esterni. Fleischer utilizza solo due carrellate: la prima all’interno della chiesa, mostrandoci la folla di corpi accatastati mentre preparano un giaciglio per la notte; la seconda, quando Sol entra all’Ente Supremo, rimasuglio della giustizia passata, mentre la cinepresa lo segue tra gli scaffali pieni di libri, ultima memoria collettiva. Il movimento di macchina appare una puntualizzazione di una contrapposizione tra corpi e mente, tra materia e intelletto, in cui entrambi sono morenti.
L’utilizzo di un montaggio argomentativo e di carrellate ottiche sono la cifra stilistica della pellicola di Fleischer. L’esempio emblematico l’abbiamo nella scoperta di Thorn della fabbrica di Soylent verde. La sequenza inizia a 1:15:04 con uno zoom in dettaglio della bocca e degli occhi di Thorn mentre il corpo di Sol viene portato via. Thorn lascia il tempio e segue il cadavere di Sol per scoprire la verità sulla produzione del cibo. Ha inizio una lunga sequenza senza dialoghi e senza musica, in cui il sonoro è solo diegetico, composto dai rumori dei camion che trasportano i cadaveri, da quelli prodotti dal funzionamento della fabbrica con i nastri trasportatori e un urlo di un operatore, gettato dal detective dopo essere stato scoperto a curiosare nella catena di produzione. La lunga sequenza termina a 1:23:36 quando il poliziotto torna in città e chiama la centrale dal telefono di emergenza prima della sparatoria finale. La sequenza è pura cinematica, in cui la narrazione è visiva e lo sguardo dello spettatore è allineato a quello di Thorn: la sua scoperta della verità sulla produzione del Soylent verde è contemporanea a quella del pubblico.
Alla sua uscita “2022 - I sopravvissuti” ha giudizi contrastanti dalla stampa americana e quasi assente da quella europea. Negli anni è rimasto un cult per gli appassionati, anche se la critica lo ha iniziato a rivalutare solo in tempi recenti. Ma l’opera di Richard Fleischer rimane un esempio di quanto la fantascienza degli anni 70 sia stata così profetica e profonda nell’analisi delle mutazioni sociali in atto per comprendere e leggere meglio la realtà contemporanea.



Fonti bibliografiche

Alberto Morsiani (a cura di), Piovre, vichinghi e ladroni. Le 20.000 fantasie hollywoodiane di Richard Fleischer, Falsopiano 2016.
Luca Bandirali ed Enrico Terrone, Nell’occhio, nel cielo. Teoria e storia del cinema di fantascienza, Lindau 2008.


25/05/2023

Cast e credits

cast:
Charlton Heston, Edward G. Robinson, Leigh Taylor-Young, Chuck Connors, Joseph Cotton, Brock Peters, Paula Kelly


regia:
Richard Fleischer


titolo originale:
Soylent Green


distribuzione:
Metro-Goldwyn-Mayer


durata:
97'


produzione:
Metro-Goldwyn-Mayer


sceneggiatura:
Stanley R. Greenberg


fotografia:
Richard H. Kline


scenografie:
Edward C. Carfagno


montaggio:
Samuel E. Beetley


costumi:
Pat Barto


musiche:
Fred Myrow


Trama
New York, 2022. Il pianeta è impoverito delle sue materie prime e sovraffollato. Il detective Thorn inizia un’indagine per l’omicidio di un dirigente della Soylent Green, multinazionale che controlla la produzione di cibo ricavato dal plancton marino. Thorn comprende che c’è qualcosa di strano in quel delitto e il suo capo e la Soylent vogliono chiudere il caso come semplice rapina. Ma il detective vuole scoprire cosa c’è dietro l’omicidio e con l’aiuto del vecchio Sol, suo aiutante e “uomo-libro” scoprirà una tragica verità. Ma, ormai, sarà troppo tardi.