Ondacinema

recensione di Diego Capuano
8.5/10

"Arca russa" si pone a due livelli inseparabili e di egual misura e peso: il livello cinematografico e quello storico. È infatti una sfida cinematografica: realizzare un intero film in un unico piano sequenza. Ovvero: esplorare le classiche risorse del cinema, e portarle alle estreme conseguenze. Rischiare molto, pur rimanendo fedeli all'arte.

Una lezione di storia. Pietro il Grande, Caterina, gli zar e altri "storici" personaggi che rivivono in un pezzo di storia della Russia anche moderna: il Museo dell'Hermitage, San Pietroburgo. Ma gli stessi personaggi già citati hanno l'aria di fantasmi sbucati da un passato ancor più remoto di quanto già lo sia effettivamente. I protagonisti umani, assoluti, sono due: "l'europeo", e colui che soggettivamente ci fa da guida. Proprio quest'ultimo rappresenta un emblema: chi è? Da dove viene con precisione? Cosa ci fa nel luogo che regna il film? È in realtà un non-uomo. Trattasi della macchina da presa stessa, di Sokurov se preferiamo essere più puntigliosi, di un suo spirito. Ma è possibile svolgere altre mille ipotesi.

Su di un polo l'opera è molto vicina al documentario, nel suo didatticismo pur sempre fuori da ogni schema, dall'altro è cinematograficamente sperimentale essendo alla ricerca di un punto da "sbucciare" con delicatezza, per poi trovare quel nocciolo geniale pronto ad esplodere.
A differenza di quanto possa sembrare, almeno in un primo momento, questo film contiene un alto tasso di critica contro la società russa, che nel corso dei secoli non ha saputo trovare una vera e propria identità ("che politica è attuata oggigiorno in Russia? Credo che un paese come questo abbia bisogno della monarchia"). E di pessimismo.

È una pellicola subacquea. Una nuotata benefica nella melma luminosa situata nei punti centrali del corpo di una balena, resa da immagini deformate, filtri e lastre speciali, come è d'abitudine fare Sokurov. "Arca russa" è un infinito ballo sul grigio pavimento di una storia che non è mai esistita. Un viaggio da cominciare con pudore, aprendo discretamente il portone principale (la sottile striscia che sottolinea i nomi dei titoli di testa, dà l'impressione di una porta socchiusa, dalla quale si riesce ad intravedere un raggio di sole), e proseguire man mano con un interesse che diviene sfocata euforia di inizio/fine del mondo. Né mancano gli attimi umoristici, di una surrealità quasi di ghiaccio. Come freddo può sembrare il film stesso, in realtà spiato da una massa di turisti del nuovo millennio, i quali sono impossessati da un animo voyeur più che interessato.

Girato in digitale per scivolare con maggior fluidità, percorrendo i nuovi labirinti: forse luoghi del palazzo mai scovati da essere umano. O almeno solo punti. Come scavare in un quadro solo guardandolo in modo fulmineo. Sentire l'odore di pittura fresca pur essendo stato quello stesso quadro dipinto secoli fa.
Operetta fantascientifica al contrario: gli occhi sono rivolti al passato, filtrato attraverso un cannocchiale con obiettivo simile alle sbarre di una prigione. Marcia inesorabile che si pone domande su certezze ormai ingiudicabili. È una lotta contro passato, presente e futuro. Una lotta che si riduce ad un io contro io, durante la quale l'altro ride alle spalle, guardando una panoramica in uno specchio fatto a pezzi, per fuggire dalla realtà. Un'eclissi di sole nell'inferno del già vissuto. Una battuta spiritosa su di un condannato a morte. E chissà, se fra un ballo di secoli fa potremmo incontrare noi stessi. Quasi irriconoscibili, eppure lì, in azione, in una delle numerose vite già trascorse. Ogni passo di danza col piede destro corrisponderà alla morte di un uomo. Ma ci sarà sempre il piede sinistro, dedito alla nascita.

"Arca russa": quasi indigeribile per qualcuno tanto che è ultraterreno rimanendo, però, con i piedi per terra. È un universo chiuso con porte di cartone pronte ad essere distrutte. È il nostro universo, anche se non vogliamo entrarci.
Ultimi venti secondi che emozionano, scuotono e fanno impallidire.
Aggiunge un altro fondamentale tassello alla carriera di un genio siberiano da noi talvolta vergognosamente non distribuito in sala.
Un kolossal storico-fantascientifico-sperimentale.


09/05/2009

Cast e credits

cast:
Sergei Dreiden, Leonid Mozgovoy, Mariya Kuznetsova, Mikhail Piotrovsky, David Giorgobiani, Aleksandr Chaban


regia:
Aleksandr Sokurov


titolo originale:
Russkiy Kovcheg


distribuzione:
Mikado


durata:
96'


produzione:
Egoli Tossell Film, Fora Film, The Hermitage Bridge Studio


sceneggiatura:
Aleksandr Sokurov, Anatoli Nikiforov, Boris Khaimsky, Svetlana Proskurina


fotografia:
Tilman Büttner


scenografie:
Aleksandr Sokurov


montaggio:
Stefan Ciupek, Sergei Ivanov, Betina Kuntzsch


costumi:
Maria Grishanova, Lidiya Kryukova, Tamara Seferyan


musiche:
Sergei Yevtushenko


Trama
Un personaggio non identificato si ritrova misteriosamente all'interno del palazzo dell'Ermitage di San Pietroburgo, celeberrimo museo un tempo abitazione degli Zar. Lo accompagna un marchese francese dell'Ottocento. Nelle stanze e nei corridoi si materializzeranno figure di rilievo della storia russa: da Pietro il Grande all'Imperatrice Caterina II