Ondacinema

recensione di Davide De Lucca
6.0/10
Ironico documentario israeliano a basso costo, "Defamation" scoperchia il vaso di Pandora riguardo l'antisemitismo oggi, e la percezione dello stesso da parte degli ebrei in diverse parti del mondo. Tema delicato, controverso e dalle molte sfaccettature, che Yoav Shamir ha deciso di affrontare in seguito alle accuse di antisemitismo rivolte al suo primo film. Metodo da reportage con camera a mano e voce fuori campo, Shamir intervista diversi esponenti del mondo israeliano, a partire dalla propria nonna fino a eminenti rabbini, dalla lega anti-diffamazione, a veri e propri accademici considerati cani sciolti (intellettualmente parlando), esclusi dall'intellighenzia israelita, e accusati perfino di negare l'olocausto. Shamir viaggia da Gerusalemme a New York, da Roma a Mosca, da Kiev ad Auschwitz. Qui, in particolare, segue una comitiva di studenti poco più che adolescenti riportandone le reazioni; e a tal proposito getta anche uno sguardo sull'educazione ricevuta dalle nuove generazioni, a cui viene inculcato un esasperato sentimento di persecuzione e terrore che a volte sconfina quasi nel ridicolo - vedi la scena dell'incontro dei ragazzi con degli anziani polacchi seduti su una panchina e del tutto inoffensivi che vengono scambiati per antisemiti.

Lo stile di Shamir è ironico e leggero, non nasconde la propria opinione, e in alcuni momenti sembra toccare nel vivo il problema, ma smarrirsi in altri frangenti. Da un punto di vista dei contenuti, è coraggioso nell'indagare dall'interno il senso di persecuzione di alcuni ebrei, nel sottolineare le contraddizioni di un razzismo incrociato attraverso le minoranze (come afro-americani ed ebrei) e dentro lo stesso stato israeliano, e nel mettere in discussione il vero significato dell'antisemitismo oggi, chiedendosi se l'olocausto non venga adoperato, a volte, come uno strumento di comodo per distorcere le prospettive negli scontri con i musulmani, ad esempio, e per mascherare altri interessi politici ed economici internazionali legati allo stato di Israele - come alcuni sostengono.

La diffamazione del titolo, quindi, non è solo l'insieme di riprovevoli atti razzisti che creano una spirale di odio, ma la strumentalizzazione della memoria della Shoah. Degne di nota le reazioni di alcuni praticanti fedeli delle sinagoghe secondo i quali l'antisemitismo non esisterebbe per nulla, e che pongono l'accento sul fatto che l'ebraismo vero è la pratica religiosa e non la propaganda. Le interviste ai personaggi invisi all'establishment israeliano e le fasi degli studenti in gita che prendono lentamente coscienza dopo un'iniziale indifferenza sono forse i momenti più interessanti del film. Per il resto, l'aspetto formale del documentario è abbastanza semplice. Susciterà certamente dibattiti in chi direttamente coinvolto e darà modo di riflettere agli altri spettatori.

Prodotto di matrice più televisiva che cinematografica, ma comunque provocatorio e audace nel tema, condotto con umorismo e senza prendersi troppo sul serio, teso a sviscerare i fragili equilibri e gli intricati giochi di potere a cui l'antisemitismo è legato, ma dai risultati un po' vaghi. Magari leggermente ruffiano il finale, sebbene Shamir condensi la propria tesi: certo, il dramma dell'olocausto è un innegabile orrore del passato, ma forse è venuto il momento di guardare al futuro e affrontare i problemi presenti.
15/08/2009

Cast e credits

regia:
Yoav Shamir


titolo originale:
Hashmatsa


distribuzione:
First Run Features


durata:
91'


produzione:
Cinephil, Reveal Productions, SF Film Production


sceneggiatura:
Yoav Shamir


Trama
Il regista Yoav Shamir si sposta in diverse parti del mondo per intervistare alcuni esponenti israeliani sul tema dell'antisemitismo