Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
7.0/10

 

Claire Denis, classe 1946, è rappresentante di un cinema fieramente autoriale, nonché personale, e raramente è fuoriuscita dal circuito d'essai. "L'amore secondo Isabelle", volgarizzazione dell'originale "Un beau soleil intérieur", rappresenta una deviazione dal percorso della regista francese oppure l'inizio di una nuova fase, considerando che la prossima pellicola da lei firmata sarà "High Life", sci-fi con protagonisti Robert Pattinson e - nuovamente - Juliette Binoche. La Denis non è di certo nuova a opere difformi o spiazzanti; è sufficiente ricordarsi di "Cannibal Love - Mangiata viva" (Trouble Every Day, 2001), quasi una sortita nei territori della New French Extremity, in cui Vincent Gallo e Béatrice Dalle, affetti da una malattia neurologica, ripudiavano o inseguivano il sesso per poter tradurre la libido e l'amplesso in una forma di antropofagia, addentando brandelli di carne e bevendo il sangue dell'amante. Questo suo nuovo lavoro, però, è per tono, registro e stile qualcosa che pare continuare un discorso, riguardante il desiderio, la sessualità, la femminilità, all'interno di un contesto inedito per l'autrice di "Beau travail".

Isabelle è un'artista di mezz'età divorziata, con una figlia di dieci anni. Figlia che, peraltro, vediamo soltanto in un'occasione, poco prima che l'ex marito la porti via per il weekend: infatti, la protagonista è sempre da sola a casa. Possiamo utilizzare questo dettaglio per farne sintomo di una narrazione, quella imbastita dalla Denis, solo in apparenza lineare, bensì ellittica e frammentaria: d'altronde, il pre-testo letterario è stato indicato dall'autrice come il celeberrimo saggio di Roland Barthes, "Frammenti di un discorso amoroso". Frammenti, dunque, di un discorso amoroso che ruota intorno a Isabelle, di cui facciamo conoscenza per la prima volta quando sta facendo l'amore con Vincent, il banchiere interpretato dal regista Xavier Beauvois, il quale si rivelerà presto essere arrogante e anaffettivo. Fotografia dalle luci morbide, inquadrature che ritagliano l'amplesso nello spazio del letto, cercando il volto della donna, la sua ricerca del piacere, interrotta da uno sprezzante commento del banchiere ci introducono in questa perlustrazione dei sentimenti e degli affanni di una donna in crisi perenne e in perenne attesa di (ri)trovare l'amore. Juliette Binoche, che non ha mai temuto la macchina da presa, sfodera una superba interpretazione in cui rimette in gioco la propria sensualità, il suo corpo di donna matura, i sorrisi e anche le lacrime di un'espressività umorale che la Denis è sempre pronta a sollecitare. La regia non lavora solo sul corpo attoriale ma anche sullo spazio occupato. Esemplari, a tal proposito, alcune sequenze della prima parte dell'opera, quando Isabelle va a trovare Vincent a casa per rinfacciargli di non averla chiamata: nell'inquadratura totale del salone, i due personaggi si muovono andandosi a spostare continuamente dal divano alla poltrona, quasi inseguendosi ma sempre a distanza in quella che è una vera danza seduttiva. Poco dopo sono davanti al bancone di un bar e la Denis sceglie un sinuoso long take per muoversi intorno ai personaggi, facendo avanti e indietro tra l'uomo e la donna, in un flusso di parole continuo e senza interruzioni: in questo caso è lo sguardo della macchina da presa ad avvicinare ciò che le parole progressivamente allontaneranno. La Denis sembra riflettere in questo suo film, sempre in bilico tra dramma e commedia sentimentale, sugli effetti delle parole, dei discorsi, delle autoanalisi amorose sui rapporti veri e propri. Isabelle ha un costante e insopprimibile bisogno di esprimersi, di verbalizzare anche vanamente ciò che prova; in tal senso la sua pittura che, dalle poche immagini pare essere una forma di espressionismo astratto, è lo sfogo creativo della sua instabilità emotiva. Notiamo che, nel rivolgersi agli uomini con cui flirta, spesso li metta alla prova celando tranelli, come quando dice all'attore che, a casa sua, c'è la figlia (in realtà dal padre), oppure quando lo saluta aspettando di essere fermata. Ma le mani, che la Denis inquadra rapidamente, spasimano per un contatto, ribadendo così la succitata distanza affettiva. 

C'è una scena, a metà film, durante la quale Isabelle parla con un'amica degli aspetti più intimi dei suoi rapporti con gli uomini e della sua sessualità, confessando che il pensiero della viscida meschinità del banchiere le agevolasse il raggiungimento dell'orgasmo. Questa ammissione non avviene al tavolino del bar, ma in bagno dove Isabelle raggiunge l'amica per continuare il discorso, quasi non potesse aspettare un minuto di più. Quando, però, la protagonista chiede all'amica di ricambiare, lei taglia corto dicendo che va sempre meglio, in tutti i sensi, deludendo Isabelle. Ancora una volta, la regista traccia una distanza, non solo tra parole e gesti, ma tra parole e intimità (seppure nell'intimità appartata di un bagno). Se, oltre a Barthes, un altro motivo ispiratore è dato dalle chiacchierate tra Claire Denis e la scrittrice Christine Angot (co-sceneggiatrice del film), è palese come "L'amore secondo Isabelle" non voglia essere solo un'attenta analisi della frastagliata emotività femminile nel contraddittorio rapporto con l'altro sesso, ma anche una disamina autoironica nella quale Isabelle viene descritta con le lacune caratteriali e la cecità per i propri difetti di un personaggio realistico. La Denis, che non firma qui il suo capolavoro, realizza un intelligente e appassionato contraltare femminile alle numerosissime neurotic comedy in cui il protagonista è un maschio bianco di mezz'età, in crisi a causa di rapporti sentimentalmente difficili o infelici ma di cui lui non è semplice vittima, bensì artefice a causa di una serie autoinganni nevrotici che lo portano spesso in un cul-de-sac. In tal senso due sono le sequenze cardine: la prima è quella in cui Isabelle, stufa del chiacchiericcio dei suoi amici, si lascia trasportare dalla musica iniziando a ballare da sola, finché la Denis non trasforma questa danza in una scena di seduzione, pervasa da anche da un certo erotismo, la quale, tutt'altro che catartica, innesca un nuovo turbinio di passione e inquietudine; la seconda, avviene sul finale, quando Gérard Depardieu fa la sua apparizione e, poco dopo, inizia un fluviale monologo vaticinante durante il quale scorrono anche i titoli di coda. Ancora parole, ancora frammenti di un discorso infinito che scorre fuori dai margini delle inquadrature e che la Denis è bravissima a circoscrivere: nel tentativo di immaginare il futuro, gli occhi sbarrati di Isabelle, la sua espressione spaesata, ubriacata dal discorso sembrano cercare di comprendere quale incontro le serbi il futuro, senza concentrarsi sul presente, senza far entrare dentro di sé la luce di un bel sole interiore.

 


21/04/2018

Cast e credits

cast:
Juliette Binoche, Philippe Katerine, Nicolas Duvauchelle, Xavier Beauvois, Josiane Balasko, Gérard Depardieu


regia:
Claire Denis


titolo originale:
Un beau soleil intérieur


distribuzione:
Cinema


durata:
94'


produzione:
Curiosa Films


sceneggiatura:
Claire Denis, Christine Angot


fotografia:
Agnès Godard


scenografie:
Arnaud de Moleron


montaggio:
Guy Lecorne


musiche:
Stuart A. Staples


Trama
Isabelle è una bella donna di cinquant'anni, che nonostante un divorzio alle spalle e una figlia di dieci anni, è alla continua ricerca del vero amore.