Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
6.0/10

Eclissate come sono dai divi di Bollywood (espressione che ormai erroneamente viene utilizzata per indicare tutto il cinema realizzato in India, ma riguarda esclusivamente la produzione in lingua hindi che ha il suo massimo centro produttivo a Mumbai, l'ex Bombay) o dagli attori anglo-indiani (o anglo-pakistani) che appaiono nelle produzioni americane o britanniche, le tante Star delle cinematografie regionali del subcontinente indiano, specie quelle degli stati meridionali, faticano non poco a farsi conoscere in Occidente. Un piccolo contributo in loro favore potrebbe darlo "L'incredibile viaggio del fachiro", coproduzione franco-indiano-belga dove il ruolo principale, quello del fachiro del titolo, è affidato a Dhanush, attore trentaquattrenne e celebrità del cinema in lingua tamil, con più di quaranta film e diversi riconoscimenti (compreso il prestigioso National Film Award) all'attivo, nonché genero (ed erede designato) del leggendario attore Rajnikanth, qui al suo esordio occidentale (erroneamente riportato da alcuni siti indiani come un debutto hollywoodiano, magari se il film ha successo arriveranno un domani anche chiamate da Los Angeles).

Tratto dal best seller di Romain Puértolas "L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea", pubblicato in Italia da Einaudi, il progetto era stato carezzato dalla regista iraniana Marjane Satrapi, anche se alla fine dietro la macchina da presa c'è finito il canadese Ken Scott (conosciuto soprattutto per la commedia con al centro un donatore di sperma "Starbuck"). Dhanush regala il suo charm e la sua simpatia alla figura di Ajatashatru Oghash Rathod, detto Aja, ladro gentiluomo (più per necessità che per indole) cresciuto sulle strade di Mumbai; chi apprezzerà il film lo farà sostanzialmente per merito del protagonista (sarà interessante anche sapere se il pubblico indiano contribuirà e in che misura al successo dell'operazione). Aja, alla morte dell'amatissima madre, decide di andare a Parigi per realizzare il desiderio della defunta e al tempo cercare le proprie radici. Infatti anche se lei era riuscita a mantenere fino alla fine il segreto, il giovane viene a scoprire che il padre mai conosciuto era un giramondo parigino. La capitale d'oltralpe in verità lo accoglie anche bene, visto che appena arrivato, visitando Ikea (ne è appassionato sin da piccolo e il film omaggia il colosso scandinavo in una maniera sicuramente più accomodante di quanto vent'anni fa non avesse fatto David Fincher col suo cult "Fight Club"), incontra Marie, ragazza americana (la Erin Moriarty di "Captain Fantastic") anche lei in Francia per voltare pagina. Fra i due sembra scattare qualcosa, ma il film (sceneggiato da Luc Bossi, ricordato per "Mood Indigo - La schiuma dei giorni", insieme al regista e allo stesso Puértolas) prevede per Aja altre avventure. Per un equivoco viene spedito (dentro un armadio) in Inghilterra e da lì in Spagna, Italia, Libia e, forse, di nuovo in India attendendo un insperato (si fa per dire) lieto fine. Nei suoi viaggi picareschi scapperà, verrà arrestato, canterà e ballerà come in un tipico film d'intrattenimento masala, guiderà una mongolfiera (riferimento al "giro del mondo in ottanta giorni" di Verne di cui vorrebbe forse essere una versione aggiornata e con un eroe decisamente meno freddo), incontrerà un taxista furbacchione afflitto dalla concorrenza di Uber (Gerard Jugnot), un'attrice insoddisfatta (la sempre adorabile Bérénice Bejo), ma soprattutto conoscerà, attraverso le figure del profugo somalo Wiraj (Barkhad Abdi) e il trafficante Fik (Abel Jafri, già nel cast di "Timbuktu"), i due volti del dramma della migrazione. Aja, turista squattrinato scambiato per immigrato clandestino pur avendo un passaporto (sulla cui autenticità in pochi però sembrano credere), arriverà anche ad aiutare dei profughi in difficoltà.

Naturalmente vedere in un film rappresentata la situazione dei rifugiati come persone che lasciano il proprio paese per comprarsi una barca o diventare pasticceri può suscitare qualche perplessità, ma va detto che nessuno dei personaggi che incontriamo risulta particolarmente approfondito (si prendano come esempio gli scambi fra Marie e la compagna di appartamento aspirante lesbica Rose). In effetti "L'incredibile viaggio del fachiro" alla fine risulta un film colorato, piacevole e fiducioso nel fascino esotico del vecchio continente, non diversamente da tante produzioni americane (forse pure meno simpatiche) viste negli ultimi vent'anni; ma il registro così leggero non trova legame con un secondo livello di lettura, perciò il risultato finale risulta poco interessante. Le avventure comiche di Aja ci mostrano, sì, un aspetto cruciale (e controverso) dell'attuale situazione europea ma il tutto è calato in una dimensione troppo fiabesca; è difficile stabilire se gli autori volessero soltanto divertire il pubblico, oppure non siano riusciti a mettere a trovare la chiave giusta per suggerire riflessioni più profonde.


08/07/2018

Cast e credits

cast:
Dhanush , Kay Greidanus, Abel Jafri, Sarah-Jeanne Labrosse, Ben Miller, Gérard Jugnot, Erin Moriarty, Barkhad Abdi, Bérénice Bejo, Amrutha Sant


regia:
Ken Scott


titolo originale:
The Extraordinary Journey of the Fakir


distribuzione:
Notorious Pictures


durata:
92'


produzione:
Brio Films


sceneggiatura:
Luc Rossi, Ken Scott, Romain Puértolas


fotografia:
Vincent Mathias


scenografie:
Alain-Pascal Housiaux, Patrick Deschesne


montaggio:
Philippe Bourgueil, Yvann Thibaudeau


costumi:
Valérie Ranchoux


musiche:
Nicolas Errèra, Amit Trived


Trama
Aja, fachiro e ladro, vola da Mumbai a Parigi alla ricerca delle proprie radici. Sarà l'inizio di una serie di avventure incredibili in un'Europa segnata dal dramma dell'immigrazione
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