Ondacinema

recensione di Matteo De Simei
7.5/10
Bergman lo ha fatto una vita intera, realizzare film che erano diari della sua esistenza, della sua giovinezza, della sua memoria. Nulla di nuovo, dunque, se dietro all’esordio in solitaria da regista della mumblecore girl Greta Gerwig vi sia una storia dalla forte componente autobiografica.
Un luogo, Sacramento. Una ragazza, Lady Bird. Partiamo da qua. La Gerwig è nata e cresciuta nella capitale californiana, una città ben distante dalle ben più blasonate Los Angeles o San Francisco. Umile, rurale, conosciuta da pochi. Lo sa bene la conterranea scrittrice Joan Didion alla quale la Gerwig dedica l'epigrafe in apertura: "Chiunque parli dell’edonismo californiano non ha mai trascorso un Natale a Sacramento". L'intero film è una lettera d’amore verso il proprio paese di origine, amato, poi odiato, poi nuovamente amato dopo la crescita personale e il ritorno nella terra natia. Sacramento significa casa, famiglia, infanzia, ricordi. Ma anche punto di partenza, pretesto di crescita, luogo sfigato da cui allontanarsi alla svelta se si vuole diventare qualcuno.

E poi c'è lei, Christine McPherson. Una delle tante piccole vite nascoste nella penombra della vallata californiana. È testarda, spassosa, creativa e soprattutto eternamente critica, come ogni buona adolescente. Quel posto le sta stretto e all’ultimo anno di liceo bisogna darsi una mossa. Rinnega addirittura la sua identità e si fa chiamare "Lady Bird". La Gerwig accompagna dolcemente la sua eroina (una meravigliosa Saoirse Ronan che dà il massimo per ricalcare le smorfie facciali, i dialoghi parossistici e la vitalità della Gerwig attrice. L’impronta teatrale di ogni attore è una gioia per gli occhi), quando sporadicamente la lascia fuori dall’inquadratura lo fa solo per pochi secondi, come se la sua presenza fosse una boccata d’ossigeno dopo una breve apnea. Con un flusso vitalistico continuo assistiamo senza neanche accorgerci alla crescita personale della protagonista (la profondità d’animo nell’intenso abbraccio nel retro del cafè con Danny, la consapevolezza di aver fatto passi sbagliati in amore e nelle amicizie ritornando sui propri passi), anche attraverso due figure genitoriali che fanno da cornice al racconto e circoscrivono sentimenti e azioni della protagonista. 

Perché "Lady Bird" è prima di tutto un elegante pamphlet di formazione incentrato sulla relazione madre-figlia. Il caustico rapporto tra Christine e la madre Marion (una donna potente, profonda e umile interpretata dalla superba Laurie Metcalf) è alla base della storia d’amore del film, più che sulla ricerca del principe azzurro, più che sulle radici di Sacramento, più che sulle difficoltà di un avvenire imminente. Lady Bird incarna una generazione, quella del 2002 post-attentato in cui era possibile nutrire sogni ambiziosi. Marion, invece, ha l’esperienza e la concretezza di chi ha vissuto anni più dolenti economicamente (la Grande Depressione) e in famiglia ("mia madre era una violenta alcolizzata", vomita addosso a Christine). Anche quando la Gerwig mette in scena le loro innumerevoli, inutili litigate, c’è un qualcosa che va oltre e che crea uno stato di empatia imminente nei confronti di entrambe, di progressivo saldamento, si pensi anche solo alla loro "attività preferita domenicale", uno dei punti più dolci e toccanti del film. Se Marion è l’Amore, il papà Larry rappresenta l’ago della bilancia tra madre e figlia, fonte indispensabile per entrambi, pura allegoria del sacrificio genitoriale. La Gerwig scrittrice conferma ancora una volta la sua abilità nel creare meticolose backstory nei suoi personaggi, far riflettere molto pur adottando una tecnica di spoliazione descrittiva. In tal senso rientra la figura profonda e insicura del fratello Miguel (i piercing, lo stile di vita, l'assenza di attrito con la madre, a differenza della sorella).

Steinbeck rappresenta senza dubbio il moto propulsore dell’opera. È sempre sullo sfondo, ma invade le inquadrature in modo preminente. Perché "Lady Bird" è anche un apologo sulla classe media americana post-11 settembre. Si vive ancora oggi l’incertezza economica e le frustrazioni della famiglia Joad in "Furore". Si è cristallizzato anche il terrore della guerra, nel 2002 in Afghanistan e Iraq, oggi nei territori della Siria e della Cisgiordania. È allora la formazione religiosa a dare riparo a “Lady Bird”: la sorella Sarah Joan è una guida per la ragazza, il suo insegnamento non è di natura mistica e praticante ma un continuo avvicinamento alla grazia e all’amore (non a caso nella sequenza conclusiva si torna in una chiesa, formazione personale e metafora della casa per la protagonista).
Oltre a Steinbeck, lo stile a cui si rifà la Gerwig è quello inconfondibile del compagno e mentore Noah Baumbach e di tutto il genere coming of age indie: il gesso rosa come il dito di legno di Margot Tenenbaum, la vivace leggerezza di Lady Bird come quella di Frances Halladay. Proprio "Frances Ha" potrebbe benissimo risultare il sequel ideale del film, passando dai 18 ai 27 anni di una vulcanica protagonista femminile. Nel guardare al passato, la regista e scrittrice non può inoltre fare a meno di abbracciare la Brat Pack di John Hughes.

Dall'anteprima della scorsa estate al Toronto Film Festival, "Lady Bird" ha ottenuto un boom di consensi culminati nelle plurime nominations ai BAFTA, Golden Globe e Oscar (oltre ai due riconoscimenti ai Globes già acquisiti come Miglior Film e Miglior attrice protagonista). Ma perché? In fondo non stiamo parlando di un tassello fondamentale all’interno del panorama indipendente americano e il cinismo tipico di Baumbach a volte è affievolito dall'eccesso di dolcezza, frutto della continua spinta di ricordi personali. E chissà quante altre storie nel mondo del cinema sono simili a quella di Christine McPherson... No, a rendere grande "Lady Bird" è allora quella sensazione del tempo che scorre e scivola via senza rendersene conto, la leggerezza del racconto di matrice leighiana, lo scontro titanico tra adolescenza ed età adulta raccontato attraverso la nostalgia di ricordi incantevoli e dolenti. L'umiltà di un "grazie", nella profonda semplicità di una grande artista che prende il nome di Greta Gerwig.

28/02/2018

Cast e credits

cast:
Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet, Beanie Feldstein


regia:
Greta Gerwig


titolo originale:
Lady Bird


distribuzione:
Universal Pictures


durata:
94'


produzione:
Scott Rudin Productions, Entertainment 360, IAC Films


sceneggiatura:
Greta Gerwig


fotografia:
Sam Levy


scenografie:
Chris Jones


montaggio:
Nick Houy


costumi:
April Napier


musiche:
Jon Brion


Trama
Sacramento. Christine "Lady Bird" McPherson è un'adolescente che ha un rapporto burrascoso con la madre e che ha un sogno nel cassetto: lasciare la California per trasferirsi nell'East Coast