Ondacinema

recensione di Diego Testa
7.0/10
Che cosa ha frenato fino a ora il cinema di Peter Berg? Una eccessiva logica realistica, reportistica, data la necessaria attinenza ai fatti piegati al genere muscolare di Berg. "Deepwater" (2016) peccava di macchiettismo e semplificazioni tediose, risultando un siparietto drammatico vestito da action con finalità sensibilizzanti; il seguente "Boston" (2017) perfezionava la formula, bilanciando tensione drammatica e adesione ai fatti, ma rimaneva coi piedi per terra, dispiaciuto di non poter eccedere. Quest'ultimo ha chiuso un'ideale trilogia della fratellanza americana in fuga ("Lone Survivor", 2013), fallace ("Deepwater"), ferita ("Boston"), sempre profondamente patriottica. "Red Zone" propone la stessa spinta stordente e pomposa di devozione alla patria, ma siamo in territori liberi da restrizioni fattuali che Berg traduce in una saturazione stilistica e contenutistica.

Un gruppo paramilitare americano di istanza in Indonesia deve portare un importante informatore dal punto A al punto B nel minor tempo possibile. Penitenza: moriranno molte persone.
Lo stile registico adottato da Berg sminuzza la continuità visiva in una serie infinita di stacchi, alla ricerca della frenesia anche nel classico dialogo campo controcampo; contemporaneamente, alla macchina da presa non sono posti limiti strutturali e dunque l'occhio si sposta tra punti di vista "diegetici" (videocamere di sicurezza, satelliti, reportistica digitale) e quelli propri della mdp. La frizione centripeta visiva fuga costantemente la calma per donarsi alla forma mentis di "Red Zone": action urbano ipertrofico, dichiaratamente e coscienziosamente al servizio dello spettacolo ignorante, senza secondi fini.

Dunque la rappresentazione filo-nazionale appare di grana grossa e accettabile, risultato della posizione che il gruppo paramilitare di James Silva (Mark Wahlberg) occupa nella scala "politica": l'opzione armata e violenta a sostituzione di potere miliare e diplomatico. Non c'è pretesa di convincere, piuttosto si tratta di evincere che "Red Zone" punta alla guerra armata, all'azione bidimensionale e compatta. Berg è artigiano e non si pone su alcun piedistallo artistoide, ottunde con uno schema impazzito dall'inizio alla fine, quasi fossimo in tanti piccoli trailer. Va da sé che, pur essendo un regista di mestiere, sbaglia qualcosa nella gestazione delle sparatorie e delle lotte, a volte confusionarie; una volta soltanto si lascia andare a una grandeur simile agli incolori Fast ‘n' Furious (un totale a volo d'aquila sulla città per mostrare l'esplosione di un mezzo).

Non che "Red Zone" sia altro rispetto alla fortunata saga di Vin Diesel, siamo nello stesso cinema, ma il modo in cui lo fa è completamente diverso poiché coerente con l'action di basso profilo, in linea anche con il mondo extra-cinematografico per l'utilizzo che fa di Iko Uwais, l'unico a menare come un fabbro in quel modo lì. L'utilizzo dell'attore è parsimonioso, non c'è ovviamente la qualità di "The Raid", ma il risultato non è ambiguo, né grottesco. "Red Zone" pesca le qualità del miglior action parossistico moderno: "John Wick" senza razionalizzazione al millimetro degli stunt, "Mission Impossible" senza l'ego della star ("Ego is not your amigo" dice spocchiosamente Silva), e poi "The Raid" e "The Equalizer". Frulla tutto insieme per risultare non il primo della classe ma quello bravo in educazione fisica.

Anche il disvelamento finale, immancabile elemento di decostruzione e ricostruzione della trama, catapulta "Red Zone" in quella banalità ricercata, sfrontata. Fece lo stesso "Nella tana dei lupi" ma si preoccupava troppo di assomigliare al cinema di Michael Mann (oggettivamente un tentativo destinato a fallire), ancorato al bisogno di sembrare credibile. Il paragone col film di Gudegast si può estendere anche al necessario bisogno di agganciare il prodotto a un seguito, unica nota fastidiosa che rende fondamentalmente inutili le scene prolettiche dedicate alla dichiarazione del protagonista poiché mancano di un definitivo aggancio al film in corso, divenendo un annuncio del seguito (film, serie tv?). Peter Berg indignerà sicuramente lo spettatore più schizzinoso, ma qui l'intento è totalmente godereccio, e "Red Zone" finisce per risultare un buon film.

16/11/2018

Cast e credits

cast:
Mark Wahlberg, Iko Uwais, Lauren Cohan, John Malkovich, Ronda Rousey, Nicolai Nicolaef


regia:
Peter Berg


titolo originale:
22 Mile


distribuzione:
Universal Pictures, Lucky Red


durata:
94'


produzione:
STXfilms, Huayi Brothers


sceneggiatura:
Lea Carpenter


fotografia:
Jacques Jouffret


scenografie:
Andrew Menzies


montaggio:
Melissa Lawson Cheung, Colby Parker Jr.


costumi:
Virginia Johnson


musiche:
Jeff Russo


Trama
Un gruppo paramilitare americano di istanza in Indonesia deve portare un importante informato dal punto A al punto B. Penitenza: moriranno molte persone.
Link

Sito ufficiale