Ondacinema

recensione di Antonio Pettierre
4.0/10

La vera storia dei 47 rōnin si svolge tra il 1701 e il 1703 nel Giappone feudatario. Asano Naganori, uno dei  tanti daimyō (signori feudali), attentò alla vita di Kira Yoshinaka, maestro di protocollo dello Shōgun (il comandante generale dell'esercito, che di fatto regnava sul Giappone), perché era stato gravemente offeso. Lo Shōgun Tokugawa ordinò ad Asano di fare seppuku (il suicidio rituale) e dichiarò che i samurai al servizio di Asano erano di fatto divenuti dei rōnin (cioè "senza padrone", "uomini alla deriva"). I fedeli di Asano attesero due anni, pianificando la vendetta: attaccarono il castello di Kira uccidendo lui e tutta la sua discendenza maschile. I 47 uomini seguirono i precetti del bushidō (il codice di condotta dei Samurai) e ci fu una generale approvazione da parte degli altri daimyō per aver vendicato il loro padrone, ma furono costretti a fare seppuku per aver contraddetto l'autorità dello shōgunato. Solo uno di essi fu graziato, proprio perché onorasse le tombe degli altri 46. I 47 divennero oggetto di un vero e proprio culto popolare, protagonisti nel tempo di varie opere di teatro Kabuki e ancora oggi nell'anniversario del loro sacrificio molti giapponesi visitano le tombe di questi uomini.

Già la storia in sé è fortemente drammatica e di interesse, ma il film "47 Ronin" prende spunto dalla vicenda storica e la romanza non poco (anche se una fastidiosissima voce over nelle sequenze iniziali introduce per veloci ellissi la vicenda), trasformando il tutto in un mero espediente narrativo per fabbricare un blockbuster di genere fantasy fin troppo grossolano.

Infatti, nella vicenda romanzata dei 47 rōnin viene innestata a forza il personaggio di Kai, un giovane mezzosangue (metà inglese e metà giapponese) che viene abbandonato in fasce in un bosco, manco a dirlo, pieno di fantasmi e allevato da un maestro di arti magiche. Kai è un impacciato Keanu Reeves (in una delle sue peggiori interpretazioni), che oltretutto mantiene lo stesso sguardo corrucciato per tutto il film. La sua vicenda è un po' strampalata: "adottato" da Asano, il signore feudale, si innamora - corrisposto oltretutto - della figlia Mika, ma il cui amore non potrà mai realizzasi per differenza di casta, lui un reietto e lei una nobile. Poi non manca la strega Mizuki (interpretata da Rinko Kikuchi, ultimamente vista in "Pacific Rim" di Guillermo Del Toro e già protagonista di "Babel" di Alejandro González Iñárritu, qui sopra le righe e soffocata dagli effetti speciali) che - ovviamente - è una bellissima donna con le iridi degli occhi dai colori differenti (pacchiana allegoria della sua doppiezza e malvagità) che si può trasformare in animali veri (una volpe bianca) o fantastici (un drago).

Tra la caccia a essere fantastici, magia nera, combattimenti con le spade, fughe da prigioni sulle navi, la sceneggiatura (di Chris Morgan - autore di alcuni film delle serie "Fast and Furious" - e di Hossein Amini - "Biancaneve e il cacciatore" tra i suoi ultimi script) è un'accozzaglia di sequenze rubate a tutta una serie di pellicole (da "Il Signore degli Anelli" a "I pirati dei caraibi", da "The Grudge" a "L'ultimo samurai" solo per citarne alcuni), male assortite. Sembra quasi che la produzione a tavolino abbia preso il soggetto storico, ci abbia messo una grossa dose di fantasy,  per intercettare un pubblico giovanile, e abbia ordinato agli sceneggiatori di saccheggiare le produzioni di successo degli ultimi anni (trattando le vicende storiche in modo molto superficiale: come, ad esempio, le scene del seppuku esteticamente stucchevoli e dalla vuota drammaturgia).

Il risultato è a dir poco sgradevole. Oltretutto hanno dato in mano la direzione di questo prodotto al debuttante Carl Rinsch che si è dimostrato privo di talento e con le idee molto confuse. L'uso del dolly scriteriato, campi lunghi montati con primi piani a caso, oppure inquadrature particolari - belle in sé e per dimostrare di quanto sia bravo, ma che non avevano nessuna ragion d'essere per la messa in scena. Il tutto affossato da una fotografia patinata da rotocalco (l'inglese John Mathieson, direttore della fotografia di molti degli ultimi film di Ridley Scott - tra cui "Il gladiatore"), una musica invadente (sembrava di ascoltare sinfonie similwagneriane che temi orientali, più consoni per un film del genere) e lo sfruttamento massivo della CGI, solo per coprire le pecche della direzione.

Insomma, "47 Ronin" è un film ipocrita che si vende come un omaggio alla memoria storica del coraggio di un gruppo di uomini e della loro fede nell'onorare una regola, ma nella realtà è una bieca e grandiosa operazione commerciale (con un investimento di 170 milioni di dollari)  dove il cattivo gusto gronda da ogni inquadratura e il fastidio visivo è provocato da ogni frame.


16/03/2014

Cast e credits

cast:
Keanu Reeves, Cary Hiroyuki Tagawa, Hiroyuki Sanada, Kou Shibasaki, Tadanobu Asano, Rinko Kikuchi


regia:
Carl Rinsch


titolo originale:
47 Ronin


distribuzione:
Universal Pictures


durata:
118'


produzione:
H2F Entertainment, Mid Atlantic Films, Moving Picture Company, Origo Film Group, Stuber Productions


sceneggiatura:
Chris Morgan, Hossein Amini


fotografia:
John Mathieson


scenografie:
Jan Roelfs


montaggio:
Craig Wood


costumi:
Penny Rose


musiche:
Ilan Eshkeri


Trama

L'emarginato Kai decide di unirsi ad un gruppo di rōnin, che cercano vendetta dopo la morte del loro signore a causa del tradimento di un  rivale. Per restituire l'onore al loro feudo e al loro signore, i guerrieri si troveranno ad affrontare delle dure prove, che porteranno alla sconfitta di numerosi nemici.