Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
5.0/10

Niente di nuovo sotto il cielo della commedia all’italiana. O quasi. Il terzo lungometraggio di Gianni Costantino ci regala qua e là sprazzi di comicità, ma non convince per diversi aspetti.
Nel precedente "Tuttapposto" (2019), la trama sufficientemente movimentata dalla linea narrativa incentrata sulle vicissitudini sentimentali, il tema del precariato giovanile e un’incursione nella realtà del mondo universitario come cartina da tornasole della più ampia problematica della corruttela del nostro paese determinavano agli occhi dello spettatore un mix quanto meno interessante. Tanto che l’intreccio in sé faceva passare in second’ordine gli altri aspetti del film, soprattutto le prove attoriali. In "Sposa in rosso", invece, non vi sono novità rilevanti, se non l’attenzione a una particolare fascia d’età, quella dei quarantenni, di coloro che hanno ormai alle spalle la giovinezza e, barcamenandosi in una realtà economica difficile (vi è anche un fugace cenno alle conseguenze del covid sul piano lavorativo), sono comunque costretti a reinventarsi un ruolo nella società. Si potrebbe dire che il film, a suo modo, è un’opera sulla resilienza.

Nel duo protagonista - non è una novità per il regista siciliano - un attore non italiano, Eduardo Noriega (Leon), fa coppia con Sarah Felderbaum (Roberta). Interpretazione accettabile, la loro, anche se non strappa l’applauso. Roberta, che lavora a Malta in un’agenzia di cicloturismo, incontra casualmente Leon quando rischia di partorire all’interno di un pullman delle linee urbane. Lui l’accompagna d’urgenza in ospedale e qui fa suo malgrado conoscenza con i genitori di lei, in quanto la donna, lasciata da un facoltoso ma insensibile avvocato, non ha il coraggio di confessare in famiglia che il figlio che ha appena dato alla luce non ha un padre. A Leon viene infatti proposto su due piedi di fingere il ruolo paterno di facciata, almeno temporaneamente. La finzione, l’acquisizione di un’altra identità, già presenti in "Ravanello pallido" (2001), da un lato fungono da motore drammaturgico, dall’altra fanno cadere tutta una serie di veli di cui era ammantata la vita di Leon. Il samaritano, l’aiutante (e poi coprotagonista), è egli stesso un precario del lavoro, che di suo non ha neppure l’autovettura con cui ha accompagnato Roberta all’ospedale.

La critica sociale che nel primo film di Costantino si appuntava contro il mondo dello spettacolo e nel secondo contro quello dell’università, è qui più generalizzata, non ha un bersaglio preciso e ciò, probabilmente, fa perdere mordente al film. I veri antagonisti di Roberta, che cerca di ritagliarsi uno spazio effimero ma comunque autonomo di felicità, e di Leon che sembra assecondarla, è in realtà la società nel suo complesso, con le sue regole e i suoi clichè, le sue storture economiche, l’idea capestro che negli "anta" è tardi per ricercare una realizzazione personale.
Se applichiamo poi delle categorie teatrali al film di Costantino, avremmo un meccanismo particolare per cui ai protagonisti, che pure hanno un volto, una personalità, anche posticcia, e che potremmo considerare alla stregua della maschera sociale pirandelliana, è dato misurarsi con una società che di fatto non si incarna in alcun volto. È un peccato che la sceneggiatura voli decisamente più basso, accontentandosi di una comicità di situazione a cui vengono sacrificati diversi spunti che in potenza hanno un’innegabile aura teatrale e che quindi avrebbero permesso una più approfondita caratterizzazione dei personaggi, soprattutto negli aiutanti: Massimo Ghini (Giorgio) che letteralmente si traveste da prete, per giunta ortodosso, allo scopo di celebrare le finte nozze tra i protagonisti, e Cristina Donadio (Giada), che rivela di aver suo malgrado dovuto tenere celata la propria identità sessuale. Ma, si sa, l’aspettativa che la commedia all’italiana vada in tale direzione è una voce nel deserto. Tornando alla trama, la ragione al fondo delle finte nozze tra Leon e Roberta è immancabilmente economica: ricavarne un lauto introito grazie alle tradizionali buste donate dai convitati al banchetto nuziale. Questa e altre scelte registiche poco convincenti rendono il film un contenitore di potenzialità inespresse. A prescindere dal finale, anche la filigrana romantica insita nella trama non viene sviluppata appieno: quella che inizialmente appare come una possibile storia d’amore vira poi in tutt’altra direzione per compiere poi una brusca inversione ad U.
In conclusione, con buona pace di chi ama l’estate e detesta l’inverno, si può dire che "Sposa in rosso" è un tipico film estivo.


09/08/2022

Cast e credits

cast:
Eduardo Noriega, Sarah Felberbaum, Anna Galiena, Cristina Donadio, Massimo Ghini, Dino Abbrescia


regia:
Gianni Costantino


titolo originale:
Sposa in rosso


distribuzione:
Adler Entertainment


durata:
119'


produzione:
Fenix


sceneggiatura:
Lorenzo Ciorcalo, Gianni Costantino, Francesca Scialanca


fotografia:
Giuseppe Pignone


montaggio:
Claudio Di Mauro


musiche:
Vittorio Giannelli


Trama
Malta. Roberta, abbandonata dal marito e colta dalle doglie, viene accompagnata in ospedale da Leon, uno sconosciuto. Per non sfigurare agli occhi dei genitori e dei conoscenti lo presenterà come il proprio ragazzo e in seguito inscenerà con lui un finto matrimonio allo scopo di trarre vantaggio dai doni degli invitati.  
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