Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
7.0/10

Gita a Fårö

La gita fuori porta o il viaggio rappresentano spesso dei turning point per i personaggi dei film scritti e diretti da Mia Hansen-Løve. "Sull'isola di Bergman" si sviluppa interamente lungo un episodio di questo tipo, ossia la permanenza di una coppia di registi, il maturo Tony (Tim Roth) e la più giovane Chris (Vicky Krieps), a Fårö, l'isola svedese del mar Baltico che divenne la residenza di Ingmar Bergman. Ai tempi del tournage di "Come in uno specchio" (1961), per accontentare i produttori, Bergman dovette preferire Fårö alle isole Orcadi (Scozia) come ambientazione del suo film: approdato in questa isoletta sperduta che mai prima di quel momento aveva visto, il grande regista capì di aver trovato il suo luogo dell'anima. A Fårö girerà altre opere, tra cui "Persona", "La vergogna", "Scene da un matrimonio" e due documentari dedicati all'isola, e dopo la sua morte - avvenuta nel 2007 - la Fondazione Bergman ha istituito un circuito che ruota intorno alle residenze e ai set dell'autore. Le attività della fondazione culminano nell'annuale Bergman Week con ospiti provenienti da tutto il mondo e diversi incontri organizzati per commemorare e analizzare uno dei più grandi artisti della seconda metà del Novecento. Fårö è dunque diventato un centro multiculturale nel quale possono trascorrere dei periodi di residenza musicisti, registi, scrittori e accademici che hanno bisogno di pace e ispirazione, all'ombra del fantasma di Ingmar Bergman.

Tony è ospite della Bergman Week dove presenzierà alla proiezione di alcuni suoi film e a dei panel di discussione col pubblico. Insieme a Chris può risiedere in una delle dimore di Bergman, dormendo nello stesso letto in cui iniziavano a manifestarsi le prime crepe nella relazione tra Liv Ullman e Erland Josephson, protagonisti di "Scene da un matrimonio". Entrambi stanno preparando un nuovo progetto, ma se Tony procede spedito nella scrittura, Chris è inquadrata più volte mentre guarda assorta fuori dalla finestra del mulino (dove si è sistemata per avere il suo spazio) bloccata su una pagina in cui ha scritto poche righe. Mentre Tony partecipa alla Bergman Week, conversa e lavora, Chris sembra vagare e divagare: ad esempio, al "Bergman Safari" (sic!) preferisce un giro in macchina con Hampus, uno studente di regia conosciuto casualmente per il quale Fårö non ha segreti e grazie al quale può vivere esperienze più genuine.

Bergman e Mia

Anche se Tony e Chris sembrano andare d'accordo appare chiaro che la loro relazione sia ormai spenta: sono uniti dalla figlia in una tenera amicizia ma lontani dall'essere una vera e propria coppia. Non a caso, Chris parla di Tony ad Hampus come di un amico e successivamente un tentativo di seduzione della donna va goffamente a vuoto di fronte all'imperturbabile regista impegnato nella scrittura del suo film. In questa sezione Mia Hansen-Løve compone una sorta di versione lieve e ironica di "Scene da un matrimonio" che, fin dalla sua apparizione come miniserie televisiva nel 1973, è diventato una sorta di testo sacro attraverso cui rileggere le relazioni, un archetipo impossibile da trascurare quando si punta l'obiettivo della macchina da presa sulle ferite inferte e subite nella vita coniugale (tra i tanti, basti pensare a "Mariti e mogli" di Woody Allen e a "Storia di un matrimonio" di Noah Baumbach, fino al recente remake di Hagai Levi targato HBO). In "Scene da un matrimonio" Marianne e Johan vanno a vedere "Casa di bambole" di Ibsen, tornando a casa distanti e di cattivo umore. "Sull'isola di Bergman" ripropone la stessa situazione quando i due devono decidere quale copia in 35mm far proiettare nella sala privata del regista, optando infine per "Sussurri e grida". Chris ne esce molto scossa, notando che, al contrario di qualsiasi film horror, l'orrore della vita in "Sussurri e grida" non possiede alcuna catarsi. I lavori di Bergman, d'altra parte, sono come pezzi di vetro, frammenti di uno specchio interiore lanciati contro il pubblico: è un cinema che non teme di ferire, poiché, come sentenzia il critico Stig Björkman (nei panni di se stesso), "Bergman è stato crudele nella sua vita, così come nella sua arte".

Il fantasma di Bergman permea l'intera pellicola ed è interessante come la regista s'interroghi sull'eredità del grande maestro svedese, senza rimanerne schiacciata né tentando in alcun modo di emularlo. La regia di Hansen-Løve è certamente qui più essenziale rispetto ad altre sue prove (si pensi in particolare a "Eden"), ma il percorso di Chris è coerente a quello di altre protagoniste del suo cinema spesso semi-autobiografico. In tal senso, Bergman è il faro che indica la via per trasformare problemi interiori in interrogazioni universali. La relazione tra Chris e Bergman è sincera, il suo dialogo col maestro fertile e vividamente problematico: si cruccia che l'uomo sia stato di gran lunga più incoerente e meno integro rispetto all'artista, vuole esplorare i suoi luoghi in autonomia senza la sovrastruttura della Fondazione che ha trasformato i suoi ambienti in un itinerario turistico, la sua figura in un oggetto da museo.

Mia e Chris

Fine ritrattista di donne e uomini, acuta osservatrice di relazioni e di ambienti (prevalentemente borghesi e intellettuali), la regista continua nel solco di intime storie di ritorno alla vita. In "Sull'isola di Bergman" Hansen-Løve scorcia il ritratto di una giovane regista che deve trovare il suo equilibrio tra ménage sentimentale, voglia di libertà e attività creativa. Il rapporto della protagonista con il più maturo e affermato Antony Sanders che si avvia all'esaurimento sembra un modo per ripensare alla fine della relazione della regista con Olivier Assayas (che intervistò il maestro svedese nel 1990, traendone un libro scritto a quattro mani con Björkman, "Conversazione con Ingmar Bergman"). Eccezion fatta per "Il padre dei miei figli", ispirato alla vicenda del produttore indipendente Humbert Balsan (morto suicida nel 2005) che rimaneva concentrato sulla dimensione privata e familiare, "Bergman Island" è il primo lavoro di Hansen-Løve ad affrontare una vera conversazione sul cinema e ad interessarsi al lavoro creativo di una regista. Nonostante l'ingombrante presenza di Bergman, la regista francese riafferma la sua personale visione dell'arte cinematografica che è anche sguardo femminile sulla vita e minuta indagine sentimentale.

Al contrario di quanto si possa supporre dalla prima parte del film, Chris ha quasi completato la stesura della sua sceneggiatura, mancandole soltanto il finale. La seconda parte di "Sull'isola di Bergman" si svolge come racconto dello script a un distratto Tony, dal quale la donna desidererebbe supporto e consigli. I protagonisti diventano Amy (Mia Wasikowska) e Joseph (Anders Danielsen Lie, già apprezzato in "La persona peggiore del mondo"), ex fidanzati dalla relazione tormentata che si ritrovano a Fårö per il matrimonio di un'amica comune. Nelle intenzioni di Chris il suo lavoro deve filmare l'ultimo atto della loro relazione, gravido di un background fatto di amore e rimorsi. Amy è una giovane regista che ha da poco esordito con un film che, da Joseph, capiamo essere vagamente basato sulla loro storia d'amore, moltiplicando così i livelli del gioco di specchi tra vita e cinema. Hansen-Løve gira il film-nel-film con uno stile brillante da commedia romantica, che va incrinandosi verso il dramma quando l'esplosione passionale fa riemergere le fragilità e i dubbi esistenziali della protagonista. Oltre alla palette cromatica più accesa, anche i volumi sentimentali dei protagonisti sono aumentati; la regista lavora in questa sezione a una messa in circolo di formule cinematografiche note trasposte secondo la sua sensibilità, lavorando sulla chimica degli interpreti in modo speculare a quella mostrata da Roth e Krieps: distanti e tiepidi questi ultimi, romantici e sensuali Wasikowska e Danielsen Lie. Le camminate che portano Amy da una conversazione all'altra verso le braccia di Joseph individuano il punto di convergenza tra lei e i movimenti di Chris, anche lei alla ricerca di qualcosa nel paesaggio di Fårö. Se per Chris l'ispirazione e la creatività sono al centro della sua ricerca e Bergman ne è in qualche modo il mezzo (fino a cercarne lo spettro nella sua casa-museo), per Amy la medesima traiettoria converge verso Joseph, il fantasma del suo desiderio pronto a svanire dopo essere stato (ri)conquistato. Nella chiusura del film il gioco a rimpiattino tra cinema e vita è senza soluzione di continuità: Hansen-Løve tratta l'immagine filmica in modo ambiguo rimanendo in bilico tra immaginazione e realtà, tra film sognato e film effettivamente girato. Come nel finale di "Annette", anche in "Sull'isola di Bergman" è la presenza della figlia a interrompere la narrazione: se però Henry McHenry resta solo nel gelo del suo abisso, l'atteso e tenero abbraccio viene ricevuto da Chris. La vita irrompe e la macchina da presa smette di girare. 


26/12/2021

Cast e credits

cast:
Vicky Krieps, Tim Roth, Mia Wasikowska, Anders Danielsen Lie, Hampus Norderson, Clara Stracuh


regia:
Mia Hansen-Løve


titolo originale:
Bergman Island


distribuzione:
Teodora Film


durata:
105'


produzione:
CG Cinéma, Neue Bioskop Film, Scope Pictures, Plattform Produktion, Arte France Cinéma


sceneggiatura:
Mia Hansen-Løve


fotografia:
Denis Lenoir


scenografie:
Mikael Varhelyi


montaggio:
Marion Monnier


costumi:
Judith de Luze, Julia Tegström


Trama
Una coppia di registi si stabilisce per un'estate a scrivere sull'isola svedese di Fårö, celebre residenza di Ingmar Bergman.