Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
6.0/10

È evidente che al mondo del cinema piacciono le storie dedicate ai sottomarini, visto che negli anni ce le hanno proposte in tutte le varianti possibili. "Wolf Call – Minaccia in alto mare", impegnativa produzione francese realizzata dalla Pathè con regia e sceneggiatura affidate al fumettista esordiente al cinema Antonin Baudry, è solo la più recente a essere arrivata nelle nostre sale. Baudry probabilmente più che al celebre "Das Boot" di Wolfgang Petersen si è ispirato a produzioni hollywoodiane, come "Caccia a ottobre rosso" di John McTiernan o "Allarme rosso" di Tony Scott. Non sappiamo ancora se il pubblico americano apprezzerà il risultato, ma il fatto che Netflix abbia acquistato il film per gli Stati Uniti è sicuramente un segnale positivo.

Il plot vuole strizzare l'occhio all'attualità e agli equilibri internazionali precari, con la minaccia terroristica sempre in agguato, in qualche modo aiutata dalle solite dinamiche sfuggenti dei servizi segreti. Al centro della storia Chanteraide (scherzosamente soprannominato da alcuni commilitoni Chanteclair), un bel giovanotto un po' strano (interpretato dall'astro nascente François Civil) impiegato a bordo del sommergibile Titane come analista del suono, mansione per la quale il suo orecchio assoluto è veramente una risorsa straordinaria. A inizio film la missione affidata al Titan, guidato dal comandante Grandchamps (Reda Kateb) e dal suo vice D'Orsi (Omar Sy), consiste nel recuperare, sulle coste siriane, un commando di truppe speciali. Anche se Chanteraide non sarà capace di identificare il suono di un misterioso veicolo subacqueo non classificato, grazie al sangue freddo e all'eroismo di Grandchamps, il Titane riuscirà nell'impresa affidata.

Baudry evidentemente non se l'è sentita di ambientare il film solo sott'acqua e quindi la storia prosegue raccontando le vicissitudini dei protagonisti a terra. Mentre Grandchamps e D'Orsi vengono promossi dall'ammiraglio interpretato da Mathieu Kassovitz, Chanteraide non si dà pace e vuole scoprire l’identità del sottomarino che non è riuscito a riconoscere. Le sue ricerche, durante le quali conosce la libraia Diane/Prairie (l'attrice tedesca Paula Beer, lanciata da François Ozon in "Franz"), lo portano a scoprire che si tratta di un veicolo a quattro pale russo ormai in disuso, il Timour III. Chi guida adesso questo sottomarino e che intenzioni può avere? Non ci si mette molto a scoprirlo, visto che dal Timour III viene lanciato un ordigno (ritenuto) nucleare e i sommergibili comandati rispettivamente da Grandchamps e D'Orsi devono intervenire per sventare il pericolo. Chanteraide aiuta l'ammiraglio a scoprire che forse le cose non sono quelle sembrano e l’ombra del terrorismo islamico si affaccia sulla vicenda. Bisogna evitare una guerra apocalittica (sì, avete capito bene), ma fermare un’operazione di massima sicurezza non sarà affatto facile. 

Baudry sembra particolarmente interessato a raccontare un corpo militare dal volto umano, che dedica totalmente la vita all'esercito (l'ammiraglio, D'Orsi e Grandchamps hanno un atteggiamento paterno e protettivo nei confronti dei subalterni), un'umanità disposta a grandi sacrifici (la casa vuota cui Grandchamps ritorna quando lascia il sottomarino ne è una perfetta rappresentazione) e che si adegua non senza difficoltà a protocolli rigidissimi. Anche se vediamo nel corso del film donne in divisa, l'antropologia studiata dal regista è prettamente maschile (e nel legame fra Grandchamps e Chanteraide è possibile ravvisare un sottotesto omoerotico che però la sceneggiatura non sviluppa) e Diane/Prairie risulta essere l'unico personaggio femminile della storia (anche se il suo contributo alla trama è giusto quello di love interest per il protagonista, oltre al  tentativo involontario di ostacolarne la missione).
"Wolf Call" (il titolo fa riferimento a un’espressione di gergo militare che indica i sommergibili che vengono individuati dal nemico) non è il classico film action tutto azione e basta e il regista si dimostra abile nel fare parlare i personaggi attraverso gli sguardi e i silenzi (cosa abbastanza curiosa, se si pensa a quanto il suono sia importante nella vicenda). Purtroppo la sceneggiatura, idealmente suddivisa in tre capitoli, non riesce a mantenere il ritmo e il film prende quota veramente (si fa per dire) nel quarto d'ora finale, quando si apprezza la voglia di optare per una conclusione non conciliatoria nella quale anche chi riuscirà a salvarsi porterà i segni di questa avventura.

Gli attori risultano accorati e il cast tecnico vanta professionisti validi, come il direttore della fotografia Pierre Cotterau, lo scenografo Benoît Barouh e il duo Tomandandy che ha realizzato, con la collaborazione del bravo Marc Streitenfeld, una colonna sonora efficace (alla quale Baudry si affida non poco). La vera star è prevedibilmente il tecnico del suono, due volte premio Oscar, Randy Thom, al quale si deve la creazione del tappeto sonoro che accompagna Chanteraide e i suoi compagni per tutta la durata del film.


30/06/2019

Cast e credits

cast:
François Civil, Omar Sy, Reda Kateb, Mathieu Kassovitz, Paula Beer, Damien Bonnard, Jean-Yves Berteloot, Alexis Michalik, Étienne Guillou-Kervern


regia:
Alexandre Baudry


titolo originale:
Le Chant du loup


distribuzione:
Adler Entertainment


durata:
115'


produzione:
Pathé Production


sceneggiatura:
Alexandre Baudry


fotografia:
Pierre Cottereau


scenografie:
Benoît Barouh


montaggio:
Nassim Gordji Tehrani, Saar Klein


costumi:
Mimi Lempicka, Judy Shrewsbury


musiche:
Tomandandy


Trama
Un giovane tecnico del suono impegnato a nordo di un sottomarino deve dare il proprio contributo per sventare una minaccia terroristica
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