Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
7.0/10

"Il viola è il colore tra l'umano e il divino, l'unione di due nature"

Carl Gustav Jung

 

Yuni è un’adolescente indonesiana che frequenta l’ultimo anno di Liceo e si trova a vivere un delicato momento della sua vita in cui dovrebbe prendere le prime decisioni importanti. Ha infatti un bivio di fronte a sé: da un lato l’anelito alla libertà col proseguimento negli studi, incoraggiato dalla direttrice, dalle vedute molto aperte, dall’altro il tradizionalismo di una società, quella islamica, patriarcale e poco incline a valorizzare le aspirazioni femminili. Ha una speciale attrazione per tutto ciò che è viola, tanto da appropriarsi addirittura degli oggetti di questo colore che rimangono incustoditi. Il viola è un colore mediano, tra il rosso e il blu. È la rappresentazione cromatica di chi sta in mezzo, di chi non si sente né carne né pesce, di chi non si sente più bambina ma non è ancora adulta. É l'adolescenza.

Kamila Andini, per parlarci di adolescenza, ha scelto Arawinda Kirana. Yuni è una studentessa diligente, ben voluta nella scuola. È attraente e c’è già chi la corteggia, ma lei preferisce concedersi del tempo. Il tempo è una delle chiavi interpretative del film: quello scandito dalla fatidica data dell’esame finale dal quale dipende il suo destino di studentessa e di donna, quello trascorso con le amiche a parlare di scuola, di ragazzi, di sessualità, e quello notturno segnato dai progetti e dai ripensamenti. A mano a mano che i giorni trascorrono, le proposte di matrimonio di improbabili aspiranti mariti che fanno formale richiesta presso la famiglia di Yuni, con tanto di dote, aumentano. La giovane vive tutto ciò con l’angoscia di chi sa che rifiutare due proposte equivale, secondo la tradizione del non detto, a rimanere nubile. In una società tendenzialmente rigida e chiusa, inoltre, il pettegolezzo, l’insinuazione e il sospetto pesano come macigni sulla serenità dei più fragili e sensibili. Anche questo ci dice il film della Andini, e lo fa piuttosto bene, ma soprattutto sa ricreare l’atmosfera che ne deriva attraverso un impiego calibrato delle inquadrature. La regista, che è figlia d’arte, si è già imposta con "The Seen and Unseen", una interessante e riuscita pellicola incentrata sulla relazione tra gemelli, uno dei quali malato terminale. Una delle doti della regista è indubbiamente l’abilità nel trattare temi delicati con un approccio semplice ma non scontato: fino alla fine del film lo spettatore non è in grado di intuire che rotta prenderà la vita di Yuni. Se cioè si piegherà a un matrimonio combinato dalla famiglia o leverà alta la fiaccola del sentimento. Ciò dimostra la perizia in sede di sceneggiatura e montaggio del film. Quando il club islamico che gestisce i progetti e le attività ricreative della scuola dichiara che "la voce è una parte del corpo e deve rimanere coperta" vietando di fatto il canto, o quando nell’incipit il governo sembra orientato a imporre un test obbligatorio sulla verginità delle studentesse per combattere il fenomeno delle gravidanze adolescenziali, sul volto e nell’animo di Yuni si addensano neri nuvoloni. Ancora insicura di sé, le paure, le incertezze, il rischio di diventare oggetto di pettegolezzi infondati la frenano nei suoi approcci all’universo maschile, anche perché di fatto le manca una persona di maggiore esperienza alla quale confidare le sue perplessità.

La costruzione del sistema dei personaggi è lineare ma efficace: dal momento che i genitori sono a Djakarta e l’unico parente a lei vicino è la nonna, ovviamente anche più tradizionalista, il suo isolamento risulta accentuato. È proprio nel tentativo di spezzarlo che la protagonista stringe amicizia con Suci, una parrucchiera ancora giovane ma con già un matrimonio alle spalle. Se Yuni è ben tratteggiata, non meno efficace è il ritratto di Yoga, il suo corteggiatore. Timido e sensibile, riesce ad aprire un canale comunicativo con la ragazza grazie alle sue conoscenze in fatto di letteratura indonesiana.

E questo è il terzo filo logico della pellicola: la figura di Sapardi Djoko Damono (1940-2020) aleggia per tutta la trama attraverso la citazione dei suoi versi e soprattutto la conclusione del film (che non sveliamo), nella quale viene integralmente recitata la poesia "La pioggia in Giugno". Si tratta di versi congeniali a riepilogare tematiche presenti nella trama: l’amore, la crescita, il non detto. Pur non riferendosi espressamente all’adolescenza, la poesia di Sapardi caratterizzata al tempo stesso da intimismo e semplicità è decisamente in linea con il mood del film. Tra l’altro il nome stesso della protagonista richiama per assonanza il titolo indonesiano della poesia: "Hujan Bulan Juni". Ad impreziosire alcune sequenze del film, un buon lavoro in fatto di fotografia, evidente soprattutto nell’ambientazione notturna della stanza di Yuni. 


29/04/2022

Cast e credits

cast:
Arawinda Kirana, Asmara Abigail, Sekar Sari, Marissa Anita, Dimas Aditya, Kevin Ardillova, Rukman Rosadi, Neneng Wulandari


regia:
Kamila Andini


titolo originale:
Yuni


distribuzione:
Cercamon


durata:
95'


sceneggiatura:
Camila Andini, Prima Rusdi


fotografia:
Teoh Gayttian


montaggio:
Lee Chatmetikool


costumi:
Hagai Pakan


musiche:
Alexis Rault, Ken Jenie, Mar Galo


Trama
Indonesia. La disiassettenne Yuni, studentessa modello di umili origini, potrebbe frequentare l’università grazie a una borsa di studio. Tra gli amori platonici verso un insegnante e i passatempi con le amiche, nonostante il clima oscurantista sente il desiderio di crescere e fare esperienze.