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Noi non ce ne accorgiamo, ma tra le persone che incontriamo ogni giorno ci sono immortali, maghi, incubi e soprattutto le incarnazioni di Morte, Destino, Distruzione, Disperazione, Delirio, Desiderio e Sogno, il protagonista di questa serie. Ma regnare sui sogni e gli incubi dell'umanità mette a dura prova anche un Eterno....  Tratta da un fumetto simbolo degli anni 90, la serie Netflix è un'ottima prova di adattamento. Tra horror e poesia, assolutamente da non perdere.

 

(...) We are such stuff
As dreams are made on, and our little life
Is rounded with a sleep.

W.S.

 

Sette aspetti della vita sono controllati (fino a un certo punto) da una famiglia di sette archetipi Eterni: Morte, Destino, Sogno, Distruzione, Disperazione, Delirio, Desiderio. Nel tentativo di imprigionare la Morte, un mago inglese di inizio novecento (alla Crowley) imprigiona per sbaglio Sogno (detto anche Morfeo, Oneiros, Il Creatore di Forme etc etc). Questa catastrofe nel reame del sogno causa l’epidemia di encefalite letargica (sì, quella dei "Risvegli" di Sacks) e più in generale il disordine dei sogni di tutto il Ventesimo secolo. Quando finalmente riuscirà a liberarsi, Sogno dovrà ricostruire un regno, recuperare i propri simboli del potere, rintracciare gli incubi che si sono riversati sulla terra, e ritrovare un senso al proprio compito, al proprio essere.

Il fumetto DC-Vertigo da cui è tratta la serie, integralmente scritto da Neil Gaiman, è uno degli apici del fumetto seriale di tutti i tempi.  Atmosfere goth-horror fanno da cornice a drammi shakespeariani, a riflessioni sui sette elementi chiave della vita elencati sopra, e su tutto quello di cui valga la pena parlare nell’arte, con una raffinatezza di scrittura forse raggiunta in questo tipo di opere solo dal coevo Alan Moore. Si parla di un adattamento dagli anni 90 (allora si pensava ai film, non alle serie) e l’attesa di questo prodotto Netflix era altissima. Come è andata? E’ andata molto bene.

Il comparto scrittura era l’ultimo dei problemi e la scelta è stata quella della fedeltà non solo alle storie ma – giustamente – anche ai dialoghi. A un certo punto Sogno deve andare all’Inferno e deve affrontare varie schermaglie verbali, prima con dei demoni poi con Lucifero stesso. Tali schermaglie sono state saggiamente riprese parola per parola in quanto non migliorabili e l’umiltà ha pagato. Il comparto grafico non era il punto forte di Sandman – i disegnatori cambiavano spesso e anche quelli più bravi (Sam  Kieth, Chris Bachalo) hanno contribuito al fumetto quando il loro tratto era ancora grezzo. E’ quindi una soddisfazione veder prendere davvero forma le terre del sogno, la biblioteca, le stanze dei sigilli. Persino l’Inferno è un inferno con la giusta personalità – si è evitata la standardizzazione-signoredeglianellizzazione della computer grafica fantasy degli ultimi vent’anni. Sul casting menzioniamo solo di sfuggita le critiche reazionarie al cambiamento di genere e etnia di alcuni personaggi. I veri fedeli del fumetto sanno che le incarnazioni degli Eterni e dei loro amici cambiano ogni secolo, quindi nel fumetto avete visto quelle del ventesimo, adesso vedete quelle del ventunesimo. Il casting è invece estremamente efficace, combinando facce note (“C’è da fare un vecchio elegante e cattivo: chiamate Charles Dance!” “E per il vecchio bonario e male in arnese?” “Stephen Fry, l’ha già fatto in “The Dropout””) e colpi di genio come scovare il non proprio celebre Tom Sturridge e farne l’incarnazione perfetta di Sogno. Robert Smith non avrebbe saputo fare di meglio. Anzi Tom Sturridge riesce a rendere come baricentro della propria interpretazione la gravitas di Sogno, di modo tale da modularla sia quando sfiora la cattiveria sia quando mostra delle crepe.

Eppure è confrontando "Sandman" con "American Gods", altra serie basata su una storia di Neil Gaiman – in questo caso un bel romanzo - che l’elemento chiave del successo di Sandman emerge con particolare chiarezza. La differenza sta nel ritmo della narrazione. Sarebbe stato facile impostare un automatismo per cui ad ogni episodio del fumetto (molti sono autoconclusivi) corrispondesse un episodio della serie. Ma i fumetti hanno un numero fisso di pagine, non una durata fissa di lettura. La struttura a vignette, la densità dei dialoghi, manipolano il tempo quanto lo fa il montaggio cinematografico, ma non lo fanno seguendo le stesse tecniche. Qualcuno nel preparare la struttura complessiva della serie se n’è accorto e quindi vediamo due numeri del fumetto condensati spesso nello stesso episodio, talvolta diluiti l’uno nell’altro nel passare dal realismo al delirio alla visione (“24/7”), altre appoggiati l’uno all’altro come due lati di un ponte (“Il suono delle sue ali”), o infine incapsulati come un prologo animato (la gemma “Il sogno di mille gatti”). Questo tradimento su un elemento chiave – la gestione dei tempi - ha permesso una encomiabile fedeltà alla materia della storia.

La fedeltà giunge fino al rispetto dell’eterogeneità. L’ossessione per il world building fa sì che basti vedere cinque minuti di sfondi di un episodio e anche senza personaggi si capisce subito se stiamo guardando “Trono di spade” (o “American Gods”) (o “Stranger Things”) – gli universi fantasy devono essere fortemente caratterizzati per sopravvivere. Ma per fortuna Neil Gaiman deve aver spiegato agli adattatori che la mitologia di Sandman NON è un universo fantasy e non richiede coerenza interna, ma varietà e stranezza. Quindi nell’episodio epico “Una speranza all’inferno” abbiamo giustappunto un inferno di cupi rossi, deformazioni organiche e grandi spazi (“il bosco dei suicidi è diventato una foresta”, mi ricordo quella vignetta da quando avevo 15 anni e non sapevo che era una citazione dantesca). “Il suono delle sue ali” è invece girato con inquadrature strette e movimenti e colori quasi alla Linklater (esagero), solo che qui a passeggiare chiacchierando per ore sono il Sogno e la Morte, che nel frattempo accompagna il passaggio di chi sta morendo (dovete vedere per capire cosa intendo). L’episodio “24/7” – la discesa nel delirio degli avventori di un diner le cui azioni intuiamo riverberare sul comportamento di tutta l’umanità - per essere perfetto avrebbe necessitato della regia di David Lynch. Invece abbiamo a disposizione per maneggiare tale bizzarria solo tale Jamie Childs che ha girato numerosi spot e alcune puntate di Doctor Who. Eppure, a sorpresa, funziona. Il grottesco era a un passo e invece la storia è tesa e ti cattura con i giusti cambi di luce di ritmo e angoli e tutto l’armamentario, fino all’ingresso della CGI solo quando il delirio si fa totale. L’arco di storie “Casa di bambole” è lievemente più diluito, e vira verso un horror anni ’90 classico (i serial killer…) come il materiale di partenza. Sono forse le uniche storie un po’ blande, sorrette fondamentalmente dal carisma del Corinzio, ma ormai siamo avvinti dalla serie e le guardiamo volentieri.  Anche perché la chiusura con “Il sogno di mille gatti” va al di là delle aspettative (letteralmente, non era stata annunciata) – e qui nuovamente cambia tutto. Sogno neanche compare in forma umana e il cambio di prospettiva è portato fino al cambiamento da live action a animazione – è proprio un mondo visto con occhi diversi.

Perfettamente inseriti nelle vicende narrate, gli elementi chiave che vanno a formare l’affresco dei 75 numeri di Sandman sono stati tutti posizionati… Non possiamo che sperare di vedere l’evolversi di tali storie nelle prossime stagioni.

The Sandman
Informazioni

titolo:
The Sandman

titolo originale:
The Sandman

canale originale:
Netflix

canale italiano:
Netflix

creatore:
Neil Gaiman

produttori esecutivi:
Neil Gaiman, David Goyer

cast:

Tom Sturridge, Gwendoline Christie, Vivienne Acheampong, Boyd Holbrook, Charles Dance, Kirby Howell-Baptiste, Sandra James-Young, Mason Alexander Park, Jenna Coleman, David Thewlis, Stephen Fry, Razane Jammal

anni:
2022