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Daniel Craig, Sam Mendes, Naomi Harris - Speciale Skyfall - 007

Daniel Craig racconta la sua trasformazione del personaggio 007, insieme al regista di "Skyfall", Sam Mendes, e alla bond girl "nera", Naomi Harris

ROMA - "Tutti hanno bisogno di un hobby... il mio è la resurrezione".
Chi altro può dirlo se non il vecchio (nel senso che sulla carta festeggia in questa annata i suoi 50 anni) James Bond, che arriva con il piombo a ricordarci che "la giovinezza non è garanzia di innovazione" (frase che qui e ora non scivola senza sorriso), a ripeterci che a lui piacciono "le vecchie maniere", a mostraci che davanti a qualcuno che gli fa a pezzi l'Aston Martin Db5 dei Sessanta la rabbia non è più contenibile, ma che è tutto tranne che vecchio. E non solo perché non arriva ai 50 il Daniel Craig tutto d'un pezzo che gli dà corpo e volto  in questo "Skyfall", ma perché dall'alba della saga in questo 23° capitolo molto, moltissimo è cambiato. Inevitabilmente.

Sulla carta 50 anni compiuti, ma oggi Bond ha imparato anche a piangere, fa meno sesso, riesce a inquietarsi, arriva persino a riprendere la sua Aston Martin e accetta di farsela distruggere ("ma è come se mi avessero staccato un braccio o una gamba"), insomma è umano. È tutto un altro Bond, un altro macho, un altro sguardo, un altro universo, "senza drammatizzare troppo, ma solo tornando al personaggio iniziale di Fleming, che è un uomo che soffre a essere un assassino. Lo fa ma soffre. Ecco siamo ritornati a quel personaggio, giocando con molti elementi per rendere la storia il più realistica possibile e toccante per il pubblico, credo che con questo film siamo riusciti a impostare prospettive per nuove storie".
E non è tutto: "Il mio contratto prevede altri due film e io penso che c'è, dopo questa shakerata, molto materiale" rassicura Craig, che fortissimamente definisce il suo incontro con la Regina avvenuto di recente "surreale" .E non parlategli di fan . Lui e Sam Mendes ci hanno pensato eccome. E sanno ciò che bisogna dare loro o non dare.

"Io sono un gran fan di Bond e lo è anche Sam Mendes. È ovvio che ogni fan ha il suo modo di vedere Bond e noi non possiamo render tutti felici. Questo Bond è il risultato di un lavoro di squadra, è ovvio che qualcuno resterà insoddisfatto, ma noi ci siamo attenuti alla filosofia di base del personaggio".
Ma gli ultimi Bond offrono un realismo che tratteggia un protagonista non carico del superomismo che ormai ci invade in ogni dove con la marea dei fumettistici film con supereroi? "In quei film la formula è quella di un mondo da salvare e di un supereroe che compie l'impresa. Noi abbiamo cercato una connessione col pubblico dal punto di vista emotivo. Abbiamo cercato di impostare il film in modo da rendere Bond un uomo vero, non un supereroe".
Un uomo vero, si fa per dire. Vero come James Bond. E, invece, Craig che uomo è? Lui sorride:"Io sono l'opposto di Bond, anche se mi piace pensare che sarei coraggioso se fosse necessario ma si tratta comunque di un personaggio del tutto fantastico in cui cerco di instillare la mia etica. Devo ammettere, però, che le belle donne, le macchine veloci e i Martini mi piacciono molto ma a chi non piacciono?".

Ma, accanto agli altri Bond, dove si trova Daniel Craig? "Mi sento del tutto diverso dai Bond che mi hanno preceduto, li ho ammirati e se la serie di Bond è durata tanto è perché ognuno ha dato a Bond qualcosa di suo. Partendo dal grande Sean Connery e da Roger Moore , lo 007 con cui sono cresciuto. Moore dice che non sono bello, ma ho il corpo e lo scatto del perfetto assassino? Non posso che concordare".

Tra poco sarà la (seconda) moglie di Nelson Mandela, Winnie, nel biopic "A Long Walk To Freedom", ma intanto Naoni Harris (che recita dall'età di 8 anni) è un agente sul campo affiancata a James Bond in questo capitolo mendesiano della saga, in cui di fatto una vera Bond Girl non c'è. Ma lei si è preparata come se lo fosse: "Cinque ore di allenamento al giorno col mio personal trainer, e poi lezioni al poligono di tiro, lezioni di guida e persino lezioni per imparare a fare la barba col rasoio da barbiere ". Così porta il suo personaggio "scelto in mezzo mondo indipendentemente dal colore della pelle che è ciò che andrebbe sempre fatto" e se le si chiede quanto, anche correttamente aggiornate, le Bond Girl siano anacronistiche risponde: "E' chiaro che riflettono l'epoca in cui Fleming scriveva, è chiaro che le donne erano solo un abbellimento allora, oggi tutto è per fortuna cambiato e le donne intese in quel modo sono inaccettabili. Ma il regista ne era consapevole e, quando mi ha scelto, mi ha detto che assolutamente avrei dovuto interpretare una donna di oggi, essere sicura di me e non essere un'appendice".
Altro che appendice, a lei tocca persino sparare a Bond, tentando di colpire l'avversario: "Sono la prima persona che gli spara, e dunque, per tutto il film devo cercare come personaggio di riscattarmi, all'inizio è stato un vero problema per me. Nel senso che avevo davvero difficoltà al pensiero di quanti mi avrebbero odiata in quella sequenza". Ma si riscatta, vedrete come si riscatta.

Detto ciò, la nota del regista si impone: "Bond non vive e mai vivrà nel mondo reale, quindi non si poteva troppo pigiare sull'acceleratore. Bisognava qui pensare a che cosa oggi ci terrorizza, ma anche depoliticizzare, e fare in modo che Bond giustificasse la sua stessa esistenza. Insomma, abbiamo dovuto evidenziare le critiche ai servizi segreti e dare una risposta".
E non gli parlate della distanza-distinzione tra film d'autore e kolossal... "È una distinzione di una volta, oggi non ne esistono più , ‘Skyfall' ne è la prova". Un film incastrato nel mondo di oggi, nell'Occidente in difficoltà, nell'Occidente pieno di ombre in cui il nemico non è più una nazione, una bandiera, ma solo individui, magari in ordine sparso. In "un mondo che non è più trasparente ma opaco".





Daniel Craig, Sam Mendes, Naomi Harris - Speciale Skyfall - 007