Ondacinema

Dopo un primo tentativo con "Euphoria", A24 cerca di influenzare con i suoi schemi e stilemi la televisione di qualità con un nuovo serial a base di rabbia e ironia spietata

In inglese con il termine "Beef" non ci si riferisce soltanto alla carne di manzo destinata a uso alimentare. La parola ha molteplici altri significati, tra i quali quello di discussione, disputa, scontro – quest'ultima è infatti la parola scelta dai traduttori italiani come titolo per la versione nostrana del fortunato show. È in questa direzione che va dunque inteso il titolo della nuova serie prodotta da A24 per il colosso streaming Netflix. Alla base dello scontro tra Danny Cho e Amy Lau, i due protagonisti del serial, non vi è però un trascorso tra l'uomo e la donna, né una ragione concreta o, ancor meno, razionale. Quando lo squattrinato e tormentato muratore di origini coreane e la stacanovista imprenditrice vietnamita si incontrano, o meglio scontrano, per la prima volta in un parcheggio losangelino, dando vita a un episodio di road rage (furia al volante), è semplicemente la rabbia che covano dentro, verso sé stessi e le circostanze delle proprie esistenze, a metterli l'uno contro l'altra. È dunque l'ira più cieca e irragionevole, quella che obnubila la mente impedendoti di ultimare il proverbiale conteggio fino a dieci e scatena azioni involontarie, a innescare il domino di azioni e ritorsioni alla base di una delle dramedy più coinvolgenti dell'anno.


A macchia d'olio

Interpretati rispettivamente, e in entrambi i casi egregiamente, da Steve Yeun, il romantico Glenn di "The Walking Dead" (il suo uno degli addii più strazianti della celebre serie zombie), e Ali Wong, nota prevalentemente per la carriera da stand-up comedian, a primo acchito Danny e Amy non potrebbero sembrare più differenti. Il primo è un muratore che cerca di rimettere la sua carriera in carreggiata per permettere ai genitori di ritornare negli Stati Uniti in una casa tutta loro, divorato dai sensi di colpa per averne causato la rovina economica e il ritorno in patria; Amy, invece, è una piccola imprenditrice sul punto di chiudere l'affare della vita, vendere la sua azienda di piante per dieci milioni di dollari a un'eccentrica milionaria locale con il vizietto dell'appropriazione culturale (Jordan, interpretata da Maria bello), sposata con uno sfaccendato e avvenente figlio di un noto artista giapponese (George, interpretato da Joseph Lee) e madre della piccola June (la dolcissima Remi Holt).
In realtà i due sono molto più simili di quanto possano immaginare. Entrambi non provengono, al contrario ad esempio del marito di Amy, da una famiglia benestante. Uno di origini coreane e l'altra vietnamite, hanno sempre dovuto sgomitare per farsi valere in una Los Angeles multirazziale per composizione ma forse non ancora per possibilità.La rabbia che entrambi covano dentro, a causa delle propria contingenze familiari e sociali e della soverchiante insoddisfazione che queste causano, li porterà a scoprire il loro più importante trait d'union: Danny e Amy sono due egoisti patologici e in quanto tali tossici per chiunque li circondi, inclusi gli affetti più cari.

Già noto per il suo lavoro con "Undone" e "Dave", partendo da due personalità speculari e afflitte dal medesimo, tracimante malcontento, il creatore e showrunner Lee Sun Jin ha costruito una commedia nerissima dai forti risvolti drammatici che espande il suo raggio d'azione come la più pervicace delle macchie d'olio.
Inizialmente, Danny e Amy si faranno piccoli dispetti, come intrufolarsi nell'altrui dimora per fare pipì sul parquet o del sexting ingannevole sulle app di incontri. La rabbia ribollente che queste piccole malefatte scateneranno porterà però i due non solo ad alzare progressivamente il tiro, ma anche ad allargare le proprie mire, coinvolgendo, più o meno volontariamente, le loro intere sfere affettive. Mariti, fratelli, genitori, cugini, colleghi e un'intera congregazione religiosa verranno presto risucchiati da un vortice di ripicche sempre più macchinose e, va da sé, pericolose. Questa danza macabra e tarantolata ci farà conoscere alcuni personaggi indimenticabili, scritti e interpretati bene tanto quanto i protagonisti. È il caso di Paul (Young Mazino), il dolce fratello di Danny un po' fessacchiotto ma spontaneo e irresistibile, o del loro barbuto cugino Isaac (David Choe), che con i suoi trascorsi criminali aiuterà la situazione a sfuggire decisamente di mano ai due protagonisti.


Modern (r)age Tv Show

Al netto di qualche frenata di troppo nella sua parte centrale e dunque della faida tra Danny e Amy, sempre comunque digeribili grazie a episodi brevi (tutti tra i 30 e i 35 minuti di durata) e alla regia frizzante di Ikari e Jack Schreier, tra dialoghi accattivanti che scavano a fondo nella psiche dei protagonisti e situazioni imprevedibili, "Beef" va dritto come un treno fino alla sua emozionante conclusione. La narrazione della serie non è però sempre lineare, ed è in realtà proprio quando Lee Sun Jin ingarbuglia un po' le carte in tavola che questa compie il definitivo salto di qualità, ovvero negli ultimi 3 episodi.

È infatti a questo punto della serie che gli showrunner ci fanno conoscere più a fondo i due protagonisti, rovistando nel loro passato mediante i flashback dell'ottavo episodio. In quello successivo assistiamo invece a una repentina impennata di tensione in un'ultima drammatica escalation di eventi tragicomici; mentre invece nel decimo e ultimo, lo scontro troverà una sorta risoluzione nel mezzo di un'atmosfera sospesa e a tratti addirittura onirica dove le confessioni dei protagonisti scaveranno nel loro subconscio fino a incontrare la depressione. Non è soltanto la narrazione a farsi più articolata e sfaccettata negli ultimi episodi, a crescere di numero sono qui anche i generi che il serial lambisce e i toni che utilizza.  L'horror, anche virato splatter, da questo punto in poi l'introspezione psicologica e lo humor nero tanto cari alla casa di produzione A24 si infiltrano con insistenza sempre maggiore tra le maglie della storia.

Si può infatti dire che con "Beef" A24 sia riuscita nella missione che con "Euphoria" aveva in parte fallito, quella di portare sul piccolo schermo tutte le caratteristiche che ne hanno decretato il successo al cinema – che vede il suo culmine nella vittoria dell'Oscar di quest'anno con "Everything Everywhere All At Once". Mentre il serial HBO con protagonista indiscussa Zendaya non riusciva a consegnare alla z generation il suo personale "Skins", fornendole invece una versione dello show inglese annacquata e troppo rivolta alla critica woke, "Beef" non soltanto contiene molte delle anime e degli umori che costituiscono il marchio di fabbrica di A24, ma ne porta in tv anche il vincente modello multietnico.

Il convincente cast della serie è infatti perfetto nel portare sullo schermo una Los Angeles multiculturale dove gli immigrati di seconda generazione sono parte integrante del tessuto sociale cittadino e non più soltanto forza lavoro che ne popola i quartieri ghetto. Alcune tra le battute ricorrenti della serie, che non stiamo qui a citare per evitare odiosi spoiler, mostrano quanto la condizione di immigrati sia stata in qualche modo interiorizzata dagli asian american nati sul suolo statunitense; il modo in cui i personaggi di "Beef" agiscono e le diverse posizioni che occupano nella società americana presentano invece una generazione perfettamente integrata, proprio come lo sono gli attori che li interpretano.

Al netto di una moderna colonna sonora firmata da Bobby Krlic, in arte The Haxan Cloak (producer noto come solista tanto quanto per i lavori con Bjork, Father John Misty e Goldfrapp), l'unica concessione alla nostalgia e alla retromania da parte di "Beef" riguarda l'uso, tipico delle serie tv indipendenti degli anni 00, di grandi classici per enfatizzare le scene conclusive degli episodi. Ciascuno di questi viene dunque chiuso da un inno immortale dell'alternative rock anni 90 e 00, con pescaggi di lusso dai canzonieri di Smashing Pumpkins, Incubus, Hoobastank, Morphine, Kean, Offspring e diversi altri. Per il resto, "Beef" è una serie moderna in tutto e per tutto, montata con gran ritmo e filmata con algida eleganza, profondamente radicata nei suoi tempi e dunque spietata nell'affrontarne spettri e contraddizioni con tutti i filtri e i registri di cui dispone. Con due protagonisti irresistibili e credibili, nei quali è possibile specchiare le proprie nevrosi, paure e piccoli raptus di follia, che fungono da ineluttabile magnete per gli spettatori disposti a riconoscere il proprio lato oscuro, sbirciarci dentro e riderci un po' su. A denti stretti.

Lo scontro
Informazioni

titolo:
Lo scontro

titolo originale:
Beef

canale originale:
Netflix

canale italiano:
Netflix

creatore:
Lee Sung Jin

produttori esecutivi:
Lee Sung Jin, Steven Yeun, Ali Wong, Jake Schreier, Ravi Nandan, Alli Reich

cast:

Ali Wong, Joseph Lee, Young Mazino, David Choe, Maria Bello, Steven Yeun

anni:
2023