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recensione di Livio Cavaleri
7.0/10

"In trentacinque anni di meritato servizio non ha mai sparato un colpo". L’aura che circonda Franco Amore, Pierfrancesco Favino, è di poliziotto incorrotto. L’assistente capo, al rientro a casa, trova una festa a sorpresa. Dal mattino seguente sarà in pensione. Ma durante la serata un’ultima emergenza richiama l’agente sulla strada. Fine della prolessi.

La ricostruzione degli eventi riconduce alla festa con un’approssimazione calcolata. Franco per arrotondare fa da autista e guardia del corpo a Cosimo (Antonio Gerardi), gioielliere, calabrese anche lui e parente della moglie. Forse è possibile essere calabresi e fare affari, a Milano, senza essere 'ndranghetisti. Quando un cliente di Cosimo, un imprenditore cinese, ha un infarto in camera di albergo, Franco accorre: un carrello all’indietro suggerisce che non riuscirà a salvarlo. Invece l’uomo sopravvive e accoglie in casa il poliziotto e la moglie Viviana – la brava Linda Caridi, con lo sguardo amorevole e ingenuo di chi viene dalla provincia. La corte cinese è popolata di giovani tatuati con pose da gangster.
In questa Milano senza milanesi, dove tutti sono immigrati, è fin troppo facile cadere nei luoghi comuni e ancora più facile immaginare le premesse di una nuova Gomorra. Ma "L’ultima notte di Amore" non ha i connotati del crime, fin qui. Se è pur vero che Franco è uno sbirro onesto, vivere a Milano con 1.800 euro al mese, con una figlia che studia a Brighton, non è possibile e l’agente di polizia, vinte le sue remore, a poche ore dalla pensione, svolge un lavoro per conto dei cinesi. Il capofamiglia ha assicurato che l’affare è pulito. Favino porta il collega, Francesco Di Leva, con sé. I due attori, già complici in "Nostalgia", ritrovano e migliorano la loro intesa.

Notte, l’uso dell’illuminazione è limitato allo stretto necessario; la cupezza della pellicola vena il film di noir, ma i toni sono diversi. La colonna sonora di Santi Pulvirenti, tesa come certe musiche dei Goblin ma più corposa, irrompe e strappa le scene, poi si spegne. Durante il viaggio in auto per scortare i soci dei cinesi, la tensione è appena percettibile. Le inquadrature sono strette, asfittiche dentro l’abitacolo della vettura; le battute centellinate. La calma si protrae in modo sospetto. Giochi di sguardi negli specchietti. Gli eventi, più che precipitare, si sgretolano. Il montaggio è a tratti accidentale e ci vorranno alcune sequenze perché il fatto, a posteriori, venga compreso. La temperatura delle scene ricorda "Heat", ma qui l’azione è contratta e il regista accelera la risoluzione. In un repentino cambio di ritmo – i cadaveri in autostrada con le altre vetture che continuano a sfrecciare nel buio – l’intreccio ritorna al suo incipit; la prolessi è ritrovata e insieme smentita dagli eventi. La suspense, al suo apice a metà film, resterà insuperata; il racconto sembra aver toccato il suo massimo potenziale e invece ha raggiunto un punto di equilibrio.

Più avanti lo svolgimento ha qualche momento d’incertezza, c’è la fretta d’individuare i colpevoli e risolvere il giallo. Però l’impianto funziona, e molto meglio rispetto al primo film del regista, "Escobar" (dove, ha scritto Vincenzo Lacolla su questa webzine, la narrazione era "ortodossa e prevedibile"). Nella nuova opera la mano dell’autore, più sicura, abbozza uno stile personale.
Dopo i fatti dell’autostrada, Franco è colto dalla paura e diventa gracile come Marco Carrera nel "Colibrì"; poi, alla resa dei conti, il protagonista muta la sua bonarietà e riprende il muso inquieto di Mimmo ("Senza nessuna pietà"). La prova di Pierfrancesco Favino è come sempre centrata, proporzionata al ruolo; il calabrese è usato con prudenza. L’attore ha questa capacità d’indossare e smettere identità diverse, senza ripetersi, con il corretto distacco e senza mai portare in scena sé stesso; accadeva in "Hammamet" (secondo Antonio Pettierre il risultato di una "clonazione", più che di una mimesi) e "Il traditore" come in opere poco o per nulla riuscite quali "Promises" e "Gli anni più belli". Per questo, forse, Favino è il miglior attore italiano della sua generazione.


10/03/2023

Cast e credits

cast:
Pierfrancesco Favino, Linda Caridi, Francesco Di Leva, Antonio Gerardi


regia:
Andrea Di Stefano


distribuzione:
Vision Distribution


durata:
124'


produzione:
Indiana Production, MeMo Films, Adler Entertainment


sceneggiatura:
Andrea Di Stefano


fotografia:
Guido Michelotti


scenografie:
Carmine Guarino


montaggio:
Giogiò Franchini


costumi:
Roberta Frangella


musiche:
Santi Pulvirenti


Trama
Milano. Franco Amore, assistente capo di polizia, è giunto alla pensione. La festa a lui dedicata è interrotta da un’emergenza. Gli eventi occorsi durante la sua ultima notte di servizio riconducono a quel momento.