Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
6.5/10
Per quanto si dica spesso che i film non sono mai all'altezza dei libri da cui sono tratti, i romanzi più popolari e venduti trovano la via del grande schermo abbastanza velocemente e con facilità. Non ha fatto eccezione "La ragazza del treno" dell'inglese Paula Hawkins, thriller da undici milioni di copie vendute, il più grande successo editoriale del 2015. Costruito sulla scomparsa di una giovane donna, sposata e apparentemente felice, il romanzo ha fatto breccia nei lettori proponendosi come una sorta di nuovo "L'amore bugiardo", paragone che ha riguardato anche l'adattamento cinematografico, per quanto Tate Taylor e David Fincher siano due registi piuttosto diversi.
Taylor, classe 1969, ha lavorato per vari anni come attore cinematografico e televisivo, ma è riuscito a dare una versa svolta alla sua carriera realizzando, in qualità di regista, la versione per il grande schermo del bestseller "The Help" di Kathryn Stockett, sua amica di vecchia data che, con grande generosità, gli aveva promesso i diritti del suo libro. Dopo un tentativo meno fortunato, almeno al botteghino, nel cinema biografico ("Get On Up" del 2014, dedicato a James Brown), Taylor torna a fare ciò che finora gli ha portato bene, adattare un libro caro al grande pubblico dove i personaggi femminili hanno un peso preponderante.

La ragazza del titolo è Rachel, una giovane divorziata che non accetta la fine del suo matrimonio e che passa le giornate recandosi a New York (la produzione hollywoodiana ha voluto sacrificare l'ambientazione londinese del romanzo, anche se la storia non ne risulta snaturata), trascorrendo le ore a bere e a fantasticare su una coppietta osservata abitualmente dal finestrino della vettura, che incarna quella felicità a lei sfuggita. Chi ha letto Patricia Highsmith o Agatha Christie sa che i treni sono un mezzo di trasporto che per qualche ragione porta i passeggeri a fare incontri o scoperte non sempre desiderate e nel caso di Rachel la scoperta consiste nel vedere la bionda mogliettina amoreggiare con un altro uomo. La cosa è sufficiente a far precipitare il labile equilibrio di Rachel; e le cose di lì a poco si complicheranno ulteriormente con la scomparsa improvvisa della giovane donna. Si scopre anche che la coppia abita praticamente accanto alla casa che la protagonista divideva con l'ex-marito Tom e dove questi adesso vive con l'ex-amante, Anna, e una figlia neonata. Proprio la mancata maternità è stata l'origine del crollo di Rachel che coi due si comporta in maniera molesta con telefonate insistenti e visite inaspettate. Il suo atteggiamento è di certo ossessivo e preoccupante, o almeno questo pensa Anna. La giovane scomparsa è inoltre l'ex-babysitter della piccola. Rachel, che si trovava in zona il giorno in cui si sono perse le tracce della ragazza, cercherà di scoprire cosa è successo veramente.

La sceneggiatura porta la firma di Erin Cressida Wilson, famosa per film come "Secretary" e "Chloe", nei quali il soggetto forte è il pretesto per proporre ritratti femminili non banali. Nonostante inizialmente si abusi della voce over, il thriller è ben costruito e anche i lettori affezionati stavolta dovrebbero ritenersi soddisfatti. Il regista si misura per la prima volta col genere e trova un bell'aiuto nella danese Charlotte Bruus Christensen, una delle poche donne direttrici della fotografia a essersi affermate internazionalmente. Probabilmente altri (un nome su tutti, Verhoeven) avrebbero saputo maneggiare il materiale in modo più incisivo, Taylor in compenso si riconferma valido direttore di attrici, forse erede di una tradizione che in passato a Hollywood ha potuto contare su nomi come Sidney Lumet e Alan J. Pakula.
L'eterna "Full Metal Bitch" Emily Blunt incarna con passione i dolori e la disperazione di Rachel, madre negata e moglie ripudiata, che non riesce a elaborare la sua disperazione. Il film non ha bisogno di farcela vedere come il relitto umano di cui si legge nel libro, ma gli occhi della protagonista sono sufficienti a renderla un personaggio credibile. Dai tempi di "My Summer Of Love" e "Il Diavolo veste Prada" fino al recente "Sicario", l'attrice inglese, divenuta americana per ragioni di cuore, si è dimostrata interprete talentuosa e affidabile.

Se il film, successo al botteghino a parte, avesse avuto un'accoglienza critica migliore, la Blunt, grazie alla sua woman under influence, avrebbe potuto aspirare a un posto al sole durante la stagione dei premi. Ma speriamo che presto le arrivi l'occasione giusta. Il regista ha la mano felice anche con Haley Bennett (la gone girl), Rebecca Ferguson (nel ruolo ingrato della nuova moglie) e Allison Janney (la poliziotta grillo parlante). Rovesciando quella che è ormai una convenzione dei film mainstream, a risultare più opache, per quanto funzionali alla trama, sono le figure maschili: Justin Theroux (l'ex-marito Tom, in un ruolo per il quale la produzione aveva fino alla fine tentato di aggiudicarsi Chris Evans), Luke Evans ed Edgar Ramirez stavolta accettano cavallerescamente di lasciare la ribalta alle signore loro colleghe.

04/11/2016

Cast e credits

cast:
Emily Blunt, Haley Bennett, Rebecca Ferguson, Justin Theroux, Luke Evans, Edgar Ramirez, Allison Janney


regia:
Tate Taylor


titolo originale:
The Girl on the Train


distribuzione:
01 Distribution


durata:
112'


produzione:
DreamWorks Pictures


sceneggiatura:
Erin Cressida Wilson


fotografia:
Charlotte Bruus Christensen


scenografie:
Kevin Thompson


montaggio:
Andrew Buckland, Michael McCusker


costumi:
Michelle Matland, Ann Roth


musiche:
Danny Elfman


Trama
Una donna divorziata e in crisi si lascia coinvolgere nella scomparsa di una ragazza che vive vicino alla sua vecchia casa
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