Ondacinema

recensione di Matteo Zucchi
7.5/10

Under the Silver Lake

 

La vita è una cosa odiosa e, dallo sfondo che si cela dietro ciò
che scorgiamo di essa, sappiamo che si affacciano sinistri barlumi
di verità che la rendono mille volte più odiosa.
Howard Phillips Lovecraft, "Le vicende riguardanti lo scomparso Arthur Jermyn e la sua famiglia"

 

Chissà se durante la quarantena che sta chiudendo in casa anche buona parte degli Stati Uniti David Robert Mitchell è restato a Los Angeles o è tornato nella natia Clawson, Michigan. Sembra una facezia ma potrebbe suggerire qualcosa riguardo all’interpretazione della sua sfaccettata, e confusionaria, terza pellicola, figlia di uno sbarco a Hollywood sicuramente epocale per il regista, anche perché inseguito per tutta la sua carriera cinematografica. Basta un’occhiata superficiale ai film precedenti di Mitchell per rendersi conto di quanto l’immaginario del cinema statunitense (i suoi generi, i suoi topoi, le sue forme estetiche) sia il loro vero protagonista, molto più dei personaggi, pur solitamente ben caratterizzati e interpretati anche laddove il genere e le situazioni non lo prevederebbero. E difatti già dopo pochi minuti "Under the Silver Lake" non delude le aspettative e la brama espressiva del regista, travolgendo lo spettatore con dozzine di citazioni a decenni di cultura popolare statunitense.

L’eterno ritorno è forse l'immagine più rappresentativa del cinema mitchelliano, che seguita perennemente a mettere in scena le stesse situazioni e le stesse problematiche, mentre i suoi protagonisti compiono attività ripetitive e la regia e la colonna sonora (qui sempre di Disasterpeace e forse fin troppo sfaccettata e classicheggiante) assecondano quest’ostinata ricorsività. Il film è appena iniziato, tra l’altro con un crescendo che ricorda l'introduzione dell'"Also Sprach Zarathustra" con cui si apre "2001: Odissea nello spazio", e la figura del cerchio viene già costruita attorno all’occhio dello spettatore con una panoramica circolare memore dell'incipit di "It Follows". Così si produce anche una prigione che circoscrive i limiti del visibile a ciò che sta attorno al protagonista Sam, unico nucleo accentratore della pellicola e unico punto di vista sulle vicende, costringendo ancora una volta lo spettatore a subire la parzialità e la fragilità del punto di vista di un protagonista debole e incostante, una vera e propria figura narrativa che avanza incespicando e facendo procedere il film con la sua continua esplorazione, anche stavolta una disperata quête (che ha un che di arturiano, anzi galahadiano) nella selva di segni che è il reale.

O che forse non è (il) reale, come si chiede Sam, un memorabile Andrew Garfield, ma una foresta di simulacri che esistono solo per essere ammirati e inseguiti, mettendo in luce, tramite la prospettiva delirante del film e del suo protagonista, il vero e proprio "impero dei segni" che è l’immaginificio hollywoodiano, la cui produzione massiva di icone non può essere resa che con la valanga di citazioni che riempie "Under the Silver Lake" e che in più di un momento fa legittimamente dubitare sulla presenza di una direzione per il progetto. In numerose occasioni, si pensi alla lunga sequenza del detour notturno di Sam, la sequela di riferimenti e svolte narrative può apparire un'indulgente esondazione di immagini da parte di un regista che già in passato ha dimostrato di prediligere l’efficacia subitanea alla consistenza narrativa (lo scontro nella piscina di "It Follows" o gli happy ending incrociati di "The Myth of the American Sleepover"). È difficilmente discutibile che il terzo film di Mitchell non riesca a venire pienamente a patti con la smisurata ambizione del cineasta e l’enorme universo di cultura pop che vuole sviscerare e decostruire, rischiando spesso di franare sotto un simile peso e rivelare, con gran godimento delle legioni di detrattori che lo sbeffeggiano dalla sua opera seconda, la vacuità dell’idea di cinema che ha condotto gli spettatori attraverso i suoi tre film.

Così come il cerchio, anche il vuoto è un concetto centrale nel cinema di Mitchell, un’alterità totale che minaccia i suoi protagonisti, da cui cercano di fuggire e verso cui sembrano essere inesorabilmente attratti e che rappresenta il tempo che passa, le responsabilità che aumentano, una creatura demoniaca che avanza senza requie e una cospirazione che rende inconoscibile la realtà e, ovviamente, tutto questo e molto altro simultaneamente. La coazione a ripetere che muove Sam come gli omologhi dei film precedenti anima anche le pellicole di Mitchell stesse, spinte dal desiderio di mostrare quest’alterità così come i protagonisti sono mossi dalla libido, forza basilare (come le caratterizzazioni minimali eppure efficaci) che viene frustrata nella reiterazione analogamente al piacere spettatoriale, costretto in narrazioni ripetitive di cui il fuoricampo e l’ellissi sono le tecniche cinematografiche fondanti, realizzanti anche a livello cinematografico il vuoto succitato. Questa contraddizione che sta al cuore del cinema del regista di Clawson deflagra in "Under the Silver Lake", il quale espone la meccanicità suddetta nella struttura rigidamente ricorsiva con cui si susseguono le tappe del viaggio di Sam verso la "Cosa", celata a fatica dietro una patina di ludica caoticità degli eventi.

Nei finali di "The Myth of the American Sleepover" e "It Follows" (va inoltre dato atto a Mitchell di saper sempre scegliere dei titoli molto suggestivi) i protagonisti riuscivano a esorcizzare in qualche maniera quel nulla, principalmente per via emotiva/sessuale, assumendosi quindi le responsabilità della crescita, cui corrispondeva l'immagine di loro in cammino verso l'avvenire, pur spesso con uno spettro della "Cosa" alle spalle. Sam invece non marcia verso il domani, da vero NEET alle porte dei trent'anni, ma contempla i cambiamenti della propria vita e del proprio futuro dal di fuori, rappresentando la disillusione della maturità che sa soltanto che quest'ultima non arriverà mai per davvero e che si riflette nel tono più divertito e scanzonato del film rispetto ai predecessori. Eppure, come i ragazzi dei sobborghi di Detroit dei primi film di Mitchell, anche Sam alla fine non viene annichilito perché diviene consapevole del proprio passato, continuamente alluso e mai messo in scena, leggendo nella selva di segni in cui l'ha trasformato l'onnipresente immaginario hollywoodiano ("Come sposare un milionario" alla tv, le tre bambole, Sarah) la traiettoria che forse era destinato a compiere e che lo identifica come pedina (l'onnipresente simbolo della scacchiera, erede dei giochi di società presenti negli altri film) di questo "grande gioco" che è sia l'inverosimile cospirazione in cui finisce invischiato che la magmatica pellicola di cui è protagonista.

Confusi? Lo è anche il sottoscritto, che si mangia le mani a pensare a quanti spunti questo marasma di film lascia senza sviluppi e a quanti di questi potevano essere inseriti nella recensione. D'altronde, per citare la volpe parlante di "Antichrist" (parlando di un altro cinema ludico in cui c'è ben poco da scherzare), "chaos reigns".

 

Da "It Follows"
"It's funny. We still dream about being old enough to going dates,
to have our own friends in the car. I had this image of myself. […]
It's never about going anywhere, really. It’s having some sort of freedom,
I guess. Never old enough, and the hell do we go."


27/03/2020

Cast e credits

cast:
Andrew Garfield, David Yow, Grace Van Patten, Jimmy Simpson, Jeremy Bobb, Callie Hernandez, Patrick Fischler, Topher Grace, Riley Keough, Don McManus


regia:
David Robert Mitchell


durata:
139'


produzione:
Pastel Productions, Michael De Luca Productions, Stay Gold Features, Vendian Entertainment, Salem St


sceneggiatura:
David Robert Mitchell


fotografia:
Michael Gioulakis


scenografie:
Michael Perry


montaggio:
Julio C. Perez IV


costumi:
Caroline Eselin


musiche:
Disasterpeace


Trama
Il disoccupato Sam vive nel quartiere di Silver Lake a Los Angeles, sfoggiando un bell'appartamento e un'auto tamarra nonostante la mancanza di denaro e la cronica voglia di far nulla, se non accoppiarsi con ogni bella ragazza possibile. Affascinato da una giovane conosciuta nella piscina del condominio e apparentemente da lui attratta, Sam si lancia in una serie di mirabolanti e stranianti avventure alla ricerca della ragazza, apparentemente scomparsa, mentre la realtà circostante inizia a crollare a pezzi, rivelando misteriose e imprevedibili cospirazioni.
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