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Il cinema si è occupato in vari modi delle storie umane, politiche e militari della Grande guerra. In questo speciale sintetico vi proponiamo dodici film, spaziando dal 1930 al 2019, per una panoramica sul conflitto che ha segnato la storia del Novecento

È passato ormai più di un secolo dalla fine della Grande guerra, il conflitto degli imperialismi e dei nazionalismi europei che ha forgiato col sangue e l'acciaio i destini del mondo intero. La Prima guerra mondiale non è stata solo il suicidio dell'Europa - come si evince nel saggio di Giuseppe Romolotti ("1914 Suicidio d'Europa"), ma anche l’inizio di una lotta tra paesi europei e tra classi sociali che non termina nel 1918, ma - dopo una lunga tregua - prosegue con la Seconda guerra mondiale per trovare finalmente una fine solo nel 1945, come giustamente intuito dallo storico tedesco Ernst Nolte ("La guerra civile europea, 1917-1945. Nazionalsocialismo e bolscevismo"). Una guerra costata la vita a circa quindici milioni di uomini (e altrettanti mutilati), costruita passo dopo passo per anni da tutti i protagonisti (la continua corsa agli armamenti di tutte le nazioni europee), basata su invidie imperialiste e avidità di potere, che vede tutti i governanti europei, soprattutto (ma non solo) il Kaiser tedesco Guglielmo II, alla ricerca di un motivo valido, un casus belli spendibile per l’opinione pubblica. Il 28 giugno 1914 l‘assassinio a Sarajevo dell'arciduca erede al trono d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando da parte del terrorista nazionalista serbo Gavrilo Princip diventa la manna dal cielo per chi da tempo non aspettava altro. Il casus belli è quindi servito su un piatto d'argento. La guerra ha inizio e le conseguenze andranno molto oltre gli aspetti prettamente militari. La caduta dell’impero ottomano, la Rivoluzione russa, l'avvento del fascismo italiano, la crisi della Germania e la tragica presa del potere da parte dei nazisti sono tutti eventi che nascono direttamente dalle macerie della Grande guerra.

Il cinema si è occupato in vari modi delle storie umane, politiche e militari della guerra, prendendo spesso spunto sia dalla letteratura antimilitarista - come i testi di Erich Maria Remarque ("Niente di nuovo sul fronte occidentale"), Humphrey Cobb ("Orizzonti di gloria"), Ernest Hemingway ("Addio alle armi"), Dalton Trumbo ("E Johnny prese il fucile"), Emilio Lussu ("Un anno sull'Altipiano") - sia da fatti realmente accaduti ("Joyeux Noël - Una verità dimenticata dalla storia"). Seppur buona parte dei film siano ambientati nelle trincee, quindi caratterizzati da un marcato realismo, una minoranza delle opere ha una visione della guerra più filosofica, come se questa fosse un pensiero maligno che lentamente pervade le menti degli uomini per cambiarle dal profondo, in questo legandosi fortemente al capolavoro di Thomas Mann, "La montagna incantata", in cui il preambolo della guerra si manifesta agli occhi del protagonista Castorp nel sanatorio di Davos, dove è ricoverato. Castorp si accorge che dopo un periodo di serenità, dove tutto sembra andare per il meglio e dove i rapporti tra i pazienti del nosocomio sono gioviali (metaforicamente, la Belle Époque), a un certo momento - senza una ragione evidente - le persone sembrano non capirsi più, tutti litigano e urlano per i motivi più futili per cercare di ottenere vantaggi di ogni tipo (il trionfo dei nazionalismi e l’inizio della guerra). Accostabili a questa visione metaforico-filosofica della guerra vi sono film come "Tramonto", "Il nastro bianco" e in parte anche "Jules e Jim". (VD)

Ecco una serie di film esposti in ordine cronologico di cui si consiglia la visione.

1. All'ovest niente di nuovo (Lewis Milestone, 1930)

"Niente di nuovo sul fronte occidentale", il celebre romanzo di Erich Maria Remarque, è ormai un classico della letteratura antimilitarista, anche grazie alla celebre trasposizione cinematografica di Lewis Milestone del 1930. Fedelissimo al romanzo, "All'ovest niente di nuovo", è un piccolo gioiello della filmografia degli anni 30 che fa ben comprendere la costante sofferenza dei soldati, quel senso perenne di vicinanza alla morte e il distacco assoluto tra i cattivi maestri, che da una cattedra parlano di grandi vittorie, e chi concretamente si trova suo malgrado nelle trincee tra fango e pidocchi. Nel 2022 Netflix ha prodotto un remake molto meno fedele al romanzo, con un’ottima interpretazione dei protagonisti ma penalizzato dall’eccessiva libertà interpretativa del regista che stravolge in buona parte il romanzo di Remarque. (VD)

2. Orizzonti di gloria (Stanley Kubrick, 1957)

All’interno di una filmografia tanto memorabile può apparire persino come un film minore, ma in realtà "Orizzonti di gloria" può esser considerato il primo capolavoro di Stanley Kubrick. Incentrato quasi interamente sulla psicologia dei soldati e dei generali, il film riflette - sette anni prima di "Il dottor Stranamore" e trenta prima di "Full Metal Jacket" - sulla follia del potere e sulle tragedie che può provocare in determinate circostanze storiche. Ambientata nel fronte franco-tedesco, la storia ha come protagonisti due soldati francesi che non partecipano a un'azione suicida imposta dall'ordine perentorio del loro generale. Questa loro azione scatenerà conseguenze che metteranno in risalto la follia del potere assoluto lasciato nelle mani di persone meschine e senza pietà. (VD)

3. Addio alle armi (Charles Vidor, 1957)

La lost generation fu un termine coniato da Ernest Hemingway per indicare quei ragazzi nati tra il 1896 e il 1900 che compirono diciotto anni sul fronte durante i fuochi della Prima guerra mondiale. "Addio alle armi" del 1957 per la regia di Charles Vidor, tratto dal romanzo più personale e celebre di Hemingway (insieme a "Fiesta"), racconta quel periodo dannato quasi con disincanto, intrecciando una storia d’amore tra il giovane protagonista e una avvenente infermiera. Curiosa proprio in questo film anche la mescolanza tra le star del cinema americano del periodo (Rock Hudson) e alcune celebrità locali (Vittorio De Sica e un giovane Alberto Sordi). (FT)

4. La grande guerra (Mario Monicelli, 1959)

Uno dei primi capolavori di Mario Monicelli, maestro della commedia tragica all’italiana, vincitore del Leone d’oro ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini, La Grande guerra prosegue sulla strada del cinema neorealista del racconto degli episodi più tragici della storia itakiana ma lo fa coniungando commedia e tragedia, influenzando una serie di altri registi tra i quali Dino Risi che con La marcia su Roma (1962) ricalca in gran parte la poetica di Monicelli. Due uomini molto diversi tra loro, il milanese interpretato da Vittorio Gassman e il romano interpretato da Alberto Sordi, si ritrovano in guerra e nonostante la diversità si comprende subito quanto siano in fondo uniti dalla paura e dalla codardia. Nonostante questo, e a differenza dei tanti finti eroi dai discorsi bellicosi, riusciranno a trovare il loro riscatto in un finale memorabile. (VD)


5. Jules e Jim (François Truffaut, 1962)

Seppur in modo apparentemente marginale, la Prima guerra mondiale entra anche nel capolavoro di Truffaut, ispirato dal romanzo di Henri-Pierre Roché. L’opera del regista francese ci presenta la storia di due anime semplici e assolutamente pure che cercano di prendere dalla vita tutta la bellezza che questa può dare, dall'amicizia più autentica (una vera affinità elettiva) alla passione per l’arte, il teatro e la letteratura, al totale disinteresse per il denaro, tra interminabili discussioni su opere teatrali e poesie, per una continua ricerca della bellezza in ogni sua forma, rasentando a volte momenti di vera felicità, interrotti solo da inattese idee misogine di Jules. A questa coppia indissolubile si associa Catherine, interpretata da una delle muse del cinema francese dell’epoca, Jeanne Moreau, che entra nelle vite dei due protagonisti come un’opera d’arte, aumentando ancor di più il legame delle loro vite con la bellezza. L'inizio della guerra rompe questo equilibrio incantato. Jules è tedesco mentre Jim è francese, quindi si ritrovano a combattere l’uno contro l'altro in una guerra assurda. Entrambi sopravvivono, ma al loro ritorno, nonostante inizialmente tutto sembri come prima, le cose iniziano rapidamente a cambiare. La passione per l’arte diventa un lavoro che occupa gran parte della giornata (Jim fa il traduttore di opere teatrali), la gelosia ottenebra i rapporti prima assolutamente candidi, la passione sessuale e il senso di possesso prendono il posto della spiritualità, il sogno di una relazione diversa da quella della coppia tradizionale naufraga di fronte alla realtà. Tutto lascia presagire il tragico finale, che può essere interpretato anche come conseguenza diretta dell'impazzimento causato dalla guerra. (VD)

6. Uomini contro (Francesco Rosi, 1970)

In Italia un film politicamente controverso fu "Uomini contro" di Francesco Rosi del 1970, tratto dal romanzo "Un anno sull’altipiano" di Emilio Lussu, con Mark Frechette e Gian Maria Volonté. Il senso del film era la denuncia di un certo tipo di atteggiamento da parte dei superiori che mandavano a morire allo sbaraglio, senza alcuna preparazione o tattica, migliaia di giovani soldati. Nella pellicola non c’è spiraglio né speranza per queste anime perse tra il freddo gelido e la disperazione. Gli attacchi frontali verso il confine nemico, con gravi perdite, sono la metafora del "morire per la patria - morire per nulla" e gli espedienti per ridurre il numero dei morti, come l’utilizzo della Corazza Farina, rasentano il limite tra il grottesco e il ridicolo. Persino i propri nemici, a un certo punto, urlano ai protagonisti di non attaccare più, mostrando più umanità rispetto ai generali del proprio stesso esercito. Probabilmente il capolavoro del cinema italiano di guerra, alla sua uscita fu boicottato in ogni modo e pochissime furono le sale a proporlo. Francesco Rosi fu persino denunciato per vilipendio dell'esercito, ma infine giustamente assolto. (FT)

7. E Johnny prese il fucile (Dalton Trumbo, 1971)

Straziante inno antimilitarista scritto e successivamente diretto dopo trent'anni dalla pubblicazione del libro da Dalton Trumbo, "E Johnny prese il fucile" è solo casualmente ambientato durante la Prima guerra mondiale, ma potrebbe essere tranquillamente riferito a tutte le guerre di ogni epoca. Johnny è un ragazzo americano di campagna, convinto dalla propaganda del suo governo a partire in Europa per combattere contro la Germania del Kaiser, ma si ritrova gravemente mutilato e incapace di comunicare col mondo esterno. Quello di Dalton Trumbo è un manifesto pacifista contro ogni forma di conflitto, che ci urla con poesia e commozione che una guerra giusta non può esistere. Le immagini del film sono state anche utilizzate dai Metallica nel videoclip del brano "One". (VD)

8. Gli anni spezzati (Peter Weir, 1981)

Singolare anche l’australiano Peter Weir che con il suo "Gallipoli" ("Gli anni spezzati") del 1981 mette in scena la realtà poco conosciuta dell’esercito australiano impegnato sul fronte turco insieme all'esercito inglese. Ma il film è un pretesto per raccontare una straordinaria storia di amicizia tra i due protagonisti tra cui spicca un giovanissimo Mel Gibson. Ambientata dapprima tra le lande infinite degli spazi australi e successivamente in prima linea tra le trincee, la pellicola indaga più sul rapporto personale tra i protagonisti che sul conflitto vero e proprio, relegato negli ultimi minuti del film, quando Gibson tenterà una corsa contro il tempo per salvare il suo amico/compagno d’armi. Fatto davvero insolito è la piccola partecipazione alla pellicola dell’attore Max Wearing che diverrà poi collaboratore musicale dei Death In June nel disco "Occidental Martyr". (FT)

9. Joyeux Noël - Una verità dimenticata dalla storia (Christian Carion, 2005)

Tratto da un'incredibile storia vera, "Joyeux Noël" - del regista francese Christian Carion - descrive dettagliatamente la notte di Natale del 1914, la prima della guerra mondiale e dei clamorosi episodi di fratellanza tra soldati degli eserciti francesi, tedeschi e scozzesi che hanno cantato insieme canzoni natalizie, brindato e festeggiato fuori dalle trincee e persino improvvisato partite di calcio nella terra di nessuno. Una storia che è un inno alla pace universale e un messaggio sull'insensatezza di tutti i conflitti combattuti da giovani che - in fin dei conti - coltivano gli stessi sogni e le stesse ambizioni. Candidato agli Oscar nel 2006 come miglior film straniero, "Joyeux Noël" è un film commovente che - seppur viziato da alcuni momenti simili a un film per la tv - merita un plauso per il coraggio del regista di raccontare una storia poco nota che dovrebbe far aprire gli occhi sui disastri creati dalla perdita della ragione di guerre e nazionalismi. (VD)

10. Il nastro bianco (Michael Haneke, 2009)

"Il nastro bianco" è un film singolare, quasi metafisico. Esce nel 2009 per la regia di Michael Haneke, ed è una storia che racconta - mediante fatti inquietanti e premonizioni dolorose ai danni di un piccolo villaggio della Germania protestante, l’arrivo della Grande guerra. Il conflitto non è presente, ma i protagonisti vivono costantemente nel terrore che qualcosa stia effettivamente per succedere. Il medico del villaggio cade da cavallo e si ferisce a causa di una corda tesa nell'erba; il figlio del barone viene seviziato. La finestra della camera di un bambino in fasce viene lasciata aperta in pieno inverno, causandone quasi la morte. Il fienile del barone viene dato alle fiamme mentre il piccolo figlio disabile della levatrice viene selvaggiamente torturato. La vita delle diverse famiglie ne è turbata, senza che nessuno trovi la ragione di questi fatti né i colpevoli. (FT)

11. Torneranno i prati (Ermanno Olmi, 2014)

In occasione del centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale, la Commissione europea, insieme al governo italiano, ha commissionato una serie di opere che ricordassero quel tragico evento. Tra queste, spicca l'ultimo film del grande regista italiano Ermanno Olmi che si ispira al racconto "La paura" di Federico De Roberto. Ambientato nelle montagne al confine con l’impero austro-ungarico, il film si concentra sulla triste vita dei soldati abbandonati al freddo e nella neve in condizioni di vita disumane, sottolineando la sofferenza indicibile di giovani ragazzi ai quali è stata spezzata la giovinezza. Olmi sottolinea quanto non vi sia eroismo in questa guerra, solo paura, gelo e topi. Interessante il finale, nel quale vengono utilizzati vecchi video d'epoca della celebrazione della vittoria. Ma Olmi sostituisce le allegre fanfare delle bande con la musica particolarmente cupa di Paolo Fresu, un dark-jazz nero che nega dal profondo la vittoria basata su sangue innocente. (VD)

12. Tramonto (László Nemes, 2018)

Il regista ungherese László Nemes, allievo di Bela Tarr, è certamente uno dei giovani registi più promettenti della nuova generazione. Dopo aver esordito con "Il figlio di Saul" (2015), film coraggioso che cercava di dare una visione diversa e originalissima dell’Olocausto, Nemes con "Tramonto" (inteso come tramonto della civiltà e dell’Europa) ci riprova con un’opera coraggiosa che usa la metafora come strumento principale di racconto. Ambientato a Budapest poco prima dello scoppio della guerra, il film ci racconta di una società austro-ungarica in scadenza, ormai prossima alla fine, che vive come se l’Ottocento non fosse mai finito, ignara di dover essere fatta a pezzi dall’avvento del nuovo secolo fatto di fuoco e acciaio. La protagonista Írisz Leiter, interpretata dall’attrice ungherese Juli Jakab, è un’anima pura che vaga per la città in cerca del suo passato, ma trova solo conflitti di cui non conosce mai il motivo. Nella metafora di Nemes, Írisz Leiter rappresenta l'Europa o la pace, vilipesa e bistrattata dall'egoismo dei nazionalismi e dall’avidità degli imperi, costretta a ritrovarsi in trincea a combattere una guerra suicida. (VD)

Bonus. 1917 (Sam Mendes, 2019)

Sam Mendes è un regista che non ha bisogno di presentazioni sin dal suo esordio con "American Beauty", dove ha mostrato una certa capacità di conciliare le vendite da blockbuster con un’idea di film d’autore. "1917" ha ancora una volta questa duplicità. Infatti, da una parte è certamente un prodotto destinato alla grandissima distribuzione, dall'altra cerca di essere innovativo grazie all’utilizzo continuativo del piano-sequenza. Mendes non fa alcun preambolo, ma getta lo spettatore direttamente in trincea senza filtri, cosa apprezzabile per l'immediatezza del messaggio, meno forse per l'eccessiva semplicità che a tratti può far sfiorare una sgradevole sensazione da videogame. L'esito è però nel complesso convincente e alcune scene, come quella del protagonista che vaga nel paese in fiamme di Écoust-Saint-Mein e combatte contro un soldato tedesco, non possono non rimanere nella memoria. (VD)





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