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recensione di Diego Testa
6.0/10

honey boy

C'è un fascino perverso e malinconico nella carriera cinematografica dei bambini e dei ragazzi a Hollywood, o più in generale nelle loro traversie nel il mercato dell'immagine. David Cronenberg lo ha inscenato nello spietato connubio di satira e orrore in "Maps to the Stars" (un giovanissimo attore soffocato da un adulto livoroso) mentre all'opposto si colloca "The Neon Demon" con la sua fiaba nera, intenzionalmente barocca e incrinata dell'estetica del lusso, della bellezza.

Il dodicenne Otis Lort s'imbatte nello stesso meccanismo perverso di celebrità e controllo del successo: il padre James, con modi coercitivi e dominanti, si assicura che il figlio insegua il suo stesso sogno di attore comico, smarritosi tra la dipendenza da alcol e droga, episodi di violenza e l'esperienza nell'esercito americano.

"Honey Boy", diretto dall'esordiente Alma Har'el, si basa sull'adolescenza dell'attore Shia LaBeouf che scrive una pubblica retrospettiva sugli episodi privati che hanno caratterizzato i primi successi della sua carriera: il ragazzino Otis lanciatissimo nelle produzioni audiovisive per ragazzi è l'esposizione della parentesi nel Disney management dell'attore di Los Angeles, esperienza il cui montaggio parallelo iniziale suggerisce essere un circo degli effetti speciali tanto quanto le parentesi blockbuster dei primi successi al botteghino.
La sceneggiatura tuttavia scansa l'aspetto lavorativo di LaBeouf, accennando alla serie per bambini "Even Stevens", per osservare gli angoli soffocanti e deprimenti del motel in cui il confronto padre-figlio segue le tappe di deformazione e riformazione delle parti: James è padre invidioso, padrone del destino di un figlio che ne foraggia le liquidità e l'ego; Otis è figlio cui si rimprovera la sua natura bambina, diviso tra il nuovo surrogato paterno e una madre lontana rimpiazzata dall'amore/desiderio di una ragazza del motel.

Esposizione totale e disvelata del dolore, "Honey Boy" è confezionato come il più classico dei film indipendenti basato sulla storia vera. Rischia infatti la prigionia nel melodramma privato schematizzato nelle strutture e nell'estetica tipiche dell'indie americano. Appare un controsenso che una storia tanto personale si mostri in un fare programmatico e meccanico, studiato a tavolino per favorire e ammansire la visione dello spettatore, non diviene mai il torbido contraltare di una sofferenza generazionale ("Mid90s"), sociale ("Boy Erased") né tanto meno emozionale ("Manchester By the Sea") ma la sua banale esposizione, anche laddove in sottrazione (la figura materna si riduce a voce telefonica).
Alma Har'el dirige con la cura e l'attenzione di un'esordiente un confronto che si satura nella rappresentazione comune e schematica, appagata dal mettere in mostra il conflitto in una cornice ad-hoc, senza scarti o emancipazioni dal melodramma. La fotografia calda del 1992 contrapposta a quella fredda del presente, le sezioni oniriche e il frequente montaggio parallelo sono al servizio di un risultato placido e sufficiente, sicuramente notevole per essere la prima prova al lungo, ma troppo accomunabile a tante altre cifre stilistiche già proposte dal panorama statunitense.

Il vestimento di Shia LaBeouf nei panni del padre, implicito riconoscimento della somiglianza  alla figura paterna con tutte le sue conseguenze collaterali, appare audace se visto come volontà attoriale di esaltare all'esasperazione la mai avvenuta elaborazione dell'odi et amo nei confronti del padre. Ma "Honey Boy" rischia di farsi oggetto d'analisi e assolvimento di fantasmi personali in un progettino filmico per tutti, non proponendo alcuna visione personalistica che nasca da un impeto autoriale attraverso il linguaggio cinematografico quanto piuttosto incasellandosi perfettamente nei correnti fini commerciali dell'attore.


09/06/2020

Cast e credits

cast:
FKA twigs, Lucas Hedges, Noah Jupe, Shia LaBeouf


regia:
Alma Harel


titolo originale:
Honey Boy


distribuzione:
Adler Entertainment


durata:
94'


produzione:
Automatik, Stay Gold Features, Delirio Films


sceneggiatura:
Shia LaBeouf


fotografia:
Natasha Braier


montaggio:
Dominic LaPerriere, Monica Salazar


musiche:
Alex Somers


Trama
Mentre dodicenne Lucas Ortis sta diventando una star di successo a Hollywood, è il problematico padre a occuparsi con eccessi e abusi della sua crescita.
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