Ondacinema

recensione di Matteo Zucchi
5.5/10

YOLO: You Only Live Once


Film di maggiori incassi del 2024 fino a che il successo arriso a "Dune – Parte 2" non gli ha strappato il primo posto "YOLO" è un’opera che, per quanto quintessenzialmente cinese, nel senso che si fa portavoce di molti dei tratti stilistici e tematici tipici della produzione pop del paese asiatico, ha fin dal titolo anglofono delle ambizioni internazionali. D’altronde è stato un grandissimo successo anche in altre nazioni sinofone d’Asia, come Singapore, e ha ottenuto un distributore internazionale, ovvero Sony, ancor prima di debuttare nelle sale, tanto che è stato presentato al Far East Film Festival, come pellicola d’apertura della ventiseiesima edizione, con la peculiare definizione di "International Festival Premiere". Che è un modo per dire che "YOLO" non è intrinsecamente un film da festival, di sicuro non nell’accezione spesso autoriale con cui questa categoria viene interpretata, e che pertanto va analizzato anche con differenti lenti critiche.

Ma "YOLO", opera seconda dell’attrice e regista Jia Ling (già passata al FEFF 2022 con l’esordio "Hi, Mom") è anche il terzo film diretto da una donna dai maggiori incassi di sempre dopo, appunto, "Hi, Mom" e "Barbie" (parlando di fenomeni extracinematografici), un traguardo che finisce per scontrarsi con un film dai contenuti tutt’altro che femministi, sempre nel caso che non si voglia far corrispondere il processo di affermazione individuale della protagonista con quello del proprio genere. Cosa che, all’interno di un film cinese dalla morale stolidamente, stranamente, individualista finisce solo complicare ulteriormente l’impianto discorsivo dell’opera di Jia, un’opera contraddittoria e a tratti paradossale nella forma e nei temi, e per questo forse più interessante di quanto i suoi limiti come opera audiovisiva possano far intuire. "YOLO" è difatti un’opera diretta e fracassona come il suo titolo, che non esita a indulgere nell’umorismo più crasso (aiutato dall’uso della fisicità sovrabbondante della protagonista) e nella più ricattante pornografia del dolore à la "The Whale" per proporre una parabola di affermazione (o forse no?) individuale di fronte alle avversità, all’interno di una pellicola di oltre due ore. E se non bastasse questo per attirare la vostra attenzione sul percorso di trasformazione al centro del film si consideri che questo è stato replicato dalle stessa attrice e regista nel corso delle riprese, in un’adesione fra interprete e personaggio che negli Stati Uniti farebbe davvero contenta l’Academy.

Jia Ling ha difatti aumentato il proprio peso di 20 chilogrammi per interpretare la mite Du Leying, ragazza connotata fino dai primi secondi per la sua immobilità (sia fisica che figurata, ça va sans dire), rappresentata mentre dorme sul letto filmata da una telecamera di sorveglianza e osservata con uno sguardo fra il pietoso, lo sprezzante e il divertito dalla madre, la sorella e la cugina, ognuna esibente in maniera priva di sfumature ciascuno di questi atteggiamenti. Lo sguardo quasi entomologico dedicato dapprincipio alla contemplazione del corpo smisurato di Du Leying si muta presto in una miriade di primi piani e dettagli che esibiscono la fisicità sformata della donna, cui inizialmente la pigrizia e l’ingordigia sembrano le uniche caratteristiche preminenti, in una continua oggettificazione che ben evidenzia la determinazione di non trovare nella psiche e nella storia della protagonista le ragioni del suo disagio. Ancora più rimarchevole è a questo punto la sequenza della show televisivo cui Du Leying viene convinta a partecipare dalla cugina, in cui i tentativi di una psicologa e un intellettuale (ovviamente stereotipati in maniera parossistica) di identificare le matrici della sofferenza della giovane donna vengono ridicolizzati. Sotto il grasso non c’è niente, se non mitezza e generosità stereotipate, lo scarno scheletro di una caratterizzazione bastevole giusto a far proseguire la pellicola.

È quindi la sequela di personaggi più o meno discutibili di cui la protagonista si circonda, e la serie di sventure che si trova costantemente a fronteggiare per i primi tre quarti della pellicola, a mandare avanti la trama, dal momento che, per essere un film sulla trasformazioni personale, Du Leying non cambia per la stragrande maggior parte della pellicola. Nonostante tutti i mutamenti che impone alla sua routine, cambiando casa, trovandosi un lavoro, iniziando a frequentare una palestra, dopo incontra pure un fidanzato, il suo primo coach, nonché boxeur disilluso, da cui prende l’idea di realizzarsi tramite lo sport, la giovane viene rappresentata come fosse sempre la stessa ragazza obesa e pigra stesa su quel divano a casa dei genitori. È solo quando Du Leying inizia ad allenarsi in maniera ossessiva, e il suo corpo a cambiare, che inizia a essere rappresentata in maniera diversa, come un corpo dinamico che attraversa lo spazio (la sequenza che omaggia/parodizza "Rocky"). Colpisce a questo punto che l’effettiva trasformazione avvenga in una montage sequence di un paio di minuti, in cui la protagonista attraversa le quattro stagioni perdendo repentinamente peso, per poi consegnare un’eroina ben differente, granitica e combattiva, per l’ultimo quarto della pellicola, dedicato quasi interamente al primo combattimento professionistico di Du Leying.

Il match viene introdotto dal rovesciamento di prospettiva della ripresa iniziale della pellicola (la quale era una soggettiva della ragazza che si dirigeva verso il ring), inglobando idealmente tutto il percorso di (non)trasformazione di Du Leying all’interno del suo momento di affermazione finale, e si rivela, non a caso, in quanto effettivo nucleo della pellicola, essere sia la sequenza migliore sia la peggiore dell’opera seconda di Jia Ling. L’attrice e regista, che si è allenata per quasi un anno e ha perso una cinquantina di chili per interpretare il combattimento finale, concentra difatti nell’intera sequenza sia l’eterogeneità stilistica che caratterizza la sua regia, optando soprattutto per un crudo realismo composto da piani ravvicinati e dall’assenza di colonna sonora, sia l’uso retorico e ricattatorio del montaggio già visto in altre sequenze. Quando Du Leying, ovviamente in inferiorità rispetto alla più allenata rivale, va al tappeto le ragioni del suo agire nel corso della pellicola vengono finalmente esposte, esibendo non solo la grassofobia intrinseca all’intero progetto ma anche il gusto, visto già all’inizio, per l’esibizione dell’umiliazione delle mite protagonista e del suo corpo immobile e ingombrante.

Lo sguardo di Jia Ling si rivela ancora una volta spietato nel mettere alla luce le carenze della protagonista da lei interpretata e la debolezza delle sue motivazioni, almeno finché non inizia il suo percorso di vera trasformazione, che non a caso parte dal corpo, dal suo dimagrimento, non importa cosa affermi la regista in interviste e altri paratesti. La prospettiva individualista, quasi anti-sociale, per cui "YOLO" sorprendentemente opta non stupisce più molto a questo punto, dal momento che non è nell’aiuto della società e della famiglia che Du Leying trova il modo per trasformarsi e migliorare ma nel suo isolamento, nella concentrazione su sé stessa e sulla propria ossessione, sull’obiettivo di "vincere almeno una volta". Obiettivo che la protagonista non riesce a conseguire nell’accezione più propria ma solo "a modo suo". Se né le ragioni che spingono Du Leying a cambiare né l’effettivo risultato di questo cambiamento sono veramente importanti per la pellicola, resta solo l’atto di cambiare di per sé stesso, appunto in isolamento, a essere al cuore della pellicola. Ma se questa trasformazione avviene quasi del tutto fuoricampo, e fuori dal film, dal momento che al percorso di allenamento e dimagrimento dell’attrice e regista vengono invece dedicati i titoli di coda, cosa resta di "YOLO"?


26/04/2024

Cast e credits

cast:
Jia Ling, Lei Jiayin, Zhang Xiaofei, Zhao Haiyan, Zhang Qi, Yang Zi


regia:
Jia Ling


titolo originale:
Rè là gǔntàng


distribuzione:
Sony Pictures


durata:
130'


produzione:
New Century Pictures, China Film Co., Ltd, Alibaba Pictures, Little M Media, Big Bowl Entertainment,


sceneggiatura:
Jia Ling, Sun Jibin, Liu Honglu, Guo Yupeng, Bu Yu


fotografia:
Michael Liu


montaggio:
Xiaolin Zhou


musiche:
Fei Peng


Trama
La giovane Du Leying è una trentaduenne obesa che vive a casa dei genitori e non ha un lavoro. Dopo l'ennesimo litigio con la sorella decide di abbandonare il tetto materno e cercarsi un posto nel mondo, ma per una persona timida e gentile come lei la vita non sembra essere facile. O questo almeno finché non inizierà un percorso di trasformazioni individuale dedicandosi sempre di più alla boxe, fino a farne un'ossessione.