Pare non esserci pace per il cinema nazionale e internazionale che in questa prima parte di 2016 ha visto molti grandi autori e volti noti scomparire. Così, il giorno dopo la morte del compianto Michael Cimino, da Parigi giunge la notizia che si è spento uno degli ultimi grandi innovatori della Settima Arte, Abbas Kiarostami.
Kiarostami era nato a Teheran, in Iran, nel 1940. Figlio di un artigiano, si era laureato all'Università di Belle Arti della sua città. Nel 1960 viene assunto da una casa di produzione di film pubblicitari. Disegna manifesti, illustra titoli per bambini. Scrive e gira oltre 150 corti. Nel '69 inizia a lavorare all'Istituto per lo sviluppo intellettuale per bambini e adolescenti, nella sezione cinematografica. Gira una serie di opere pedagogiche, piccole parabole morali che lo abituano al lavoro con attori non professionisti, lasciando spazio all'improvvisazione. Ha già trent'anni, una moglie (Parvin Amir-Gholi da cui divorzierà nel 1982) e due figli. Resta in Iran anche dopo la rivoluzione del 1979. Nel '73 il primo film di finzione, "Tajrobe", è la storia di amore e disillusione di due giovani che appartengono a classi sociali diverse, raccontato con un approccio neorealista. "Mossafer", nel 1974, ha al centro ragazzino che fugge da scuola per andare a vedere una partita di calcio, ma si addormenta prima dell'inizio sul'erba fuori dallo stadio. Seguono altri documentari attraverso cui il regista racconta l'evoluzione del suo paese; è il tempo de "Gli scolari" (1984) e "Compiti a casa" (1989). Nel 1987, dirige "Dov'è la casa del mio amico?" che ottiene vari premi. Il trionfo arriva nel 1997: è "Il sapore della ciliegia" su un uomo cerca l'aiuto di qualcuno per suicidarsi, un film che s'interroga sul senso di vita e morte. Catherine Deneuve gli consegna la Palma d'oro del Festival di Cannes e un bacio, che gli costerà l'essere bandito dall'Iran per una settimana per decisione del governo islamico. Due anni dopo è il momento del pluripremiato "Il vento ci porterà via". Segue "Tickets", firmato nel 2005 con Ermanno Olmi e Ken Loach. Cinque anni dopo dirige "Copia conforme" e del 2012 è il suo ultimo lungometraggio, "Qualcuno da amare".
Il regista iraniano, morto ieri, era malato da mesi e si trovava in Francia, a Parigi, per un intervento. Artista eclettico: fotografo, pittore, illustratore, sapeva fondere rigore stilistico e libertà creativa. I suoi film erano pieni di poesia, politica, filosofia.
(fonte: Repubblica.it)