Ondacinema

recensione di Diego Testa
5.0/10

Rifare "The Guilty" (2018) di Gustav Möller è anche una questione produttiva. Utile o meno che sia questo seconda iterazione, Antoine Fuqua è soprattutto producer, dunque inserito in un processo di controllo della produzione, guardando prioritariamente al film come prodotto nella logica degli studios, come riflette Antonio Pettierre per il fiacchissimo remake de "I magnifici 7[1].

"The Guilty", distribuisce Netflix, sembra comodo materiale da piattaforma: economia di spazi e interpreti permettono di muoversi agilmente confezionando contenuto.
Nic Pizzolatto ("True Detective"), sceneggiatore già al lavoro per Fuqua in passato, sostanzialmente non tocca la materia prima di partenza, limitandosi a inserire la storia del poliziotto colpevole all'interno di una Los Angeles afflitta dagli incendi, nota problematica californiana, ma qui metafora di un conflitto tra forze dell'ordine e cittadini, e anche sconvolgimento emotivo di un Jake Gyllenhaal in attesa di presenziare in aula di tribunale.
Joe Baylor sconta i suoi eccessi in servizio all'interno della sezione chiamate d'emergenza: quella che sembra l'ennesima richiesta d'aiuto si trasforma in un caso di violenza e rapimento ai danni di una donna del quale Joe si farà carico, cercando di risolvere dalla centrale.

Il racconto di Baylor somiglia molto a quelli del tipico eroe di Fuqua, spesso chiamato a fare da vigilante poiché tradito dalla condotta della legge. Si pensi alla triade smaccatamente politica "The Equalizer"/"Shooter"/"Attacco al potere", in cui il cinema di Fuqua prende la veemenza di genere action in maniera classica, semplificata all'osso per farne intrattenimento e narrazione della forza eroica (americana) ad ogni costo. Baylor tuttavia è un poliziotto fallace e questa sua caratteristica non viene eliminata dalla scrittura.
Rinchiudersi nell'unità di tempo e spazio di "The Guilty", interamente dialogato e trainato dalle voci dei personaggi fuoricampo oltreché del protagonista, vuol dire scommettere sul cinema di Fuqua privo di quell'atteggiamento che lui e pochi altri registi americani continuano a reiterare nell'action hollywoodiano d'oggi. Si pensi alle dignitosissime scorribande b-movie di Peter Berg, o a Christian Gudegast che sembra un novizio esponente di questo cinema muscolare con "Nella tana dei lupi".
Difatti, se l'apporto di Pizzolatto didascalizza quella soave ambiguità di fondo dell'originale attraverso respiratori, dialoghi descrittivi e rigurgiti per parafrasare lo status del protagonista, gli espedienti registici di Fuqua propendono verso un'inspiegabile banalità.

"The Guilty" utilizza il contesto per parlarci della condizione di Joe, sembra piuttosto di osservare un set confezionato per i colori di scena (il nero della centrale contrapposto all'infuocato arancione dell'esterno) che smette di esistere. L'attenzione si sposta sempre sul volto dell'attore, un Gyllenhaal modestissimo che elenca il suo set di faccette disperate, mentre il montaggio di Jason Ballantine ("Wolf Creek", "It") gioca un ruolo scolastico imitando correttamente focus e tempistiche del film danese.
Privato delle asperità e della sottigliezza del film di Möller, Fuqua confeziona un prodotto, appunto, il cui intento è portare al pubblico statunitense un film digeribile, veicolato dal nome dell'attore e i cui automatismi si delineano in una ridondanza produttiva evitabile.
A poco servono le aggiunte mal assortite che evadono dal microcosmo dell'ufficio: una Los Angeles brulicante di richieste d'aiuto come primo shot, poi addirittura la necessità di evocare l'esterno con una breve sequenza di arresto, segnale d'allarme quest'ultimo che al "The Guilty" americano non riesce nemmeno la bella copia.

 


[1] Sul concetto di remake, quale processo tout-court nell'ambito mediale audiovisivo, sarebbe da approfondire in una sede a parte. Oltre al cinema, in questi ultimi anni la questione ha investito in particolar modo i videogame (altro medium, altro tipo di produzione), eternamente divisi tra codice di gioco e aggiornamento grafico: quando (e quanto) è veramente remake?
E il cinema? Limitiamoci, chiaramente, a qualche esempio significativo, per valutare come siano operazioni spesso divergenti all'interno di questo variegata catalogazione: se ad esempio "Il re leone" di John Favreau porta in dote una rivisitazione tecnologica del film Disney rimanendo fedele agli shots, invece "Dune" (che è un adattamento sia chiaro) a livello storico arriva dopo almeno due rappresentazioni, quella del film di David Lynch e di una serie meno nota.
Impossibile non citare il remunerativo "The Ring" che rifaceva l'horror giapponese; e poi le feroci appropriazioni di lavori d'autore cult come "Ghost in the Shell" o "Solaris".


08/10/2021

Cast e credits

cast:
Jake Gyllenhaal


regia:
Antoine Fuqua


titolo originale:
The Guilty


distribuzione:
Netflix


durata:
90'


produzione:
Bold Films, Amet Entertainment, Capstone Pictures, Nine Stories Productions, Fuqua Films


sceneggiatura:
Nic Pizzolatto


fotografia:
Maz Makhani


scenografie:
Peter Wenham


montaggio:
Jason Ballantine


costumi:
Daniel Orlandi


musiche:
Marcelo Zarvos


Trama
Joe Baylor, mentre è in forza al reparto di polizia chiamate d'emergenza, riceve uno strano messaggio di aiuto da una donna presumibilmente vittima di rapimento.