Ondacinema

recensione di Stefano Santoli
8.0/10

"Accarezzando gli attrezzi di mio nonno ho ritrovato i gesti di mio padre"

Alain Ughetto, classe 1950, è un regista specializzato in animazione stop-motion, qui al suo secondo lungometraggio dopo "Jasmine" del 2013. Di origine italiana, come è evidente dal suo nome, Ughetto racconta in "Manodopera" la storia dei nonni paterni, originari di Borgata Ughettera, un paesino delle Prealpi torinesi, emigrati in Francia a inizio Novecento. Luigi Ughetto e la moglie Cesira crescono i figli, cambiano più volte luogo di residenza, subiscono i capricci della Storia (guerre, epidemie, altre migrazioni) esposti al precario inserimento sociale di una famiglia di poveri migranti.

"Manodopera" ha richiesto nove anni di lavorazione e ha vinto il Premio della giuria al Festival internazionale del film d'animazione di Annecy nel 2022 ed è stato premiato come miglior film di animazione agli EFA 2022. Il titolo italiano ("Manodopera") allude chiaramente allo status di lavoratori dei migranti italiani. Quello originale francese ("Interdit aux chiens et aux Italiens") allude direttamente alla discriminazione ("Vietato l'ingresso agli italiani e ai cani" richiama fra l'altro una celebre scena di "La vita è bella" di Roberto Benigni - "vietato l'ingresso agli ebrei e ai cani"). È un piccolo scarto di prospettiva, probabilmente motivato dalla volontà di edulcorare, qui da noi, ciò che invece sarebbe stato corretto rimarcare: la questione dei migranti vista dalla prospettiva di chi accoglie senza accogliere. I primi destinatari del film (il pubblico francese) sarebbero potuti così restare il riferimento anche per lo spettatore italiano. Si è scelto di farlo identificare, più comodamente, con le "vittime" (italiane), contando sull'effetto catartico.

Ad ogni modo, il film di Ughetto si muove più sul terreno della rievocazione poetica che su quello della denuncia sociale. Il dato intimo viene prima di quello politico, come viene riassunto in una folgorante frase pronunciata da Cesira, interrogata, poco prima di morire, sulla nostalgia per i propri luoghi d'origine e sull'attaccamento per la terra in cui è vissuta, in Francia: "apparteniamo all'infanzia. Non a una nazione".

Quest'opera di Ughetto è materica: si fonda sugli attrezzi del mestiere, si concentra sui gesti. Al centro della scena sta il recupero della dimensione materiale del quotidiano ("gli attrezzi di mio nonno", "i gesti di mio padre"). "Manodopera" parte e resta concentrato sulla ricostruzione materiale. Non si limita (non vuole limitarsi) a una mera messa in scena visiva. Vediamo il set formarsi dentro la scena, il ricorso tecnico ai materiali primari adoperati per l'animazione. Cartone, plastilina. "Manodopera" è un film che vuole mostrarsi esplicitamente fondato sullo strumento, sulla materia.

L'animazione a passo uno viene qui adoperata per far rivivere il Passato, e preservare la Memoria, tenendo a modello, ci sembra, "L'immagine mancante" (2013) di Rithy Panh. Nel capolavoro del regista cambogiano, la ricostruzione di un genocidio attraverso il ricorso all'animazione trovava motivazione nella penuria di fonti iconografiche risalenti alla dittatura dei Khmer rossi. L'urgenza del regista era allora di ricostruire la Storia, per preservare la Memoria dando immagine a coloro cui era stata sottratta non solo la vita, ma anche l'immagine ("mancante"). In "Manodopera", analogamente al film di Panh, assistiamo all'intervento tecnico di chi allestisce il "set". Entrano nel quadro le mani del regista. Non solo: qui ne ascoltiamo la voce, che saltuariamente parla con i personaggi, in un dialogo con i propri antenati. La motivazione, ci sembra, è anzitutto lirica. Risponde a una necessità personale, intima. Ma non per questo si chiude esclusivamente nel privato. È anzi evidente come "Manodopera" dia voce a milioni di persone la cui vita è stata segnata in ogni tempo dalle sofferenze e dalle ingiustizie della Storia. E quando, nel finale, entra brevemente in scena un'immagine reale - una foto di famiglia in bianco e nero - l'irruenza con cui fa ingresso la Realtà, pur essendo, ancora una volta, delicata come tutto il film, ricorda il finale di un altro capolavoro dell'animazione: "Valzer con Bashir" (2008) di Ari Folman (in cui, al termine di un film animato concentrato sulla questione del recupero personale di una Memoria collettiva rimossa, facevano irruzione sullo schermo dei filmati di repertorio).

"Manodopera" è un film molto breve. Interi decenni sono risolti con rapidi passaggi. Il racconto corre veloce. La celerità della narrazione consente di non soffermarsi mai troppo sul particolare, e contribuisce a rendere la vicenda della famiglia Ughetto generale, nell'universalità delle tragedie vissute. Ciò permette al film, sorto da un'urgenza personale, di connettersi idealmente alla vastità di una condizione sociale vissuta da tutte le genti travolte dalle intemperie della Storia. E in questo cattura immediatamente, riuscendo agevolmente a mettere radici nella sensibilità dello spettatore.

"Sono cresciuto in una Francia prospera", dice Ughetto nella chiusa di un film in cui ha dato forma e immagine a emigrazioni, guerre, dittature, discriminazioni e persecuzioni (quelle dei fascisti in Italia, quelle degli occupanti tedeschi in Francia), epidemie (la febbre spagnola). Persino a un naufragio. Insolito, in un film di animazione, vedere così tante bare. La prima metà Novecento è stata un'epoca in cui in Europa occidentale si è vissuti in balìa di guerre e disgrazie, come ancora in questi giorni avviene in non lontane parti del globo. Tragedie cui Alain Ughetto in "Manodopera" allude, con delicata risolutezza.


26/12/2023

Cast e credits

regia:
Alain Ughetto


titolo originale:
Interdit aux chiens et aux Italiens


distribuzione:
Lucky Red


durata:
70'


produzione:
Les Films du tambour de soie


sceneggiatura:
Alain Ughetto, Alexis Galmot, Anne Paschetta


fotografia:
Fabien Drouet, Sara Sponga


montaggio:
Denis Leborgne


musiche:
Nicola Piovani


Trama
Luigi Ughetto emigra in Francia da un paesino delle Alpi piemontesi, insieme alla moglie Cesira e ai loro figli. Alain Ughetto, nipote di Luigi e di Cesira, mette in scena in stop motion la vita, difficile, dei nonni.
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