Ondacinema

recensione di Diego Testa
4.0/10

La filmografia di Brad Peyton, se fosse un videogioco, sarebbe un gigantesco arcade con livelli a ondate: fondali fissi, schemi ripetuti e gameplay intuitivo, come nei cabinati anni Ottanta. Il blockbuster è di casa, mentre sembra che "Incarnate" sia stata una pausa di riflessione dalle parti della Blumhouse Productions, per poi ritornare alla pop-cornizzazione del suo lavoro con annessa nostalgia Eighties in questa iterazione di cinema muscolare. Rampage fu un coin-op da sale giochi: nasceva nel 1986 nella fase terminale del periodo d'oro del cabinato e portava i segni dell'esperienza arcade, appunto, in cui il controllo del gioco risulta immediato, ma non per questo esente da profondità. La produzione Warner Bros. vuole far ricredere lo spettatore su quest'ultimo concetto, delegando questo monster movie a un catastrofico semplicismo dopo che, con i nuovi adattamenti di "Godzilla" e "Kong: Skull Island", aveva intrapreso un esperimento efficacemente icastico e differenziato seppur con i suoi limiti.

"Rampage - Furia animale" non ci prova nemmeno a demistificare il rapporto incompiuto cinema-videogioco, cosciente del fatto che la fonte attinta ha una matrice completamente ludica e può prescindere da qualsiasi forma di sceneggiatura intelligente o adulta. Dwayne Johnson è un primatologo, militare destituito, e, improvvisamente, armi alla mano, dovrà salvare il suo amico gorilla albino dalla follia di un'azienda farmaceutica che lavorava segretamente su una sostanza mutagena all'interno di una stazione spaziale.
Spazio dunque al piatto scivolamento delle figurine umane, al già visto (l'incipit alla maniera  di "Life"), allo sfrondamento quasi totale della parte drammaturgica fatta eccezione per le individuabili forme proppiane del racconto. Il contenuto rimanda unicamente alla sua forma, attuata nella maniera che scelse Jordan Vogt-Roberts per il suo "Kong: Skull Island", ma senza l'intelligente de-mitizzazione e miniaturizzazione dell'apparato eroico, storico e action. Trama al servizio di mostri a tutto schermo, ammantata di retrò nell'accenno del rapporto tra uomo e bestia (Peyton dichiara di guardare al cinema di Spielberg e Cameron[1]) ma priva di fascino, assecondante una semplicioneria b-moviesh (le bestie mutate geneticamente) anche nella realizzazione.
Tecnicamente la computer grafica del film non differisce dai picchi dell'attuale cinema hollywoodiano, eppure sembra tutto poco amalgamato, sofferente di alti e bassi nella resa visiva soprattutto se su schermo capitolano anche gli attori. L'effetto è posticcio e sgradevolmente finto, tanto in movimento quanto in alcuni dettagli che Peyton è ben attento a schivare, ma a volte il regista sembra timido proprio laddove servirebbe quell'eccesso visivo via mdp che giustifichi tanto digitale in scena. Il motion capture è da compitino e assolve il doveroso impegno empatico che "Rampage" incunea (lontano dalla qualità vista in "King Kong" e "Apes Revolution"), utilizzata qui anche per ricostruire The Rock.
Solamente nei campi lunghi lo spettatore trattiene il respiro e in questo Peyton ripete la prova di "San Andreas" con l'aggiunta degli elementi sovrannaturali tra i palazzi ma ribadisce noiose rappresentazioni, in una fotografia luminosissima né dannosa né incisiva, appiattendo l'apparato cromatico. Ecco che il bianco George, il gorilla che richiama la nota figura scimmiesca del cinema, chiarisce come il lavoro estetico si annulli in una ricerca di ipertrofia esplosiva che esclude qualsiasi processo di diversità o contrasto: George si sporca durante la lotta e diventa scuro, indistinguibile dal marasma di mostri passati al cinema.

Peyton non ha la forza di sospendere l'incredulità dello spettatore davanti all'apparizione del sovradimensionato, nemmeno quando trattiene off-screen l'ultimo mostro per la rissa finale che sembra apparire come uno dei tanti, solamente di taglia diversa. Accettato che la regia non regala ludiche speranze come fece l'emmerichiano "Godzilla", Peyton si muove bene esclusivamente con il digitale sullo schermo, inframmezzato da pedanti scene action con gli attori, pur disdegnando qualsiasi originalità nella messa in quadro la quale, oltre all'omaggio videoludico, incasella una serie di derivazioni filmiche precipitanti nel noto gorgo del citazionismo d'accatto come il morso del rettile godzilliano all'elicottero ripreso dall'alto (sempre "Godzilla" di Roland Emmerich), il lupo cacciato nei boschi (come da tradizione del werewolf cinematografico, o anche "Predator"), il gorillone sulla cima del grattacielo. Necessario era quindi rimaneggiare il mito e renderlo percepibile, per poi scaraventarlo in un parco giochi dell'antiquariato in cui divertimento e spasso sono ricondotti allo spettacolo da cutscene videoludica. Peccato che qui manchi l'interazione del player e che Peyton sia un pessimo (film) designer.



[1] http://collider.com/brad-peyton-interview-rampage/


13/04/2018

Cast e credits

cast:
Joe Manganiello, Jeffrey Dean Morgan, Malin Ackerman, Naomie Harris, Dwayne Johnson


regia:
Brad Peyton


titolo originale:
Rampage


distribuzione:
Warner Bros.


durata:
107'


produzione:
New Line Cinema


sceneggiatura:
Ryan Engle, Carlton Cuse, Ryan Condal, Adam Sztykiel


fotografia:
Jaron Presant


scenografie:
Barry Chusid


montaggio:
Jim May


costumi:
Melissa Bruning


musiche:
andrew Lockington


Trama
Una ricerca medica proibita infetta alcuni animali e li trasforma in esseri enormi e geneticamente mutati
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