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recensione di Diego Testa
8.0/10

Oggi. Un gruppo di uomini raccolti in una locanda si ritrovano a condividere un pasto mentre raccontano storie avvenute nelle loro terre. Parzialmente dimenticate, offuscate dal modo in cui sono state tramandate, queste hanno per protagonista Luciano, uomo ritenuto ubriacone, forse omicida, che in un tardo Ottocento si innamora di una giovane donna di campagna.

(La recensione descrive ampiamente gli eventi narrati).

Non il valore, ma l’immagine

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, registi e scrittori di "Re Granchio", riprendono la ricerca di storie da raccontare dal precedente documentario "Il Solengo": anch’esso, come in parte il film in questione, era frutto di una scoperta e del tentativo di ridare vita a racconti locali per plasmarli attraverso il cinema. Le vicende di Luciano promanano dai racconti delle persone della Tuscia ed esse stesse sono parte del girato, riprese con uno sguardo documentale ma simile alle parti di finzione, in una dialettica tra la definizione della forma e del contenuto filmico.
In un incipit silenzioso vediamo il protagonista trovare un oggetto risalente all’epoca etrusca all’interno di un lago; poco dopo, mentre ne farà dono alla donna che sta corteggiando, dirà: "non è il valore, ma l’immagine che vedi". "Re Granchio" è dunque un film di immagini da formare e portare a compimento, un tumulto di ricordi e tradizioni a cui dare una forma per preservarne e riprodurne l’arcaicità, e poi forgiarne nuovamente l’aspetto.

Il concetto di racconto e della sua trasformazione riveste ogni strato di "Re Granchio", che diverse volte fa scatenare rivoli indefiniti di tradizioni orali, racconti fantasmatici: non soltanto la storia di Luciano, ma anche i canti popolari e gli stornelli, il diario di Luciano-Antonio Maria de la Vera, la leggenda di un tesoro nascosto, i racconti degli indigeni della Terra del Fuoco e infine il taccuino del prete assassinato. Tutti riferimenti volti a setacciare la natura avventurosa e rapsodica del viaggio di Luciano.



I registi scelgono una rappresentazione naturalistica, assecondando una tensione da film storico molto affine al cinema di Ermanno Olmi opportunamente imbrigliata in un’atmosfera sognante e selvaggia che coinvolge l’utilizzo della luce naturale e delle musiche diegetiche ed extra-diegetiche. La colonna sonora di Vittorio Giampietro riproduce, a metà tra originalità e documento filologico, da una parte canti popolari e stornelli con cui i personaggi riempiono le scene, dall’altra descrive una tensione tribale con le composizioni diegetiche.
L’approccio lento, descrittivo e naturalistico nasconde una velata sfumatura onirica che se non si mostra nella composizione del quadro e nell’uso dei colori, lo fa fugacemente in alcuni tagli di montaggio e nell’evocazione di un racconto diviso in due parti, allacciando il narrato dei locali di Vejano e dintorni agli accadimenti in Sud America riportati nella testimonianza in prima persona di Luciano-Antonio Maria de la Vera durante la ricerca di un tesoro.

Racconto di morte e (ri)formazione

"Re Granchio" è un racconto che inizia con il ritorno a casa del suo protagonista. Luciano torna al borgo in campagna dopo un periodo di cura dall’alcolismo a Roma. Qui si invaghisce di Emma, contadina e amica d’infanzia, che è tuttavia la giovane prediletta del Principe del borgo.
La lotta di Luciano contro il Principe vorrebbe simboleggiare l’aspetto ribelle e contestatario del protagonista nei confronti della proprietà borghese: aprire la porta serrata, per nuova legge invalicabile, e poi dar fuoco alla proprietà del Principe sono segni di una contestazione anche politica, visto il brindisi (ironico) sia alla sua potestà sia alla Repubblica. I gesti anarchici di Luciano sono tuttavia imprecisi e lo condurranno a commettere involontariamente un omicidio.
La crescita del protagonista passa per un lungo prologo prima della ricerca del tesoro; in questo Capitolo I – Il fattaccio di Sant’Orsio, curato in fase di scrittura anche da Carlo Lavagna ("Shadows", 2020), si mette spesso in mostra la natura fanciullesca ormai perduta di Luciano come a ricordargli che ora è un uomo e gli atteggiamenti da lui tenuti andrebbero tenuti a freno.

Costretto infine a fuggire da Vejano, "Re Granchio" diventa non soltanto un western e un racconto d’avventura composto di storie, ma anche un racconto di riformazione. Luciano cambia identità e si presenta allo spettatore come il sacerdote Antonio Maria de la Vera, persona presa in prestito e definitivamente abitata come sancisce la croce con inciso Luciano che pianterà lui stesso sull’isola durante il viaggio.



Luciano diventa col passare del tempo una figura non tanto cristologica quanto un uomo che interpella Dio per necessità, per arrivare a quell’oro che tanto desidera in preda alla follia. L’uomo appare piuttosto come la figura del mendicante che, tentato di depredare Santo Orso, patrono festeggiato nel Capitolo I, perse il braccio per volere divino così da farne reliquia ricoperta d’oro.
Questa riformazione della propria persona porterà Luciano a seguire la febbre dell’oro per tornare a casa, ormai sradicato dalle sue terre similmente al granchio reale, conscio di dover cogliere qualsiasi opportunità gli si presenti, incurante dei mezzi: "Ho visto un’opportunità e l’ho colta, non è questa l’America?" si giustifica. La seconda parte è contrapposta alla prima per i contenuti trattati ma soprattutto per la sottolineata transizione da natura pastorale a natura selvaggia, altro evidente protagonista di "Re Granchio". Il cambiamento del paesaggio è anche rappresentazione di un racconto che diviene ancor più velato di mistero e confusione poiché ormai gli uomini che lo narrano ne hanno perso ogni traccia.
"Re Granchio" fa mostra dei molti simboli che evoca durante il racconto e, pur giocando su tempi lenti e su toni fortemente tragici, non lesina sull’ironia e la satira, elementi d’altronde caratteristici degli stornelli che animano i testi del film, e anche dei racconti divertenti ma moralistici dei nativi della Terra del Fuoco. Lo stesso Capitolo II è una provocazione e motivo di risa, dal titolo beffardo In culo al mondo.

Rigo de Righi e Zoppis confezionano una illusione tra storicità e avventura, consci che ciò che nasce da dieci parole, se narrato con cinquanta, diviene un film, un mondo, un’altra storia.


30/11/2021

Cast e credits

cast:
Enzo Cucchi, Daniel Tur, Jorge Prado, Severino Sperandio, Dario Levy, Bruno Di Giovanni, Ercole Colnago, Domenico Chiozzi, Claudio Castori, Mariano Arce, Maria Alexandra Lungu, Gabriele Silli


regia:
Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis


titolo originale:
Re Granchio


distribuzione:
Istituto Luce Cinecittà


durata:
105'


produzione:
Ring Film, Rai Cinema, Shellac, Volpe Films, Wanka Cine


sceneggiatura:
Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis


fotografia:
Simone D'Arcangelo


scenografie:
Fabio Ferrara, Marina Raggio


montaggio:
Andrés Pepe Estrada


costumi:
Andrea Cavalletto


musiche:
Vittorio Giampietro


Trama
Tardo Ottocento. Luciano torna al borgo di Vejano e si innamora di una giovane contadina. Dovrà fuggire dal paese a causa di un fattaccio, finendo in Sud America alla ricerca di un tesoro oggetto di racconti.
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