Ondacinema

recensione di Carlo Cerofolini
7.5/10

Il regista diventa autore quando non si limita a mettere in scena un copione con rigore professionale e maestria tecnica, ma nel momento in cui, attraverso la sua opera, qualunque essa sia, riesce a conferire uno sguardo personale sul mondo che racconta. Quando succede il film, al di là della sua natura, può considerarsi un'opera e il suo artefice un artista. Lo diciamo non a caso ricordando i pregiudizi che accolsero l'uscita dei primi lungometraggi di David Fincher, rei, secondo i detrattori, di essere solo film di genere, per di più realizzati da un ex-regista di videoclip. Per fortuna molta acqua è passata sotto i ponti, come dimostra in questi giorni la presenza del suo nuovo lavoro nel concorso ufficiale della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

"The Killer" è in tutto e per tutto un film del suo autore. A dirlo è l'incipit, una lunga introduzione in cui Fincher non solo ci presenta il personaggio principale, un killer (Michael Fassbender) di cui non conosceremo mai il nome, ma si premura di definirne l'arco esistenziale attraverso una fase di stasi, quella che separa la lunga attesa dal momento in cui lo stesso dovrà premere il grilletto, centrare l'obiettivo e riscuotere il soldo. Per Fincher il killer è una macchina priva di emozioni che s'identifica con il proprio lavoro. Quando questo non succede - come vediamo all'inizio del film - allorquando l'empatia verso una parte di mondo s'insinua nel metodo, qualcosa si rompe, lasciando spazio al caos e a ciò che ne consegue: nel caso del film l'eliminazione di chi, dopo il fallimento, lo vorrebbe morto. È una legge spicciola, quella che fa da premessa alla storia di "The Killer", un processo di causa-effetto che il protagonista porta avanti, da quel momento in poi, come una macchina da guerra e con fede ossessiva in un mantra, ormai collaudato, che la voce fuori campo ci fa sentire più volte nello svolgersi della vicenda.

La trama di "The Killer" - tratta dalla graphic novel "Le Tuer" di Alexis Nolent - è ridotta all'osso, ma utile quanto basta al regista per ragionare sul dramma della condizione umana e sulle sorti degli uomini. Fincher lo fa come da tempo ci ha abituato, e come nessuno fa più, ovvero scegliendo di non aprire il suo thriller con il solito arrembaggio ipercinetico ma, al contrario, lavorando sul tempo (dilatato e reiterato) e sullo spazio, circoscritto per lo più alla stanza che si affaccia su quella in cui si trova l'obiettivo.
Interessato a esplorare gli antri della mente (la serie "Mindhunter") e meno alle conseguenze materiali delle sue dangerous mind ("Seven" insegna), Fincher, nel lungo preambolo che fa da premessa a "The Killer", si prende tutto il tempo che serve per definire il decalogo del protagonista, riproducendone la disillusione  attraverso una sorta di spleen di Parigi (dov'è ambientata la prima parte), con immagini di vita prosaica, il cui ripetuto minimalismo serve per trasmettere allo spettatore il tedio della "morte al lavoro" (in quanto tale cinematografica per eccellenza).

La maestria del regista è quella di saper lavorare sul tempo come pochi, grazie a stacchi di montaggio che rilanciano continuamente la narrazione, dividendola in una serie di micro-storie costruite e concluse, trasfigurando i particolari più anonimi del quotidiano che nelle mani di Fincher, e secondo la lezione di Alfred Hitchcock, diventano il riflesso delle nostre angosce, caricandosi di presagi e pericoli: fino all'improvviso cambio di passo, quando la "finestra di fronte" diventa oggetto di una sequenza che ancora una volta rende merito al maestro inglese e dove eros e thanatos entrano nella tenzone con voyeurismo cinematografico.
Con il rigore che contraddistingue il suo cinema, Fincher, e con lui "The Killer", non prende mai scorciatoie, rimanendo fino all'ultimo fedele alla personalità del protagonista, che porta avanti la propria vendetta con freddezza e con una violenza che la necessità di proteggere la propria famiglia giustifica solo in parte, e che in qualche modo sfida lo spettatore - come mai si è visto a livello mainstream - nel continuare a stare dalla parte del personaggio.

Un'intransigenza rischiosa, ma indispensabile per tratteggiare l'alienazione di un mondo come quello contemporaneo, chiuso nelle sue ossessioni e incapace di comunicare con gli altri. Il killer di Fincher è un homo faber che non sa cosa farsene delle parole. Guardandolo, vengono in mente atmosfere presenti in certi film della New Hollywood. Nella solitudine (e nonostante la consolazione offerta nella scena conclusiva) il protagonista  ricorda il personaggio di Robert Redford ne "I tre giorni del Condor" (un altro film che, come "The Killer", depotenzia i cliché tipici del genere). Anche nel film di Sydney Pollack c'era una guerra in atto e, come oggi, i giornali parlavano di cospirazione globale. Sarà un caso, o forse no, sta di fatto che "The Killer" trasfigura il nostro tempo meglio di altri, oltre a incollare allo schermo lo spettatore. Tra quelli visti in concorso, "The Killer" è uno dei film più convincenti.


05/09/2023

Cast e credits

cast:
Charles Parnell, Arliss Howard, Sophie Charlotte, Tilda Swinton, Michael Fassbender


regia:
David Fincher


titolo originale:
The Killer


distribuzione:
Netflix


durata:
116'


produzione:
Plan B Entertainment. Boom! Studios, Panic Pictures


sceneggiatura:
Andrew Kevin Walker


fotografia:
Erik Messerschmidt


scenografie:
Donald Graham Burt


montaggio:
Kirk Baxter


costumi:
Cate Adams


musiche:
Trent Reznor, Atticus Ross


Trama
Dopo una missione andata sorprendentemente male, un meticoloso e attento killer professionista deve sfidare i propri committenti...