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Fratelli Taviani - Speciale Cesare deve morire

"Cinquanta per cento volontà e ragione, cinquanta per cento caso e fortuna, per noi è stato sempre così". La sintesi è questa. Di tutte le emozioni di Paolo e Vittorio Taviani all'indomani della vittoria alla Berlinale, che li ha fatti tornare in Italia con l 'Orso d'Oro in mano.

E con queste parole si festeggia anche l'arrivo (da venerdì) nei cinema del film che Nanni Moretti distribuisce con la Sacher e che racconta: "Avevo incontrato la figlia di Vittorio Taviani a novembre, dunque sono arrivato tardi, quando il film era ormai in distribuzione, ma molti avevano preferito non prenderlo. La prima scintilla è venuta dallo spettacolo a Rebibbia che Daniela Bendoni mi ha spinto ad andare a vedere". E poi precisa: "Questo film che non è una vittoria a Berlino del cinema italiano ma del film dei Taviani. E' bene sottolinearlo perchè in troppi hanno parlato di una vittoria dell'Italia troppo genericamente".

E i Taviani :"In molti l'avevano visto ma non lo volevano, lui l'ha visto e ha detto subito "si": in un lampo si sono collegati presente e passato. Ma prima ancora è stata proprio la Bendoni che ci ha spinto ad andare a Rebibbia a vedere la compagnia dei detenuti. All'inizio eravamo scettici. Ma, dopo, restammo come fulminati. Appena arrivati lì incontrammo un detenuto che leggeva l'Inferno di Dante e che rivolto al pubblico diceva che loro, da detenuti, potevano capire meglio degli spettatori liberi l'impossibilità di amare per la distanza a cui abbiamo le nostre donne. Fatta questa premessa, lesse Dante con suoni e dialetto strano,una cosa mai udita, una grande emozione. Allora ci siamo detti che questa emozione andava raccontata"

E ora, dopo il successo, dopo l'Orso d'Oro a Berlino, ora che il film sta per arrivare in sala?
"Resta un grumo di dispiacere per quelli che sono rimasti dentro, solo due di loro sono usciti . Ma l'esperienza è unica, pochi come loro hanno conosciuto sulla loro pelle ciò di cui Shakespeare parla, il sangue, l'onore, la violenza. E ciascuno di loro porta nello sguardo e nel corpo e nella voce le tracce di un passato drammatico, magari vissuto con rimorso, e il disagio del presente, oltre al talento. Con loro è stato un rapporto di grande complicità. A loro abbiamo pensato quando ritiravamo il premio, a loro per primi e al fatto che volevamo ricordare che loro possono aver compiuto crimini ma restano uomini."
E , alla domanda di Moretti, se è mai capitato loro di pensare alle vittime di questi uomini, rispondono: "Durante tutta la lavorazione abbiamo vissuto sentimenti contraddittori e ciò ci ha portato anche a fare degli sbagli.  Ma pensavamo che attraverso Shakespeare riuscivamo a tirare fuori emozioni che in un certo senso purificavano loro stessi. Ti accorgevi che loro rivivevano il loro passato e lì sentivi l'essere umano comunque, sopra ogni cosa".
E vi aspettavate queste reazioni?
"Quando ci hanno detto di tornare a Berlino perché ci avrebbero dato un premio, noi pensavamo alla regia, mai avremmo pensato all'Orso d'Oro. Dunque abbiamo provato piacere, è ovvio, perchè sapevamo che le reazioni al film erano state molto buone, ma anche grande stupore. Poi molti ci hanno ringraziato per il premio , per il premio all'Italia ci hanno detto, per aver riportato l'Italia in Europa. E' un po' esagerato ma succede perché stiamo vivendo un momento in cui si cerca riscatto. Il cinema italiano è quasi tutto oggi dominato dalla commedia? Forse, ma io non voglio demonizzare la commedia, con cui si sono fatte grande cose in Italia. Penso che oggi il cinema italiano può essere un grande cinema come lo è stato, per noi può essere una grande ricchezza perché l'immagine del nostro cinema ancora sopravvive , nonostante i governi che ci sono stati che non lo hanno certo aiutato. Se vogliamo farlo dobbiamo forse seguire l'esempio francese ".

Ma "questa è anche la vostra prima volta in digitale e con una micro troupe- fa notare Moretti- e prima di cominciare a girare questo film stavate lavorando ad un altro progetto?
"Ma noi viviamo sempre in tante tensione e con molte idee in testa ma non procediamo se non arriva un'emozione travolgente. Avevamo prima progetti vaghi ma questo è arrivato come un fulmine: per noi  un autore è come una rosa , deve stare paziente ad aspettare che il vento faccia cascare qualcosa dentro. LO diceva anche Pirandello. Così abbiamo avuto la fortuna che questa goccia arrivasse dentro di noi. Col digitale è la prima volta ed eravamo abituati a girare poco, per risparmiare pellicola. Qui , sapendo che non giravamo in pellicola, è stata una pacchia mentre giravamo ma una condanna dopo perché il  montaggio è stato lunghissimo, avevamo troppo materiale". Così raccontano i Taviani  che, sottolinea Moretti, "sono da ogni punto di vista,  due entità distinte , anche se a volte non si pensa: uno è più smanioso di buttarsi in altri progetti, l'altro è più appagato. Uno dei due, non dico chi, mi ha detto: a Berlino ci torniamo solo se ci danno l'Orso d'Oro, l'altro era d'accordo con me che dicevo che sarebbero andati  comunque a prendere qualsiasi premio"




Fratelli Taviani - Speciale Cesare deve morire