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recensione di Anna Maria Pelella
7.0/10
Shanghai, 1942. Wong Chia Chi è abbandonata dal padre agli albori dell’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale. All’università incontra Kuang Yu Min, uno studente che ha messo in piedi una compagnia teatrale col segreto scopo di risvegliare la coscienza politica dei cinesi. Ne rimane affascinata e prende parte alle rappresentazioni. Il tutto nasconde un’attività di resistenza al governo fantoccio, e lei decide di partecipare a un’azione lavorando come esca per assassinare un potente collaborazionista, il signor Yee. L’azione si sposta a Hong Kong, e lei diviene amica della moglie di Yee, entrando così in contatto con lui. Ma la faccenda le sfugge presto di mano, Yee è un uomo ambiguo ed affascinante, e contro ogni previsione i due vivranno un pericoloso coinvolgimento destinato a sfociare in tragedia.

Ang Lee è innanzitutto un abilissimo regista e in questo intenso spaccato della situazione politica della Cina agli albori della seconda guerra mondiale ci offre un'opera di raro equilibrio stilistico. Lo spettatore apprezzerà in primo luogo il fatto che il regista abbia scelto di non manipolarne i sentimenti attraverso il facile ricorso al melodramma, e lo stile asciutto ed efficace, che sopra ogni cosa è l'elemento che contraddistingue quest'opera.

Wong Chia Chi è un'ingenua idealista del genere di cui è pieno il mondo, destinata a essere manipolata da interessi e ideali più grandi e spesso nascosti. La sua reazione di fronte al male, rappresentato da un fascinosissimo collaborazionista, un Tony Leung davvero superlativo, è quella di confondersi e cedere al cuore: proprio quando il cuore avrebbe dovuto battere per il suo paese, lei sceglie di seguirne i palpiti che la portano verso chi il paese lo tradisce e finirà per questo col pagare un prezzo enorme. Il signor Yee è la parte di noi che non solo cede alle più oscure pulsioni distruttive ma, invece di nasconderlo, ne fa una bandiera. Si veste quindi del fascino di un'ambiguità, che finisce per mascherare anche i tratti essenziali della sua personalità, tratti che già da soli avrebbero dovuto mettere in allarme chi gli si avvicinasse.

La maestria di Ang Lee è tutta nella rappresentazione del coinvolgimento, affettivo e sessuale, che prende sottilmente il controllo della situazione e dell'intera storia. Così come la povera Wong Chia Chi, anche lo spettatore sarà vittima del fascino di quello che sin dall'inizio è indicato come un personaggio negativo, ma che presto scopriremo solo e appassionato come e più di chi gli dà la caccia.
Il tutto è raccontato senza troppi fronzoli, né inutili spiegazioni, nello stile pulito e didascalico che è il marchio di fabbrica di certo cinema autoriale che ormai travalica ampiamente le barriere culturali. Ang Lee sfrutta ogni possibile appiglio e ci mostra il nascere dell'intimità tra i due, attraverso l'iniziale aspetto famelico di un rapporto destinato a divenire altro, contro ogni previsione o volontà degli stessi protagonisti. Lo scambio dialettico è ridotto al minimo, quello che conta è l'atmosfera tesa a sottolineare l'assoluta mancanza di confine tra quelli che si vorrebbero opposti punti di vista e visioni del mondo. I due protagonisti sono rappresentanti di poli realmente opposti solo sulla carta, ma che nella vita di tutti i giorni confinano talmente l'uno nell'altro da rendere impossibile ogni discriminazione o reale attribuzione di responsabilità.

Il racconto diviene così un pretesto per mostrare le ragioni dei vincitori come quelle dei vinti, senza alcun reale giudizio morale, se non quello che sottolinea la pericolosità delle passioni, politiche o sentimentali. L'uso magistrale della mdp rende la lunghezza del film solo un dettaglio, altro è il sentimento di assoluto rapimento di fronte alle scenografie e i costumi, bellissime le prime e incantevoli i secondi, mentre una colonna sonora coinvolgente e nello stesso tempo assolutamente non invasiva, sottolinea con passione i dettagli ed esalta l'equilibrio di un'opera per molti versi perfetta.
Un Leone d'Oro a Venezia 2007 assolutamente meritato, anche se dato in barba alle resistenze di critici ormai talmente assuefatti ai drammoni paratelevisivi di produzione nostrana, da non cogliere il nuovo che avanza dall'Asia e che a momenti ci travolge.
03/06/2008

Cast e credits

cast:
Tony Leung, Joan Chen, Lee-Hom Wang, Tang Wei, Wang Leehom


regia:
Ang Lee


titolo originale:
Lust, Caution


distribuzione:
Bim


durata:
157'


sceneggiatura:
James Schamus, Hui-Ling Wang


fotografia:
Rodrigo Prieto


Trama
Shanghai, 1942. Wong Chia Chi è abbandonata dal padre agli albori dell’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale. All’università incontra Kuang Yu Min, uno studente che ha messo in piedi una compagnia teatrale col segreto scopo di risvegliare la coscienza politica dei cinesi. Ne rimane affascinata e prende parte alle rappresentazioni. Il tutto nasconde un’attività di resistenza al governo fantoccio, e lei decide di partecipare ad un’azione lavorando come esca per assassinare un potente collaborazionista, il signor Yee. L’azione si sposta ad Hong Kong, e lei diviene amica della moglie di Yee, entrando così in contatto con lui. Ma la faccenda le sfugge presto di mano, Yee è un uomo ambiguo ed affascinante, e contro ogni previsione i due vivranno un pericoloso coinvolgimento destinato a sfociare in tragedia.
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