Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
7.0/10

Punto di riferimento del documentario mondiale? Straordinario affabulatore e intrigante scrittore? Domatore di Klaus Kinski? Infaticabile giramondo e scopritore di scaglie di umanità altrimenti destinate all’oblio? Star della cultura pop statunitense? Chi è veramente Werner Herzog? A questa domanda, non facile, si propone di dare una risposta l’articolato documentario del regista tedesco Thomas Steinäcker.

Attraverso le testimonianze di Wim Wenders, Chloé Zhao, Tim Roth, Thomas Mauch e Volker Schlöndorff (per citare quelle maggiori), ma anche con le parole dello stesso Herzog, veniamo introdotti nell’universo artistico e umano del cineasta bavarese. Questi, a dire il vero, rivela molti più segreti su se stesso che non sui film che lo hanno reso celebre, tanto che sorge il dubbio spontaneo se ciò sia determinato dalla volontà di Steinäcker o da una scelta di Herzog. In tempi in cui i docufilm su attori e registi si vanno moltiplicando, è interessante notare come a cineasti differenti corrispondano anche modalità realizzative altrettanto differenti. Così, mentre per "Ennio" di Giuseppe Tornatore, fin dall’inizio, per quanto rinuncino al parlato, le immagini-tempo sospingono lo spettatore nel campo semantico del ritmo, concetto cardine per chiunque faccia della musica la propria professione, in "Werner Herzog: Radical Dreamer", con le immagini-movimento l’accento viene spostato sui luoghi considerati scaturigine naturale dell’ispirazione del regista bavarese. Entrambi i docufilm si dipanano poi lungo le opere dei rispettivi autori, ma mentre per Morricone ci sembra di essere rimasti in sala ad ascoltare le sue colonne sonore, con Herzog abbiamo la sensazione di aver viaggiato e conosciuto luoghi assai disparati.

E le chiavi di lettura del film, che costituiscono un tutt’uno con le ragioni del successo planetario di Herzog sono l’infanzia, la curiosità e la temerarietà. L’infanzia intesa come età dell’oro nel corso della quale il libero esercizio della fantasia stimolata dall’indigenza costruiva quello che per il piccolo Werner la Ginzburg chiamerebbe “Il lessico familiare” della sensibilità artistica: come i ruderi degli edifici postbellici diventati set di improvvisate sceneggiature. La curiosità come habitus mentale alla perenne ricerca di domande da soddisfare, di culture da scoprire, di microcosmi umani in cui sprofondare. Il rischio come condizione necessaria alla scoperta dell’altro da sé. La cascata di Sachrang, non lontano dal confine austro-tedesco, è il primo luogo dell’anima di Herzog, il primo set naturale, la prima emozione visiva. Anche il ritorno, dopo cinquant’anni, sul set di "Anche i nani hanno iniziato da piccoli" suscita profonde emozioni, ma non quanto i fotogrammi tratti dal making of de "Fitzcarraldo": le 300 tonnellate del piroscafo trascinato nel cuore dell’Amazzonia restano un unicum nella cinematografia mondiale. Le espressioni stravolte delle maestranze e gli accessi d’ira di Klaus Kinski. Gli stessi problemi si ripresentano con "Aguirre: il furore di Dio", al cui proposito, le parole del direttore della fotografia sono eloquenti: “L’unica cosa moderna che avevamo erano gli strumenti per girare il film; tutto il resto era materiale del XVI secolo”. Il rapporto con Kinski che sfiora la rottura definitiva (“Ho dovuto domarlo, non addomesticarlo”, dice Herzog) si declina lungo il versante della temerarietà, così come anche la discesa della zattera lungo il fiume. Il docufilm di Steinäcker è una manna dal cielo anche per gli appassionati di storia del cinema tedesco: il viaggio a piedi come ex voto verso Lotte Eisner ricoverata a Parigi e il debito verso la cinematografia espressionista tedesca degli anni 20 ricostruiscono l’humus culturale in cui sarebbe maturato "Nosferatu".

Tra gli aforismi, quello del collega Wim Wenders dà probabilmente la più stringata ed efficace definizione su Herzog: “Solo l’atipico è tipico in Werner Herzog”. A proposito degli anni 90 "Apocalisse nel deserto" è ancora una profonda riflessione sul rapporto tra uomo e natura e sull’offesa ad essa arrecata. Anche il punto sulla tensione euristica verso la verità costituisce un passaggio importante del film: “La verità è qualcosa che non sappiamo bene cos’è: l’arte e il cinema possono darcene un’idea”. O ancora: “Invento, ma non in modo da ingannare”. Herzog, infine, racconta il suo approdo alla corte di Hollywood come un passaggio inevitabile date le critiche ricevute in patria e la sensazione di maggiore libertà creativa concessagli oltreoceano. Il successo di "Grizzly Man", nonostante il tragico epilogo, depone infatti in favore del regista.

 


27/03/2023

Cast e credits

cast:
Volker Schlöndorff, Joshua Oppenheimer, Nicole Kidman, Chloé Zhao, Wim Wenders, Patti Smith, Robert Pattinson, Thomas Mauch, Lena Herzog, Werner Herzog


regia:
Thomas von Steinaecker


titolo originale:
Werner Herzog: Radical Dreamer


durata:
102'


produzione:
3B-Produktion, Spring Films


sceneggiatura:
Thomas von Steinaecker


fotografia:
Henning Brümmer


montaggio:
Volker Schaner


musiche:
Philip Stegers


Trama
Werner Herzog come mai si è (ed è stato) raccontato: dall’infanzia alla maturità, dall’anonimato alla celebrità, passando per l’apprendistato con Lotte Eisner, il difficile rapporto con Klaus Kinski e le immagini dei suoi film.
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