Ondacinema

recensione di Eugenio Radin
2.5/10

In molti sono caduti nella trappola mediatica che descriveva questo “Arrivederci professore” come un nuovo “attimo fuggente”: paragone che, se non altro, dimostra come la pellicola dell’89 di Peter Weir, a trent’anni dalla data di uscita, mantenga il suo status di cult-movie, riferimento e confronto obbligatorio per qualsiasi film che parli di emancipazione scolastica.   
Eppure in questo caso l’accostamento tra l’indimenticabile “capitano Keating” e il professor Richard interpretato da Johnny Depp sembra poco opportuno: se infatti ciò che il personaggio di Robin William faceva emergere era l’afflato pedagogico, l’inno alla bellezza come strumento per la libertà e l’amore per la letteratura, il principio che guida le azioni di Richard (un professore di lettere messo di fronte alla prospettiva di una morte inevitabile) nel film è piuttosto uno spudorato edonismo individualista.

Se certamente non c’è alcuna dimensione etica o educativa a guidare gli insegnamenti di questo “The Professor”, pronto sin dalla prima lezione a sbarazzarsi di tutti i ragazzi disinteressati e lontani dal proprio ambito di insegnamento (quando l’obbiettivo di ogni bravo insegnante dovrebbe essere esattamente il contrario); non c’è però nemmeno una trasvalutazione dei valori o una ribellione sottendente una denuncia socio-politica, com’era per il Lester Burnham di “American Beauty” (altro riferimento cult a cui qualcuno ha voluto avvicinare la pellicola di Wayne Roberts) che nella sua ribellione personale celava una battaglia contro l’ipocrisia benpensante della piccola borghesia americana e contro le convenzioni di una società tutta “di facciata”, ma che sapeva mantenere una dignità morale e distinguere, ad esempio, la passionalità di un sogno erotico impossibile dalla verità di un abuso sessuale dal quale astenersi.    
Richard invece accetta qualsiasi cosa: dalla droga, all’alcol, al sesso occasionale con studenti e studentesse, con l’unico fine di rendere felice se stesso, di ampliare il proprio bagaglio di esperienze prima di dare l’ultimo addio a questo mondo, senza il minimo interesse per ciò che rimarrà dopo: un “carpe diem” dunque, che gran poco ha a che spartire con il motto libertario impersonato dal professor Keating. L’azione di Richard non è votata all’arricchimento dell’altro o alla testimonianza di una libertà personale e professionale, all’emancipazione dagli obblighi e dalle formalità dell’ambiente lavorativo e famigliare, ma a un becero utilitarismo individualista e tutto sommato nichilista.         

Johnny Depp, impotente anche stavolta di fronte a una carriera attoriale in caduta libera, sembra impersonare inconsciamente quella grossa fetta di società americana e occidentale incapace di guardare oltre al proprio naso e ai propri interessi immediati, pronta a lanciarsi in una corsa al piacere, nel tentativo di ricucire una ferita esistenziale spessa e profonda. Quella che persegue Wayne Roberts attraverso il suo film è una ribellione soltanto apparente, ben lontana dalla possibilità di donare “nuovo sapore” alla vita, come promette la locandina italiana del film; essa è piuttosto il frutto malsano di una modernità “liquida” che, privatasi dei valori comunitari, sociali e spirituali, giustifica il disinteresse e costringe all’eccesso, innescando una crisi i cui frutti son ben visibili nello scenario contemporaneo.

Nel finale questa deriva nichilista sembra improvvisamente placarsi e il protagonista pare volersi riconciliare con la propria vita: una soluzione che sembra motivata più che altro dalla necessità di un accordo con il pubblico più bacchettone nonché dalla possibilità di ricorrere al melodramma e di strappare qualche lacrima e, con essa, qualche consenso.  
Tale conclusione dunque, oltre a risultare frettolosa e poco convincente, inficia ancora di più sul risultato complessivo del film perché ha il fatale sapore del compromesso, della marcia indietro: come se l’autore non avesse voluto rischiare fino in fondo nel portare alle estreme (ma necessarie) conseguenze la propria idea narrativa. Richard (che nonostante la diagnosi fatale è fisicamente impeccabile e pieno di charme… ma meglio non soffermarsi sugli aspetti stilistici) esce di scena nello stesso modo in cui vi era entrato, senza alcuna evoluzione se non l’enorme conquista dell’aver sperimentato il sapore dell’hashish.


23/06/2019

Cast e credits

cast:
Johnny Depp, Zoey Deutch, Danny Huston, Rosemarie DeWitt


regia:
Wayne Roberts


titolo originale:
The Professor


distribuzione:
Notorius Pictures


durata:
90'


produzione:
Global Road Entertainment, Automatik, Relic Pictures


sceneggiatura:
Wayne Roberts


fotografia:
Tim Orr


montaggio:
Sabine Emiliani


musiche:
Aaron Dessner, Bryce Dessner


Trama
Richard è un professore di lettere di un pregiato college statuniteste. Vedendosi messo di fronte alla prospettiva di una morte imminente Richard deciderà di rivoluzionare la sua vita e di concedersi quelle gioie che, per pudore o per paura, aveva sempre represso.