Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
7.0/10

Benché non avesse ottenuto una grande visibilità, "L'arte della felicità" nel 2013 aveva fatto parlare di Alessandro Rak; la pellicola, che segnava l'esordio del suo regista, era fin troppo ambiziosa ma dimostrava la presenza di una scuola di cartoonist che non voleva arrendersi alla desolata situazione in cui versa(va) il cinema d'animazione italiano. Dopo aver visto "Gatta Cenerentola", presentato nella sezione Orizzonti all'ultima Mostra dell'Arte Cinematografica di Venezia, possiamo asserire che Rak, insieme Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, sono una delle poche promesse dell'animazione italiana: e come tutte le minoranze o le specie in vie d'estinzione andrebbero protette e difese a prescindere. Questo team di animatori, però, può vantare anche un talento non scontato e l'ambizione visiva per indurre questo genere a compiere un decisivo passo in avanti nel Bel Paese.

La fiaba in questione può contare di centinaia di varianti sia in forma orale che scritta: se la versione di Charles Perrault è ormai la più diffusa è anche grazie alla trasposizione che Walt Disney ha consegnato all'immaginario collettivo nel 1950. Forse, però, non tutti sanno che in altre versioni la fiaba ha toni ben più crudeli e dark e una di queste è contenuta nel capolavoro di Giambattista Basile "Lo cunto de li cunti", tornato in auge anche grazie al bellissimo "Racconto dei racconti" di Matteo Garrone; col titolo "La gatta cenerentola" la fiaba è diventata anche una celebrata opera musicale (in lingua napoletana) grazie alla ricerca e alla fantasia di Roberto De Simone nel 1976. I quattro registi di questa pellicola ripartono da qui e, senza tradire la matrice di napoletanità, forgiano una rilettura inedita: se infatti l'intreccio tra i personaggi rimane fedele, il set è una Napoli di un futuro prossimo ma con non poche affinità con la metropoli che conosciamo dalle cronache quotidiane. Rak ha la brillante intuizione di calare la fiaba di Basile in un set simil-cyberpunk e far collidere l'immaginario fiabesco con quello attuale di Gomorra, senza dimenticare la dimensione musicale, sensuale della versione di De Simone.

L'armatore Vittorio Basile è un magnate e un filantropo visionario che desidera far risorgere Napoli: dalla sua nave ipertecnologica, la Megaride, progetta il Polo della scienza e della memoria, ma nel giorno del suo matrimonio viene ucciso a tradimento. Angelica, la bellissima donna che vuole sposare e madre di sei figlie è segretamente innamorata di Salvatore Lo Giusto detto 'O Re, un piccolo fabbricante di scarpe (e ottimo showman) con una doppia vita da trafficante di droga. Mia, la figlia ancora bambina dell'armatore, viene segregata nella nave e sfruttata come serva della matrigna e delle sorellastre, diventando nel corso di quindici anni che passano in un soffio "gatta cenerentola". Primo Gemito (a cui dà voce un ottimo Alessandro Gassman), guardia del corpo e amico di Basile, viene allontanato insieme alla sua squadra ma riesce a farvi ritorno come agente di polizia sotto copertura, con l'obiettivo di sgominare l'asse criminale di Lo Giusto traendo in salvo la bambina che non gli è riuscito di proteggere.

Nel corso dello sviluppo narrativo si riscontrano dei limiti nella gestione dei tempi che vengono talvolta accelerati in luogo di un convergere verso il finale dalle dinamiche parzialmente convenzionali. È una fiaba, archetipo narrativo per eccellenza, si dirà. Eppure è evidente dalle premesse messe in calce alla storia, e sulle quali torneremo, che "Gatta Cenerentola" ha ambizioni che vanno oltre lo storytelling. L'altra, e più importante, problematica rilevata è sul piano della tecnica sfoderata dagli animatori: se è vivida la fantasia e mesmerica la palette cromatica, il character design risulta a tratti abbozzato con un'espressività limitata, i fondali statici e la relazione tra le due componenti senza la fluidità di affini opere europee (si pensi ad esempio a "La tartaruga rossa"). Il difetto è palese ma in sede critica non si può nemmeno sottovalutare la difficoltà produttiva di un progetto di questo tipo in un panorama italiano avaro nei confronti dell'animazione tanto che, probabilmente, il budget stanziato non permettesse di fare di più.

Detto ciò il lavoro compiuto da Cappiello, Guarnieri, Sansone e Rak resta assai meritorio, sia sul piano concettuale sia su quelle della messa in scena.  C'è un momento all'inizio di "Gatta Cenerentola" che rivedremo successivamente nel finale: Basile è di fronte alla plancia e sta riorganizzando le proiezioni e gli ologrammi della nave, più che con la scienza il suo agire sembra avere che fare con la stregoneria. Primo vede l'ologramma di se stesso, il quale ha una consistenza stupefacente tanto da sembrare reale: l'armatore sembra canzonarlo dicendogli che forse è lui l'ologramma e quello che ha visto il vero sé. In questa battuta c'è tutto il senso del lavoro di rielaborazione a partire dal materiale fiabesco operato dagli autori: infatti, Basile prosegue asserendo che la nave li registra, li rielabora e infine li rimette in scena. È abbastanza per considerare la nave Megaride, scenario privilegiato del film, quale metafora del cinema stesso: coi suoi ologrammi di pesci fluttuanti, l'atmosfera onirica e liquida, le scene del passato che riemergono improvvisamente come flashback o agnizioni inaspettate, alla fiaba della Gatta Cenerentola scorrono in parallelo le storie conservate dalla nave e proiettate davanti a lei o ad altri personaggi, per aprire loro una porta sul mondo o, al contrario, per chiuderli dentro un non-luogo popolato dagli spettri della coscienza.

È il personaggio di Angelica che vede sfiorire la sua bellezza dentro la Megaride ad ammettere sul finale che sono rimasti solo i fantasmi, quasi a trasmutare la fiaba pura e semplice in una nuova variante, più amara e adulta. Perché la fiaba, che per natura possiede una dimensione semantica multilivello, permette a Rak e soci di guardare per convesso a Napoli, a ciò che rappresenta e a ciò che avrebbe potuto rappresentare. Difficile dimenticare le inquadrature fuori dalla Megaride, già di per sé consumata dal tempo e lasciata alle intemperie, che mostra una città invasa dai detriti e un'aria resa irrespirabile dal perenne pulviscolo frutto della spazzatura incendiata. Le parentesi musicali sono costruite quasi facendo il verso alla controparte disneyana, sia per i testi assai più forti e conditi da una ironia pungente, sia per i personaggi sensuali e accattivanti. I due eroi oscuri, ossia Angelica e Salvatore 'O Re (interpretati da Maria Pia Calzone e da Massimiliano Gallo), sono anche i più sfaccettati, probabilmente perché, grazie alle loro qualità canore, si distinguono avendo la possibilità di raccontarsi allo specchio, di rimettersi in scena confessando inusitate passioni e ambizioni. Quasi a ricordare come si possa creare, fare musica e danzare anche sulle macerie e sul vuoto.  


17/09/2017

Cast e credits

cast:
Massimiliano Gallo, Alessandro Gassmann, Maria Pia Calzone, Mariano Rigillo


regia:
Dario Sansone, Marino Guarnieri, Ivan Cappiello, Alessandro Rak


distribuzione:
Videa


durata:
86'


produzione:
Mad Entertainment, Big Sur, Sky Dancers, Tramp Ltd., O' Groove, Rai Cinema


sceneggiatura:
Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone


montaggio:
Alessandro Rak, Marino Guarnieri


musiche:
Antonio Fresi, Luigi Scialdone


Trama
Gatta Cenerentola è il crudele soprannome affibbiato alla piccola Mia dalle sorellastre nella rivisitazione moderna e partenopea della fiaba classica di Giambattista Basile. Figlia di don Vittorio Basile, uomo di grande ingegno che aveva il progetto di trasformare Napoli in una virtuosa città della scienza, Mia è rimasta orfana dopo che Salvatore Lo Giusto detto "'o Rre" (Massimiliano Gallo), capoclan del riciclaggio, ha ammazzato suo padre con l'aiuto della bella e letale Angelica Carannante (Maria Pia Calzone), promessa sposa di Basile. Da quel momento la ragazzina è costretta a vivere in una nave da crociera dismessa nel porto di Napoli, insieme con la perfida matrigna e i sei dispotici fratellastri...