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recensione di Giuseppe Gangi
6.5/10

Mario Martone è stato uno dei grandi protagonisti del teatro campano e le diverse formazioni a cui ha preso parte negli anni sono culminate nella fondazione (insieme a Toni Servillo) della compagnia Teatri Uniti. Quest'esperienza sarà poi centrale per l'esordio nel lungometraggio del regista, "Morte di un matematico napoletano" (1992). Parallelamente alla sua carriera nella scena d'avanguardia, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Novanta, Napoli diventa il centro di un grande fermento intellettuale, culturale e finanche sportivo: sono gli anni dell'esplosione di Pino Daniele, dell'arrivo di Maradona che trascina il Napoli a vincere due scudetti e una coppa UEFA e di un trio di comici ("La smorfia") composto da Massimo Troisi, Lello Arena e Enzo De Caro che in pochi anni passa dai teatri-garage dell'underground locale a partecipare al seguito - e per l'epoca sperimentale - programma "Non Stop" sulla prima rete Rai, che diede loro (e non solo a loro) notorietà nazionale.

Martone avrebbe voluto realizzare un film insieme a Troisi, che morì ad appena 41 anni subito dopo la fine delle riprese de "Il postino" (Radford, 1994). "Laggiù qualcuno mi ama" diventa quindi un modo per realizzare quel desiderio frustrato dal cattivo fato, omaggiando l'attore di San Giorgio a Cremano per la ricorrenza dei 70 anni dalla nascita. 

Il regista ripercorre in modo pressoché integrale la carriera di Massimo Troisi, dalla gavetta alla consacrazione televisiva, dal boom come regista a interprete per Ettore Scola. Porta la sua macchina da presa nei luoghi abitati da Massimo Troisi che sono ora mutati e, in alcuni casi, dedicati proprio a lui, ormai assurto a santo laico di un pantheon napoletano. Invero, nell'operazione di Martone può fare capolino l'ombra dell'agiografia: le interviste sono eulogie, il materiale d'archivio conferma le doti di Troisi, la sua ironia, la sua comicità, la sua brillantezza, persino la sua consapevolezza politica e sociale. In questo ritratto di Troisi non ci sono ombre, se non la paura della morte a causa della malformazione cardiaca che costringe la famiglia del giovane Massimo a raccogliere una colletta per un'operazione chirurgica da realizzare a New York. 
Gli intervistati da Martone sono perlopiù fan: Ficarra e Picone lo eleggono quale modello a cui ispirarsi, affiancandolo a Charlie Chaplin e a Totò; Francesco Piccolo ha parole di amore e ammirazione mantenendosi sul filo della retorica; Sorrentino ne decanta le qualità di regista (d'altra parte, in "È stata la mano di Dio" lo omaggia esplicitamente). Tra questi volti celebri, Martone ne cerca uno meno conosciuto che si rivela la scelta più indovinata e originale. Il regista va a trovare Anna Pavignano, che è stata compagna e stretta collaboratrice di Troisi: anzi, la donna ha cosceneggiato tutti film di Massimo Troisi, collaborandovi anche dopo la fine della loro relazione. E visto che questo è un film realizzato per risentire la voce (artistica) del regista di "Ricomincio da tre", non è casuale che la sceneggiatura di "Laggiù qualcuno mi ama" sia firmata sia da Martone, sia dalla stessa Pavignano. La donna ricorda sì i primi incontri, ma tira fuori dal cassetto cartigli e appunti che Troisi le ha lasciato, addirittura la registrazione di una seduta di psicoterapia a cui il comico si era prestato. È attraverso quest'angolazione obliqua che Martone riesce a individuare un punto di vista più interessante che cerca il tessuto connettivo del vissuto e della produzione artistica di Troisi.

Altra particolarità dell'opera è l'approccio di Martone alla materia cinematografica firmata da Troisi, poiché il suo sguardo non è solo quello del collega regista o dell'appassionato ma assomiglia a quello del critico cinematografico. Martone ricerca le possibili fonti di ispirazione, individua parallelismi e segni ricorrenti del suo cinema che - dice la sua voce fuori campo - "era bello perché aveva la forma della vita". All'inizio del documentario Martone nota come l'opera dell'attore e comico campano possa essere messa in serie alla saga di Antoine Doinel di Truffaut: laddove il regista francese aveva costruito un alter ego fittizio attraverso cui rispecchiarsi e rimodellarsi (aiutato da un certo punto in poi da un sempre più autonomo Jean-Pierre Léaud), Troisi aveva consapevolmente cucito sul suo corpo d'attore una maschera.
Martone sottolinea come i suoi personaggi avessero le peculiarità dello stare in scena di Troisi, amplificandone i tic e i vezzi: realizza allora un supercut di tutte le volte che si passa una mano sull'occhio, una schermatura, uno dei tanti segni della timidezza dei suoi personaggi davanti alle figure femminili, quasi sempre donne forti, lavorativamente e intellettualmente indipendenti. La maschera cinematografica di Troisi opera in tal senso una critica alla mascolinità e a quella cultura del macho latino (e uno dei ricordi del vero Troisi impressi sul nastro registrato da Anna Pavignano lo conferma) in modo non dissimile da Verdone che però non riuscirà a costruire una galleria di controparti femminili dal medesimo spessore. Un altro passaggio brillante è sostenuto da Sorrentino che mette in evidenza come i film di Troisi abbiano una fine improvvisa e aperta, così "Laggiù qualcuno mi ama" assume nei suoi momenti più ispirati la forma del film-saggio o del video-essay alla maniera di Kogonada. In tal modo il documentario di Martone riesce a illuminare alcune componenti forse non immediate della poetica di Troisi, dando il giusto peso al suo essere autore e metteur en scène, alla sua capacità di evolvere come interprete nelle mani di altri, in particolare Ettore Scola, in una progressiva disincarnazione che ne ha quasi prefigurato la morte (si pensi al finale di "Il postino").

Inoltre, fotografa un periodo della storia culturale del paese che ha la regione campana quale laboratorio e punto di vista privilegiato, sovrapponendosi curiosamente agli anni raccontati da Sydney Sibilia in "Mixed by Erri" in un presente in cui Napoli (e la napoletanità) è nuovamente e su più livelli centro propulsore di storie e volti.


29/04/2023

Cast e credits

regia:
Mario Martone


distribuzione:
Medusa, Vision Distribution


durata:
129'


produzione:
Indiana Production, Medusa Film, Vision Distribution


sceneggiatura:
Mario Martone, Anna Pavignano


fotografia:
Paolo Carnera


montaggio:
Jacopo Quadri


Trama
Montando le scene dei suoi film Martone vuole mettere in luce Troisi come grande regista del nostro cinema prima ancora che come grande attore comico, e per farlo delinea la sua parabola artistica dagli inizi alla fine, inquadrandolo nella temperie degli anni in cui si è formato e nella città comune ai due registi, Napoli. Col montaggio dei film si intersecano alcune conversazioni, non con persone che frequentavano Troisi, ma con artisti che lo hanno amato e ne sono stati influenzati, come Francesco Piccolo, Paolo Sorrentino, Ficarra e Picone, critici che lo hanno studiato, come Goffredo Fofi e la rivista Sentieri selvaggi, e due tra gli artefici della sua opera postuma, Il postino, Michael Radford e Roberto Perpignani. Fa eccezione Anna Pavignano che con Troisi scriveva i suoi film e che Martone vuole incontrare per indagare i processi creativi da cui essi scaturivano, e che collabora al film mettendo a disposizione dei preziosi materiali inediti.
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