Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
7.0/10

Sono passati parecchi anni da quando Tony Scott girò il più vistoso successo al botteghino del 1986. "Top Gun" viene da allora ricordato come il film che lanciò un giovanissimo Tom Cruise nell’Olimpo degli attori. La pellicola di Joseph Kosinski, per quanto sia stata presentata dal battage pubblicitario come il sequel di quella di 36 anni or sono, fatti salvi i clichés di genere, presenta qualche interessante novità che ce la fanno apprezzare anche più di quella precedente. Kosinski si attiene al dettato di genere, ma quando sa di dover cambiare registro non esita a sparigliare le carte.

Il testo filmico presenta un Tom Cruise decisamente più stagionato, con un sorriso meno smagliante, anche se al momento opportuno in grado di sfoderare un fisico che non parla il linguaggio di un uomo alle soglie dei sessant’anni. Ciò che sembra più cambiato è invece tutto il contesto, l’atmosfera, il rapporto con i tempi che paiono diversi, anche se esigono che i piloti americani siano sempre migliori di quelli di qualunque altra nazione, fosse anche solo di un’incollatura. All’incipit, fondamentale per il regista allo scopo di catturare da subito l’attenzione dello spettatore, ma soprattutto fargli capire che potrà provare le emozioni all’altezza del prequel, il regista dedica inquadrature in campo lungo su aerei, piloti e assistenti che manovrano sul ponte di una portaerei. La sensazione è sempre quella: bisogna essere pronti a intervenire in qualsiasi momento. I segnali in codice, la gestualità, le tute di diverso colore, tutto ci riporta al passato, anche la breve carrellata sulle foto di Goose e degli amici del protagonista, Pete Mitchell, detto Maverick. Non manca neanche la moto, inseparabile compagna di sprint testa a testa coi jet sulla pista di decollo, o di spostamenti al calar del sole. Il collante più persuasivo instillato nella memoria a lungo termine dello spettatore è però senza dubbio costituito dalla colonna sonora, che accompagna il racconto riproponendo nei momenti giusti temi come gli intramontabili "Danger Zone" o "Take my Breath Away". Se le musiche hanno un effetto determinante, non meno importante la fotografia, soprattutto nei sontuosi contrasti che mostrano la nera silhouette dei personaggi avvolti nell'oscurità o le luci smorzate all'alba o al tramonto.  

Come si diceva, i tempi sono cambiati: si sono fatti difficili giacché il gap tecnologico e il know how, che è sempre stato dalla parte dei piloti a stelle e strisce, è stato colmato dai fantomatici nemici, e poi perché il governo da un lato e i vertici militari dall’altra esigono che un programma di addestramento particolarmente duro venga portato a termine in un tempo tanto breve quanto umanamente impensabile. Ecco il motivo per cui Maverick appare da subito come un deus ex machina; ben prima di salvare in extremis un suo pilota.

Maverick, vestendo qui i panni del good bad guy, figura sempreverde che ha attraversato come un laser la storia del cinema americano senza conoscere steccati di sorta, cioè di colui che non è malvagio pur trasgredendo norme e consuetudini in quanto il suo comportamento eslege gli permette di far trionfare una giusta causa, prende possesso dell’aereo e lo porta oltre la velocità di MAC 10. Se la conseguenza del gesto del protagonista, a dire il vero qui un po' scontata, è la ripresa del programma di addestramento e la rinnovata fiducia nei piloti, è innegabile che Kosinski, abbia ammantato tutta questa parte del film di una veste nuova, che guarda all’astronautica più che all’aeronautica. Qui infatti non vi è un nemico da inseguire o abbattere; la difficoltà da superare è il proprio limite, è la capacità di sopportare il disagio fisico prodotto dall’accelerazione. Anche il casco del pilota ha ora una visiera che lo avvicina al Tom Cruise di "Oblivion" (2013), dello stesso Kosinski. In entrambi i film anche il tema della memoria, dei ricordi e del loro riaffiorare è comune. Ma mentre in "Oblivion" Jack Harper cerca di recuperare la memoria che gli è stata cancellata per fare in modo che egli esegua la propria missione in modo meccanico, senza farsi condizionare dalle emozioni, Maverick deve gestire nel modo migliore i ricordi, evitare soprattutto che quelli dell’incidente patito da Goose possano, come già capitato nel prequel, compromettere la sua lucidità, anche perché il figlio del pilota defunto, Rooster, ha con lui un rapporto complicato. I ricordi del compagno emergono nei flashback, brevissimi, ma efficacemente calati nella sceneggiatura: a volte basta una frase, a volte qualche nota musicale, e veniamo in un baleno catapultati al primo film.

Maverick è un personaggio che, al netto delle spacconate, come l’immancabile volo radente che fa andare in bestia il superiore di turno o la partita a rugby americano sulla battigia, appare cresciuto e in grado di trasmettere il proprio talento agli allievi della Top Gun. Di più, cerca di tutelare la loro vita, ad esempio impedendo a Rooster di accedere ai corsi dell’aviazione navale, ottemperando così a una promessa fatta alla madre in punto di morte. Per quanto riguarda il resto della trama, i salvataggi in extremis fanno ovviamente parte a pieno titolo del panorama dei film d'azione. Meno frequente quello della mutualità del soccorso e dell’aiuto reciproco, che echeggia ad esempio "Pearl Harbour" (2001). Ma a Kosinski non basta ancora: immette nel suo film anche qualcosa di "Behind Enemy Lines" (sempre del 2001), ovvero la fuga rocambolesca dal territorio di un paese ostile, dopo l’abbattimento del proprio aereo. Più tradizionali, se non scontate, le inquadrature in campo lungo del cimitero di Arlington in occasione dei funerali del vecchio rivale Iceman, ora amico che, a differenza di Maverick, ha fatto carriera. E qui, ovviamente, il tipo dell’ottimo soldato che per puntiglio non pensa a far carriera, pur avendone la stoffa, ci porta al colonnello Kurtz di "Apocalypse Now" (1979). Kosinski, pur non appuntando medaglie al petto del tenente Mitchell, gli riconosce comunque l’investitura di valoroso, giacché quando lo fa parlare rivolto ai suoi allievi colloca alle sue spalle una gigantesca bandiera americana: qualcosa che non abbiamo visto mai, per un umile ufficiale, e che rimanda a "Patton, generale d’acciaio" (1970), non a caso un altro personaggio fuori dai crismi, ma leale.

Sulla base di quanto detto, si evince come "Top Gun: Maverick" sia un sequel che attinge senza remore a un vasto campionario del cinema d'azione e bellico americano. In un’epoca nella quale l’America sente minacciato il proprio primato e nella quale le figure carismatiche latitano, recuperare i succitati clichés rinverdendo così i fasti di tutt’altra atmosfera geopolitica attraverso un personaggio e un attore così amato, è la ragione che potrebbe indurre gli spettatori a dire "Ecco, ci vorrebbe uno come Maverick".   


30/05/2022

Cast e credits

cast:
Tom Cruise, Val Kilmer, Miles Teller, Jennifer Connelly, Ed Harris


regia:
Joseph Kosinski


titolo originale:
Top Gun: Maverick


distribuzione:
Eagle Pictures


durata:
131'


produzione:
Jerry Bruckheimer Films, Skydance Media


sceneggiatura:
Christopher McQuarrie, Ehren Kruger, Eric Warren Singer


fotografia:
Claudio Miranda


scenografie:
Andrew McCarthy, Jan Pascale


montaggio:
Eddie Hamilton


costumi:
Marlene Stewart


musiche:
Lorne Balfe, Harold Faltermeyer, Lady Gaga, Hans Zimmer


Trama
Il tenente Pete Mitchell, alias Maverick, è impegnato in un progetto di addestramento dei piloti della Top Gun, l'elite dell'aviazione militare statunitense. La missione da portare a termine è però talmente impegnativa che egli stesso, smessi i panni del trainer vola con i suoi uomini. Per Maverick il tutto è complicato dai ricordi del compagno Goose, deceduto molti anni prima, e il cui figlio aspira a diventare Top Gun. Tra una esercitazione e l'altra, Maverick allaccia una relazione con Penny, fascinosa figlia di un ammiraglio.   
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