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Perché è importante parlare di un regista come Steven Spielberg? Perché dopo cinquant'anni di carriera, il suo nome è diventato ormai sinonimo di una nuova classicità nel cinema americano; perché ha saputo essere pioniere di un nuovo modo di fare film; perché, oltre al velo della melodrammaticità, le sue storie hanno segnato l'immaginario di generazioni di spettatori, e continuano a farlo ancora oggi.

Il sottotitolo scelto da Roberto Lasagna (dei cui scritti abbiamo già avuto il piacere di occuparci) per la sua monografia su Steven Spielberg è: "Tutto il grande cinema". Ciò può far pensare che l'autore abbia voluto presentare una selezione delle opere più importanti tra l'imponente corpus del cineasta americano; che abbia scelto di concentrarsi sui titoli più grandi, lasciando alla curiosità e all'approfondimento del lettore lo studio dei lavori minori. Ma così non è.
Il testo analizza infatti, in maniera rigorosa, tutte le regie dell'autore, dando così a quel sottotitolo un significato affatto diverso: sottintendendo cioè che tutto il cinema spielberghiano è grande cinema; che l'intera filmografia del padre de "Lo Squalo" e di "Incontri ravvicinati del terzo tipo", sia da guardare come alla grande opera di un maestro, le cui vicende professionali sono ormai inscindibili dalla storia stessa del cinema a stelle e strisce.

Anche i film solitamente considerati meno riusciti, dunque, possono essere rivalutati da Lasagna, che si pone nella prospettiva dello storico del cinema e che, grazie alla capacità di unire il distacco del critico alla passione del cinefilo, sa tracciare i contorni di una parabola artistica unica nel suo genere.
Chi altro, infatti, è riuscito a muoversi con tanta abilità dall'autorialità al blockbuster; dalla commedia per famiglie alla fantascienza distopica; dalla biografia alla favola; dal sofferto omaggio storico all'avventura adrenalinica?

Lasagna ripercorre le tappe del movie maker di Cincinnati tramite un resoconto dalla struttura lineare che procede in ordine cronologico. Pur senza tralasciare gli aspetti stilistici e tecnici, i riferimenti al contesto produttivo e qualche accenno biografico, il saggio si concentra soprattutto sull'analisi interpretativa, mettendo bene in luce le tematiche predilette e i leitmotiv che attraversano l'opera spielberghiana: dalla tensione per l'Altrove che innerva le sue storie, all'amore mai sopito per l'infanzia e per quell'età in cui si è capaci di volare letteralmente oltre (come nella celeberrima scena di "E.T."); dalla riflessione sull'eroe fedele a sé stesso e a un ideale superiore, fino al sense of wonder -  la meraviglia che costituisce forse il sentimento prediletto e primitivo dello spettacolo del cinematografo, da Méliès in avanti.
Una meraviglia che ritorna in molte delle sue opere, assumendo di volta in volta connotazioni diverse: talora esprimendosi come autentico stupore, altrove come paura verso ciò che non può essere com-preso o addomesticato, in altri casi ancora come sete di infinito. Il procedimento artistico, servendosi proprio di questo sense of wonder, è volto a favorire l'immedesimazione dello spettatore, sorprendendolo e coinvolgendolo, per garantire poi una catarsi che dal piano estetico possa toccare quello etico.
Di capitolo in capitolo l'autore svolge un lavoro ermeneutico mostrando come questi temi vengano sviluppati, approfonditi e declinati nelle diverse pellicole. 

Non vengono dimenticate le numerose svolte del cinema di Spielberg: il passaggio dall'intrattenimento al film impegnato; il sopraggiungere, a inizio anni Duemila, di una visione del mondo apparentemente più cupa, determinata dagli influssi kubrickiani e dal post 9/11. Le pagine del saggio ci guidano nella (ri)scoperta delle fonti e delle evoluzioni di questo grande regista: dalla nostalgia per i grandi maestri del passato, fino alla sperimentazione e alla creazione di un'immagine nuova. Ma ci mostrano al contempo gli aspetti che in tale percorso rimangono imprescindibili punti saldi: in primis, la poetica della Speranza - la fiducia verso i valori fondamentali dell'uomo e verso l'uomo stesso, che in qualsiasi contesto, fosse anche l'orrore del Lager o l'inferno della guerra, è capace, secondo Spielberg, di trovare in sé la luce della morale: "Nella storia non ci sono biciclette che volano né dinosauri resuscitati", scrive Lasagna. "La Storia è un racconto di morte e sopraffazione che non esclude però, per l'autore, la salvaguardia della propria poetica di Speranza".

Ed è forse proprio in questo aspetto che Spielberg, le cui radici artistiche si situano nella rivoluzione della Nuova Hollywood, ritrova l'amore (a dire il vero mai perduto) per la classicità, divenendo egli stesso un regista classico, la cui abilità nel fondare un cinema per molti versi nuovo non ha intaccato una concezione estetica e contenutistica che si rifà direttamente alla grande tradizione americana avente come numi tutelari i grandi esempi di John Ford, Alfred Hitchcock, ecc.

Dal punto di vista stilistico, "Spielberg - Tutto il grande cinema" è un saggio che ha il pregio di rivolgersi sia allo spettatore inesperto, desideroso di avviarsi verso la scoperta di questo regista di culto, sia al cinefilo che già conosce dettagliatamente la sua opera, ma che vuole approfondirne alcuni aspetti più specifici. Lasagna si rivolge insomma a più fasce di pubblico, facendo propria, potremmo dire, la forma stessa dei grandi successi spielberghiani: una forma che sotto alla linearità, alla semplicità e alla leggerezza, nasconde una stratificazione di senso capace di risvegliare in chi guarda (o in chi legge) un sempre rinnovato senso di ammirazione e (per l'appunto) di meraviglia.

Ad arricchire la pubblicazione, si aggiungono i tre contributi critici di Antonio Pettierre, di Francesco Saverio Marzaduri e di Roberto Pugliese che, inserendosi all'interno della trattazione, si occupano rispettivamente della dialettica tra autorialità e intrattenimento nel contesto produttivo de "Lo Squalo"; del rapporto tra il cinema spielberghiano e la Storia e della fidata collaborazione tra il Nostro e il maestro John Williams, compositore di alcune tra le colonne sonore più iconiche nella storia della musica per film.
I tre approfondimenti interrompono brevemente l'excursus cronologico per fornire al lettore una trattazione più mirata e dettagliata su queste tre tematiche fondamentali, che ci aiutano ad avere uno sguardo ancora più completo su colui che è, sicuramente, uno dei più grandi registi dei nostri tempi.

Insomma, dopo l'uscita del bellissimo "The Fabelmans", nel quale Spielberg scava nel proprio passato, tornando alle proprie origini e fornendo un nuovo punto di partenza da cui analizzare la sua carriera, è forse ancora più necessario uno studio retrospettivo sulla sua opera. E il libro di Roberto Lasagna è lo strumento perfetto per accompagnarci in questo viaggio.


Scheda

Titolo: Steven Spielberg. Tutto il grande cinema
Autore: Roberto Lasagna
Editore: Weird Book
Anno edizione: 2022
Pagine: 256
Tipo: Brossura