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recensione di Antonio Pettierre
8.0/10

La giornata di un venditore  
Il comparaggio è quella pratica illegale per cui un medico accetta regalie di vario genere e sotto qualsiasi forma per spingere e vendere un determinato farmaco. Bruno (Claudio Santamaria) è un informatore medico-scientifico (il venditore di medicine del titolo) dell'azienda "Zafer" che questa forma di "convincimento" la utilizza costantemente pur di raggiungere gli obiettivi di vendita in un mercato dove vige una concorrenza spietata e senza esclusione di colpi.
Il farmaco dovrebbe essere l'ultimo dei prodotti per cui si dovrebbero applicare le formule della libera concorrenza, ma, al contrario, gli alti investimenti per la ricerca e per ottenere profitti miliardari da parte delle aziende farmaceutiche porta a pratiche scorrette. L'incipit de "Il venditore di medicine" è un montaggio di notiziari, servizi giornalistici, brani di conversazioni, di fatti realmente accaduti (e di reati) compiuti a vario titolo nel nome del guadagno: dalle truffe dei rimborsi al Sistema Sanitario Nazionale; al commercio di medicine con effetti collaterali pericolosi e inutili; alla sperimentazione consapevole fatta su pazienti disinformati.
In piena crisi economica, mantenere il posto di lavoro diventa l'unico obiettivo di Bruno. La sua giornata è scandita da riunioni di vendita dove il capo area (una straordinaria Isabella Ferrari nel disegnare il cinismo del suo personaggio) urla e incita i venditori a fare sempre di più. Tra licenziamenti, suicidi, pressioni psicologiche continue, controlli sistematici, visite ai medici per far vendere i farmaci, Bruno arriverà a rovinare la vita familiare e la sua stessa esistenza. Cade in un abisso in cui i comportamenti etici sono delle eccezioni - un solo medico si rifiuta di commercializzare i farmaci perché inutili e inefficaci e che denuncerà Bruno per il tentativo di corromperlo con l'offerta di un tablet.
Bruno si muove sempre con l'affanno e l'angoscia del risultato, del "pezzo" in più da piazzare e, quando il suo posto lavorativo sarà in pericolo, arriverà a ricattare un primario di oncologia (falsamente incorruttibile) per ottenere la vendita di una fornitura di medicinali chemioterapici a un intero ospedale. Sarà una vittoria di Pirro: dalla carota per diventare "intoccabile" all'interno dell'azienda e per far carriera, otterrà solo di mantenere il posto di lavoro (fino a quando?), far arricchire i suoi "capi" (che si ritengono soddisfatti) ma che nella realtà rende peggiore la sua vita, ancora imprigionato negli appuntamenti per vendere l'ennesimo farmaco all'ultimo medico.

Nella società dei Minotauri
"Il venditore di medicine" mette in scena due mondi paralleli in cui Bruno agisce: uno basso, quello della famiglia, della moglie professoressa, del rapporto quotidiano fatto di finti sorrisi, di una casa bella, del mantenimento di un tenore di vita comodo; uno sovrastante, fatto di pressione psicologica continua. Un certo mondo dell'industria commerciale del farmaco diventa metonimico della rappresentazione di una società dove la continua ricerca del profitto è l'unica ragione di esistenza.
In una sequenza significativa, durante una pausa, tra un appuntamento presso uno studio medico e la telefonata con la capo area,  un venditore anziano, incontrato in un bar, dice a Bruno: "La conosci la teoria della doppia impossibilità?". Alla risposta negativa di Bruno, il venditore gli spiega l'esperimento fatto sui topi che hanno due impossibilità: da un lato c'è il pezzo di formaggio elettrificato, quindi se lo mangiano i topi muoiono. Ma se non mangiano i topi muoiono lo stesso per fame. "Sai come va a finire?" chiede il venditore anziano. Alla risposta negativa di Bruno, gli risponde: "I topi si mangiano tra di loro". Ma non è solo la metafora del cannibalismo sociale indotto in una società in cui alla fine il sistema di vita ti porta a sacrificare gli affetti e le persone care. Nella realtà, "Il venditore di medicine" narra di una società dove i pochi sfruttano i molti e il farmaco non è che un  prodotto simbolo. Che sia un farmaco o una saponetta o un qualsiasi altro prodotto, quello che conta è il consumo. Non ci sono più cittadini né pazienti, ma solo consumatori e non ci sono più venditori, ma solo minotauri (piccoli, come Bruno, o grandi come i capi e i dirigenti che si muovono a un livello ancora più alto in uno scenario più vasto e complesso).

Tra docudrama e  thriller civile
Antonio Morabito, al secondo film, è un regista soprattutto di documentari e questa sensibilità visiva viene trasfusa nelle immagini de "Il venditore di medicine": lo stile documentaristico pervade l'intera opera con l'uso di una camera a mano che segue le giornate di Bruno.
Ma Morabito va oltre: confeziona le immagini con una messa in quadro a volte ritardata, lenta: come, ad esempio, quando Bruno va a trovare un suo amico affetto da una grave malattia o la moglie in ospedale.
La macchina da presa inquadra Bruno nella cornice della porta in entrambe le sequenze per rimanere sospesa quando il personaggio si sposta. Poi, per gradi, compie un movimento di svelamento non solo dell'antagonista, sempre malato, ma anche dell'emotività di Bruno.
Un personaggio sempre su una "soglia" che, in qualche modo, varca verso una situazione di malattia fisica e spirituale.
Ed è bellissima la sequenza finale, dove Bruno, dopo l'ultimo appuntamento fallito con un medico, viene inquadrato in campo medio mentre sale una scalinata che lo porta all'esterno, solo, stanco, sconfitto.
L'interpretazione di Claudio Santamaria riesce a rendere il personaggio di Bruno realistico e con tutte le sfumature psicologiche necessarie, attorniato da un cast di personaggi secondari tutti in parte.
Morabito sceglie di ibridare il suo stile documentaristico con una messa in quadro che lavora sui dettagli, sui primi piani di Bruno angosciato o in campi medi con angolazioni dal basso e dall'alto e carrellate a seguire oppure a procedere, vestendo la struttura narrativa con un ritmo da film thriller (potenziato dalla efficace colonna sonora ritmata e carica di Andrea Guerra).
Presentato all'ultimo Festival del Cinema di Roma, "Il venditore di medicine" è un film di impegno civile che registra in modo coraggioso e potente la realtà di crisi che stiamo vivendo, dove la messa in scena è sorretta da una storia ben scritta e che lascia l'amaro in bocca allo spettatore all'accendersi delle luci nella sala cinematografica.


03/05/2014

Cast e credits

cast:
Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Evita Ciri, Marco Travaglio


regia:
Antonio Morabito


distribuzione:
Istituto Luce Cinecitta


durata:
105'


produzione:
Classic Srl, Peacock Film


sceneggiatura:
Antonio Morabito, Michele Pellegrini, Amedeo Pagani


fotografia:
Duccio Cimatti


scenografie:
Isabella Angelini


montaggio:
Francesca Bracci


costumi:
Sabrina Beretta


musiche:
Andrea Guerra


Trama

Bruno fa l’informatore medico e la sua azienda, la “Zafer”, sta vivendo un momento difficile. Pur di non perdere il suo posto di lavoro, è disposto a corrompere medici, a ingannare colleghi, a tradire la fiducia delle persone a lui più vicine. Bruno è l’ultimo anello nella catena del comparaggio, una pratica illegale che molte case farmaceutiche attuano per convincere i medici a prescrivere i propri farmaci. E se alcuni dottori si rifiutano, molti altri sono compiacenti.

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